8 Maggio 1982 - Gilles Villeneuve

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Anna Nasci<br />

8 <strong>Maggio</strong> <strong>1982</strong><br />

Contributo alla memoria<br />

di <strong>Gilles</strong> <strong>Villeneuve</strong>


Questo e’ un diario breve, ma scritto con struggente malinconia, ardente<br />

ammirazione ed incanto per le gesta di un campione che ha saputo dare<br />

così tanto al suo sport, alle sue passioni ed alla vita stessa, da<br />

oltrepassarne i confini del tempo e dello spazio; raggiungendo i cuori di<br />

chi lo ha seguito, conosciuto, sfidato ed amato pur restando egli stesso,<br />

estraneo a operazioni mediatiche a cui troppo spesso siamo abituati.<br />

Ancora oggi, a più di vent’ anni dalla sua tragica scomparsa, molti si<br />

scoprono suoi grandi estimatori traendone fonte di ispirazione. Un<br />

tributo ad un campione, fenomeno del volante e fenomeno di<br />

comunicativa, visto da me ; una spettatrice allora bambina che oggi<br />

vuole offrire a chi come lei ha contratto la febbre <strong>Villeneuve</strong>, un punto di<br />

vista , una chiave di lettura, poiché “Gil”, come molti affettuosamente<br />

ancora lo chiamano, ha donato generosamente ed incondizionatamente<br />

un posto d’onore a molti appassionati dei motori e non solo, senza<br />

adulazione e senza lusinga, ma con il semplice moto del suo essere vivo .<br />

La scintilla<br />

Alla Memoria di <strong>Gilles</strong> <strong>Villeneuve</strong>.<br />

Esempio incomparabile di<br />

coraggio, genuinità, lealtà ,<br />

genio e follia,<br />

ispiratore di tutti i miei difficili passi.<br />

E manco a dirlo,<br />

a tutte le donne con la Febbre <strong>Villeneuve</strong><br />

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Il volante tenuto per vezzo con la mano destra a ore dodici ed il<br />

gomito sinistro fuori dal finestrino: quella ero proprio io, sì! Avevo la<br />

patente! ed a me molto più che a tanti altri sembrava un sogno.<br />

Perché ? Per una valanga di motivi. Non ho mai avuto una vita facile<br />

ed a me più di molti adolescenti accadde che il mondo mi stava<br />

scomodo e stretto. Sembravano lontanissimi i miei sogni di bambina<br />

quando mi “vedevo” su una strada vuota con un punto d’arrivo<br />

indefinito , visone simbolica della mia vita ancora tutta da scrivere.<br />

Mi trovavo solo su una vecchia Uno diesel ma mi pareva un<br />

aeroplano in rotta per la luna. Lo sapevo che i miei sogni di pilota<br />

erano atterrati molto tempo prima ma ad ogni curva , ben modulata,<br />

sorvegliando con un gesto la traiettoria sentivo un eco lontano, un<br />

timido sussulto che anche a venti chilometri all’ora può dischiudersi<br />

dentro di noi. Non e’ la rincorsa della velocità, non e’ il brivido del<br />

rischio , e’ il germoglio del contatto con il mezzo meccanico. E’ lui la<br />

sfida, e’ lui l’avversario vero. Un auto in breve e’ il simbolo della<br />

libertà del nostro tempo ed è ormai considerato un prolungamento<br />

del nostro braccio o del nostro essere. Ma va conosciuto, domato e<br />

per usare una altra metafora calzante, cavalcato. Poche cose sin da<br />

bambina amavo in profondità, ed allo stesso tempo sentivo mie come<br />

una seconda pelle; una di queste era la ricerca della capacità di<br />

dominare un mezzo meccanico di locomozione. Una passione da<br />

maschietti? Forse. Perché non la chiamo macchina? Perché<br />

macchina vuole dire tante cose ma auto-mobile proprio no .<br />

L’Automobile e’ una cosa che ha quasi una vita a se stante: e’ come<br />

una donna innamorata pazzamente, se non ti accorgi di lei al<br />

momento giusto, ti abbandona prima che tu possa fare un gesto e poi<br />

è troppo tardi… Dal mio canto non ho mai corso in macchina, non ho<br />

mai partecipato a gare di nessun genere ma la mia vita ha preso un<br />

sapore dolcemente amaro o amaramente dolce non so, inizialmente<br />

grazie al rombo dei motori ed al odore pungente dei carburanti. La<br />

mia passione per i motori poteva , per come la vivevo, realizzarsi ed<br />

essere una vera e propria avventura, ma si sa che la vita non sempre<br />

può accontentare tutte le nostre aspirazioni, così trassi tutto quanto<br />

potevo dalla semplice gioia di osservare. Ma questa piccola grande<br />

gioia non arrivò da sola, venne accesa da una scintilla piccola ma da<br />

dal potere detonante incomparabile . Una scintilla che però brillava<br />

come una stella che accese ed accende ancora, la gioia in molte<br />

persone al solo pensiero del suo ricordo. Molti ancora sentono<br />

quell’eco di tuono, molti su quell’eco sentiranno scaturire quella<br />

scintilla, quel sussulto, portandolo con se per sempre. Quella<br />

scintilla, quell’eco di tuono, si chiamava <strong>Gilles</strong> <strong>Villeneuve</strong>.<br />

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Questo diario, queste pagine semplici, ma sofferte e sincere<br />

sono tutte dedicate a lui alla sua calma spericolatezza, alla<br />

sua testarda semplicità, alla sua leale sfida, al suo<br />

prorompente coraggio, alla sua epica integrità, alla<br />

limpidezza dello suo sguardo: un cavaliere senza macchia e<br />

senza paura del ventesimo secolo.<br />

Piccolo uomo<br />

- Questo e’ matto , questo e’ matto! - sentivo gridare dalla sala da<br />

pranzo del mio appartamentino di periferia . Ero piccola e quella<br />

domenica come sempre mi trovavo in cameretta.<br />

Avevo tanti interessi e per il momento nessuna amica. La mia<br />

famiglia atipica ed indescrivibilmente chiusa in se stessa mai notò,<br />

quanto quello che stava accadendo avrebbe pesato su molte delle<br />

mie scelte future.<br />

Mi avvicinai timidamente allo stipite della porta della sala perché il<br />

grande televisore a colori appena acquistato (ancora conservato in<br />

cantina), che vi troneggiava, a certe ore del giorno era di totale<br />

appannaggio di mio padre specie in particolari occasioni sportive o<br />

politiche. Questo suo livore nei confronti di chi osava interrompere<br />

l’attenzione sui programmi e’ stato per me motivo di grande<br />

riflessione in tante direzioni sin dai primi anni di vita. Ma questa e’<br />

un’altra storia.<br />

Diffondevano una gara automobilistica, non ne avevo viste altre se<br />

non in qualche spezzone in occasione di terribili incidenti e questo<br />

mi scosse un po’ donde il mio primo disinteresse. Non mi stupiva che<br />

qualcuno si infervorasse guardando le imprese di uno sportivo, ma la<br />

parola matto non l’avevo mai sentita dire prima. Era ovvio che in<br />

quel momento non essendoci in casa altri che io e mia madre, quella<br />

frase voleva attirare l’attenzione su di noi; quindi eravamo entrambe<br />

invitate “a corte”.<br />

Non ricordo quale fosse l’impresa sportiva in particolare , ricordo che<br />

era intorno a primavera ed era il 1979 e che in casa mia quando c’era<br />

qualcosa di automobilistico in tv c’era una serenità che altrimenti<br />

lasciava spazio a nauseanti litigi, frequentissimi proprio nei fine<br />

settimana.<br />

Un pilota si distingueva per tallonare così tanto gli avversari che<br />

anche il più distratto dei telespettatori drizzava i capelli in testa. La<br />

pista era bagnata e ciò rendeva più avvincente la corsa.<br />

Lo speaker, Mario Poltronieri, imparai presto il suo nome, era lo<br />

speaker delle corse : lasciava trasparire dalla voce e dai commenti un<br />

certo fervore che notai col tempo si illuminava di incredula<br />

ammirazione. Le dirette non erano come adesso, avevano un’aura un<br />

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po’ gracchiante nell’audio , ma stranamente le ricordo più fervide e<br />

coinvolgenti.<br />

Seduta in silenzio sul bracciolo del vecchio divano marrone che fu di<br />

mia nonna guardai tutto il resto della gara. Il misterioso e coraggioso<br />

uomo nascosto sotto un casco arancione, alla fine tagliò il traguardo<br />

in testa.<br />

Piena di ammirazione, ma ancora non avevo visto niente, attesi la<br />

premiazione. Avevo solo nove anni e certo non ero vittima di<br />

isterismi da idolatria adolescenziale, o da infatuazioni per idoli dello<br />

spettacolo, non ne ho mai avuti, però non potei fare a meno di notare<br />

quanto fossero diversi dalla gente comune lo sguardo e l’espressione<br />

di quel piccolo uomo.<br />

Rimase impresso nella mia mente il sorriso soddisfatto sulla<br />

stanchezza epica di quel volto più simile ad un bambino che ad un<br />

uomo per la trasparenza delle sue espressioni.<br />

Finita la diretta tornò tutto normale ad eccezione di un piccolo<br />

dettaglio, quell’episodio sportivo e quello sguardo mi rimasero nella<br />

mente fino al giorno dopo. E per sempre.<br />

Ne parlai con la mia compagna di banco, che non era orientata verso<br />

questo tipo di imprese , ma mi sentì parlare Annalisa, la quale invece<br />

aveva visto la corsa e si era divertita molto. Nacque una amicizia<br />

breve ma intensa. Sino a quel momento non sapevamo neanche di<br />

abitare l’una di fronte all’altra e fu una vera sorpresa, scoprirlo in<br />

quella circostanza , manco a dirlo quella stagione sino all’arrivo<br />

dell’estate seguimmo le gare. In breve tempo, appiccicati dei bei<br />

adesivi ferraristi sulle nostre biciclette tipo “Graziella”, ci sentimmo<br />

pronte per scorrazzare attorno tutto il cortile del palazzo ricalcando<br />

le prodezze dei nostro beniamino . Quattro curve a gomito come ad<br />

Indianapolis da percorrere in due sensi in un nugolo di polvere<br />

come ai tempi del grande Tazio…<br />

Un divertimento senza paragoni a parte qualche catena da rimontare<br />

ogni tanto , ma si sa qualche sosta ai box è d’obbligo!.<br />

Eravamo due femminucce sveglie intelligenti e spigliate ma<br />

soprattutto non conformi agli stereotipi delle bimbette affettate e<br />

mielose. Lontane comunque dall’essere ribelli avevamo entrambe<br />

trovato un filo logico comune , una affinità elettiva nel sano<br />

agonismo sportivo, pur avendo scelto tra tutti gli sport, l’unico<br />

impraticabile per due donne ed in più totalmente al di fuori del<br />

contesto automobilistico.<br />

Per due bimbe era singolare giocare e divertirsi in questo modo, per<br />

noi divenne un vero spasso . Abbandonammo presto i fiocchetti blu e<br />

bianchi sui codini che allora andavano ancora di moda, gettammo nel<br />

cestino le Barbies e fino a prima di partire per le vacanze estive<br />

consumammo le gomme delle bici rastrellando i pedali sulla ghiaia<br />

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del cortile sino a consumarli, ma di comprare una bici da cross non<br />

se ne parlava neanche: era troppo divertente trattare così le bici da<br />

“Femmina”perché in quel modo dimostravamo di essere in gamba<br />

più di qualche “superaccessoriato” ragazzetto di quartiere. La sfida<br />

ancora una volta era con il mezzo meccanico , non con la velocità!.<br />

Nessuno dei condomini fortunatamente ebbe a lamentarsi, neanche<br />

degli scampanellii continui sui sorpassi, ma credo che il ripristino<br />

della ghiaia debba essere stato fatto spesso nei tre anni successivi.<br />

Ribattezzammo anche due vie poco trafficate che cerano nei paraggi,<br />

al confine tra la zona residenziale e quella artigianale. Belle! asfaltate<br />

di nuovo e senza ancora la riga bianca centrale. Sembravano fatte<br />

apposta per le nostre sfide pomeridiane. Sotto il caldo di quella fine<br />

maggio, in attesa delle vacanze estive, tra un gelato e una gomma da<br />

masticare dal gusto stucchevole ma irresistibile; il sudore della<br />

fronte si asciugava al vento erotto dalle rullate di inerzia delle bici in<br />

discesa, mentre l’asfalto brillava in lontananza sotto i raggi potenti di<br />

un sole splendido. Quel luccichio rovente, ancora oggi , che io sia al<br />

casello dell’autostrada o che io sia al bordo di una strada di città, mi<br />

porta alla mente un vento fresco e ristoratore che si è impresso<br />

dentro di me allora.<br />

Come non dimentico le potenti risate di noi piccole adolescenti nel<br />

tentare frenate con “sgommo” per tornare poi a controllarne la<br />

lunghezza come se fossimo state due giudici di gara inflessibili ma<br />

sempre corretti. Quel nuovo modo di vivere i nostri giochi , non ci<br />

impedì di rimanere le giudiziose scolarette che eravamo e non ci<br />

impedì di sbocciare nella nostra femminilità; si trattava però di una<br />

piccola grande svolta nel vederci protagoniste di noi stesse nel<br />

desiderio di costruirci con un taglio personale , diciamo fuori dalle<br />

righe.<br />

Ricordo ancora la faccia di un nostro compagno delle elementari<br />

quando seppe che seguivamo la Formula Uno: ci apostrofò una frase<br />

che nei nostri cervelli suonò come un anatema medioevale….:- ” Ma<br />

non è roba da femmine !”- la risposta venne spontanea! :- “Ma chi sei<br />

tu per dirlo?... Brutto mollusco ritardato mentale!”- il caratterino<br />

non ci mancava ed anche se nella vita non siamo diventate ne<br />

campionesse ne famose, credo che comunque , il singolare , ( ma non<br />

troppo ) cambiamento ci sia servito ad entrambe per come, sia noi<br />

che i tempi, stavano cambiando.<br />

Oggi dopo quasi un lustro e cinquecento chilometri di distanza, non<br />

so cosa darei per rivedere la nostre personali curva della Tosa e<br />

Variante delle minerali.<br />

Quella estate in villeggiatura passò per me, all’insegna della nostalgia<br />

di quel cortile , nonostante fino a quel momento avessi più<br />

affiatamento con gli amici della montagna.<br />

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L’arrivo dell’autunno successivo e della scuola si aprì con la nostra<br />

attesa del nuovo campionato mondiale di formula uno, tra i ritagli di<br />

giornale , riviste di motori, adesivi e posters dei campioni ed<br />

ovviamente i compiti.<br />

Prima di festeggiare un’altra vittoria passò un bel po’ si ma senza mai<br />

annoiarsi! quando arrivò fu un tripudio.<br />

Era sempre maggio ma del millenovecento ottantuno in una<br />

splendida Montecarlo che restò impressa negli annali<br />

dell’automobilismo e nelle ciglia dei meccanici ferraristi in lacrime di<br />

gioia<br />

e non solo.<br />

Tutto il millenovecento ottanta trascorse con l’attesa di una vittoria<br />

che non arrivò mai, ma indugio fu incomparabilmente leggendario.<br />

Nacque una stella destinata a rimanere per sempre nel firmamento e<br />

non solo metaforicamente . Quella stella brilla ancora fulgida e<br />

splendente come in quei giorni grazie all’affetto di quanti hanno<br />

gridato e saltato di gioia ineguagliabile, sugli spalti, sulle poltrone,<br />

sulle sedie dei bar e pure negli alberghi delle riviere che si fermavano<br />

a qualunque ora per guardarla.<br />

Io ed Annalisa dovemmo salutarci presto perché lei si trasferì in un<br />

paese vicino. Arrivarono le scuole medie e per questo cambiarono<br />

molte cose, amicizie e abitudini; restarono di noi e di quel periodo i<br />

soprannomi Keke e Didi , in onore di Rosberg e Pironi quando<br />

ancora le ombre di Zolder non erano comparse nella nostra memoria<br />

: <strong>Gilles</strong> infatti era troppo grande troppo unico, perché noi ci<br />

sentissimo di concederci una investitura da tifoseria : lui era già un<br />

mito e forse nel profondo dei nostri cuoricini agonisti non osavamo<br />

pronunciare troppo il suo nome presagendo il germe della leggenda<br />

che di lì a poco sarebbe iniziata.<br />

Un grande affetto<br />

La mia migliore amica era lontana, la mia famiglia era distratta, ma<br />

avevo trovato, in mezzo ad un oceano di superficialità e di<br />

indifferenza sostenuto da un isolamento forzato dato da genitori<br />

asettici ed impegnati solo nel lavoro; un amico straordinario che<br />

anche se “non ci parlavamo mai”, mi diceva cose in merito a come si<br />

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cerca di raggiungere una meta ed implicitamente , uno scopo , un<br />

progetto. Molto di quanto di lì a poco avrei dovuto tirare fuori nella<br />

vita; in energie, coraggio, aspirazioni, preparazione, impegno,<br />

rapporti umani, condotta e determinazione; me lo stava<br />

magistralmente trasmettendo lui pur non sapendolo. Per molto<br />

tempo dopo la sua scomparsa mi sono chiesta quanto ci fosse di<br />

fervido coinvolgimento e quanto ci fosse di oggettivo nel grande<br />

affetto che provavo per <strong>Gilles</strong>, ne parlavo infatti con pudore<br />

reverenziale e soprattutto, diventata grande, un certo timido timore<br />

di non essere capita mi impediva di dichiararmi sua fan poiché<br />

temevo che qualcuno , poco incline a lasciarsi andare alle emozioni<br />

sportive o con la diffidenza comprensibile nei confronti di chi si<br />

esalta in preda a fanatismi senza senso; potesse giudicarmi infantile.<br />

Piano, piano scoprii che mi sbagliavo!<br />

Un grande affetto pervade ancora i suoi tifosi di tutte le generazioni,<br />

uniti in una sorprendente fratellanza che si accende con la potenza di<br />

un razzo appena ci si scopre di essere di fronte ad un amico di gioie e<br />

dolori agonistici, misti a apnee da cardiopalma riversate in un<br />

cordoglio quasi mistico che oggi a più di vent’anni dal tragico<br />

impatto di quelle maledette prove libere di Zolder, invade i cuori e gli<br />

occhi di molti di noi.<br />

Per molto tempo mi ritrovavo a guardare le sue foto cercando di<br />

scrutare il suo volto . Allora ero molto piccola e non avrei potuto<br />

esprimermi come invece posso fare adesso, ma ricordo il sentimento<br />

che scaturiva in me nell’osservare la plasticità delle sue espressioni,<br />

la semplicità delle sue pupille, la schiettezza dei suoi sorrisi e la totale<br />

trasparenza del suo “linguaggio muto”che quasi lo paragonerei ad<br />

uno strumento musicale sempre “in moto” capace di suonare senza<br />

musicista.<br />

Per molto tempo quel grande affetto si e’ posato dentro di me come<br />

un fuoco sotto la cenere che però scoprivo non affievolirsi mai . Quel<br />

tepore , sembra strano, mi fece molta compagnia, anche durante i<br />

miei primi viaggi difficili di neo automobilista, nelle nebbie, sulle<br />

strade ghiacciate di montagna o non dimeno, durante un brutto ma<br />

fortunato incidente che mi ritrovò su una vecchia Due Cavalli con<br />

tutto il treno anteriore in sospeso su un dirupo sorretto solo da un<br />

moncone di tronco d’acacia appena tagliata dai manutentori delle<br />

strade.<br />

Io andare forte in macchina? Certo che no! ma quel giorno mentre<br />

ero in cerca di un posto tranquillo per studiare prima degli esami di<br />

maturità, sola, in direzione di una pineta soleggiata e ventosa ,non<br />

lontano da casa, bastò un impianto frenante un po’ stanco, una<br />

manovra in una strada trovata troppo sconnessa per non sentirsela di<br />

proseguire , un cambio con l’abitudine di andare in folle senza<br />

preavviso e il gioco fu fatto! Ma io niente! tentai un bilancino in<br />

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etromarcia, tirai il freno a mano , sentii uno scossone di troppo e<br />

via! senza perdere tempo con in nervi più saldi che mai saltai giù<br />

sganciando le cinture che diligentemente mi ero messa, pur su un<br />

tracciato di montagna, percorso mille volte ad andatura di crociera e<br />

mi gettai fuori in quei pochi trenta centimetri di terreno<br />

disponibili,pieni di rovi, sbucciandomi un piede.<br />

Con la portiera spalancata , i libri di chimica sul sedile del passeggero<br />

ed il mio stereo portatile sul sedile didietro, la vecchia auto azzurra,<br />

si inclinò bruscamente e si inarcò in avanti ancora di qualche<br />

manciata di centimetri, davanti a me, che ero salva in piedi davanti a<br />

lei, ma che soprattutto fino a quel momento, non sapevo di essere<br />

così coraggiosa.<br />

Preso coscienza in pochi secondi che avrei potuto buttare i miei<br />

diciannove anni nel fossato di un acquedotto comunale , e della<br />

incoscienza di tenere a tutti i costi l’auto in strada; gettai un grido<br />

liberatorio e cominciai a correre verso il paese per cercare aiuto e<br />

salvare la macchina che mai avrei creduto di ritrovare al mio ritorno<br />

e mi lanciai in tre o quattro chilometri di corsa fatti tutti d’un fiato .<br />

Bussai sconvolta alla casa di un conoscente, Piero, che sapendo i miei<br />

trascorsi familiari, durante il viaggio nella sua auto, mi giurava che se<br />

la macchina fosse stata ancora lì, senza danni, l’avrebbe presa e a mio<br />

padre si sarebbe potuto non dire nulla. Gliene fui infinitamente grata<br />

– Ma come hai fatto? Andavi forte? – No! No! Il cambio non<br />

funzionava!- Ma quella e’ francese!- “Dio mio sono tre mesi che la<br />

guido! sarà stata la frizione !- Piero! se la macchina e’ ancora lì, lo<br />

vedi da te che ero in manovra e che la marcia inserita e’ la retro!-<br />

Avevo ragione! Il cambio non funzionava bene , come la frizione. La<br />

macchina venne trascinata in strada a forza di scossoni da un gruppo<br />

di signori in gita, che passarono di lì con un fuoristrada. L’auto<br />

riportò solo una serie di brutti solchi nella parte sottostante e<br />

neanche un graffio alla carrozzeria. Venne riparata quasi di nascosto<br />

circa una settimana dopo l’accaduto. Quel giorno ritornai a casa in<br />

tempo per la cena e nessuno in famiglia seppe mai niente. La cosa<br />

più importante che era accaduta però era che misi alla prova me<br />

stessa e il mio sangue freddo. So che può sembrare volontariamente<br />

romanzato ma quel tardo pomeriggio d’estate, rientrando in<br />

cameretta dopo quella brutta avventura, mi cadde subito lo sguardo<br />

sulla foto di <strong>Gilles</strong> su la sua 126 C2 appesa ed inquadrata al muro,<br />

tirai il fiato e dissi sottovoce Grazie!, sottointeso grazie per avermi<br />

trasmesso, oppure risvegliato non saprei, anche se senza volerlo e<br />

senza lontanamente esserne artefice attivo, la grinta che ci vuole nei<br />

momenti difficili.<br />

La mia vita non è mai stata facile, per molti motivi ho dovuto<br />

descriverla anche senza averne il desiderio. Arrivai presto a<br />

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visualizzarla come un alambicco che distillava veleno in quantità<br />

regolare, non letale ma dalle capacità altamente tossiche. Pensando<br />

però a quei pochi anni di fratellanza televisiva della tifoseria<br />

“Vilnevista” posso annoverare nella storia di me stessa un periodo<br />

breve, germinale, vagamente formativo, dalle caratteristiche<br />

appassionanti ed epiche , particolarmente interessanti e vive ancora<br />

oggi in me, poichè tratte non da un film di fantascienza o di azione<br />

ma dalla realtà. E’ per questo che ho deciso di dedicare questo breve<br />

diario alla memoria di un grande sportivo come <strong>Villeneuve</strong>, ma<br />

soprattutto a tutti ed in particolare a tutte le donne che come me<br />

hanno tratto un insegnamento , colto un’ impressione , vissuto un<br />

incanto, una gioia intrasmissibile con lui e per lui, che come pochi al<br />

mondo attraverso li semplice vivere al massimo delle proprie energie<br />

ma lontano dal cercare clamori, appariva come credo a molti , non<br />

un personaggio da imitare, non un buisnessman ma un semplice<br />

uomo che sa di cose vere come era vero il Motor home in cui viveva<br />

ad ogni gara con tutta la sua famiglia, come le interminabili ore<br />

passate con i meccanici che credo anzi so, che apprezzassero molto.<br />

Oggi riguardando i filmati dell’epoca, rivedo un uomo che ad ogni<br />

fine gara , che avesse portato a casa punti o che si fosse ritirato o che<br />

addirittura fosse uscito alla prima curva, aveva mille mani che per<br />

congratulazioni o rincrescimenti che fossero, gli accarezzavano il<br />

capo con un moto di affetto sincero sì, ma con qualcosa in più: con<br />

l’affetto che in genere si concede, ad un bambino.<br />

Ecco che diventata grande , guardato quindi con occhi diversi e più<br />

maturi quelle immagini, care a me forse più di un album di famiglia ,<br />

ho capito che quell’ affetto che provavo allora e che non si è mai<br />

affievolito, non era un’ abbaglio dei sensi di un bimba con tanta<br />

voglia di vivere fuori dalla palla di vetro in cui si trovava; ma era il<br />

muto ringraziamento mio come di molti, che si sono ritrovati<br />

nell’ammirazione dell’essenza di molte delle più grandi doti umane<br />

concentrate in una dolce, potente ed esplosiva “mistura umana “<br />

chiamata <strong>Gilles</strong> <strong>Villeneuve</strong>. Ancora oggi non e’ raro che per strane<br />

coincidenze, parlandone su di uno scompartimento di un treno o sul<br />

bancone di un bar che ha ancora appese sue foto un po’ sbiadite con<br />

orgogliosi autografi ci si trovi tra sconosciuti ad asciugarci una<br />

lacrima.<br />

Ci sono tre parole<br />

Ci sono tre parole che rimarranno impresse gradevolmente insieme<br />

nella mia mente : <strong>Villeneuve</strong> , Arnoux e Digione.<br />

A chi ancora oggi non si illuminano gli occhi al pensiero di quel<br />

inaspettato, spettacolare rocambolesco, fantasioso, rischiosissimo e<br />

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creativamente entusiasmante, leale duello tra i due più simpatici e<br />

spumeggianti piccoli grandi piloti della formula uno degli anni<br />

ottanta?<br />

Più che uno spettacolo fu una vera esibizione di ardimento, maestria,<br />

talento, coraggio, simpatia e temerarietà.<br />

Non molto tempo fa, vidi una breve intervista fatta recentemente a<br />

René Arnoux in merito alla vita sportiva di <strong>Gilles</strong>; non credo di essere<br />

l’unica ad aver notato una luce particolare nello sguardo di René<br />

durante il racconto della sua stessa impresa.<br />

Quel circuito era molto veloce e la prestanza dei motori Renault<br />

turbo era ben chiarita dalla sua0. presenza sulla griglia di partenza<br />

che giocava per così dire in casa sotto gli occhi di centoventimila<br />

francesi in attesa di una vittoria della propria favorita, ma <strong>Villeneuve</strong><br />

comanda da subito fino a perdere il duello con Jabouille e trovandosi<br />

secondo alle spalle di Arnoux con problemi di alimentazione e<br />

gomme consumate ma poco importava. Una serie infinita di sorpassi<br />

tra loro in gara per il podio sino ad un ultimo giro da infarto dove<br />

<strong>Gilles</strong> ha la meglio poco prima del traguardo.<br />

Che erano amici lo sapevamo tutti e credo tutti si immedesimarono,<br />

in quei momenti assolutamente irripetibili, in due giovani amici che<br />

si scaramucciano in un pomeriggio di vacanza sugli autoscontri del<br />

parco giochi; infatti un noto disegnatore, di cui non ricordo il nome,<br />

su questo concetto condiviso ai più, fece una delle più tenere e<br />

divertenti vignette di quella stagione automobilistica e di altre.<br />

Con il fiato letteralmente sospeso, interrotto da tanti singhiozzi e<br />

sussulti di timor dell’ignoto rimanemmo in diversi milioni in totale<br />

apnea intervallata da gridi di liberatoria soddisfazione; mentre loro<br />

con una apparente infantile incoscienza strusciavano le ruote le une<br />

contro le altre a velocità selvaggia lasciando dietro se strisce di<br />

gomme fumanti e strati di copertoni sciolti come caramello<br />

sull’asfalto.<br />

Una pazza corsa ad un secondo posto tutto da guadagnare sotto gli<br />

occhi di un pubblico in totale visibilio.<br />

Ma chi erano quei due? Personalmente avrei desiderato tanto vederli<br />

in coppia alla Mitica Rossa, ma si sa che la vita non ti può<br />

accontentare sempre. Mi rimase comunque impresso il loro stato<br />

d’animo, il loro complice sorriso e la loro stretta di mano, giunti sul<br />

podio, dove, pur essendo dietro il numero uno avevano tutti gli<br />

applausi per loro.<br />

Io non ho mai provato invidia per alcuno, ma afferrai<br />

immediatamente che se avessi avuto un avversario lo avrei voluto<br />

avere come uno di loro due. Troppo ovvio? Mica tanto!Com’è che non<br />

ho mai visto scuole di lealtà, di coraggio, di correttezza, equità e<br />

giustizia? Penso che farebbe bene a un bel po’ di gente seguire che so<br />

; corsi di franchezza e di sano agonismo, anche se due maestri come<br />

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loro insieme, ora sarebbe difficile trovarli. Possibile che questi<br />

esempi di lealtà, pure se non troppo frequenti si vedono solo nello<br />

sport?<br />

Di Digione sarebbe inutile descriverne i momenti, chi li ha vissuti,<br />

non può dimenticarli ; per chi non li ha vissuti ci sono numerosi<br />

filmati da guardare: uno spettacolo così e’ senz’altro irripetibile ed<br />

unico nella storia della Formula Uno ed oserei dire<br />

dell’automobilismo.<br />

Col passare del tempo io stessa ho smesso di orientarmi a quello<br />

sport, ho sentito il bisogno ed insieme il dovere di non rimanere<br />

spettatrice dei miei desideri, per questo non ho inseguito il sogno<br />

utopico di pilotare professionalmente ma ne ho tratte le giuste<br />

ragioni ed intrapreso un percorso a me confacente in tutti i suoi<br />

contorni. Mi sono dedicata agli studi artistici che più si confacevano<br />

alle mie possibilità come alle mie attitudini però; quelle tre parole<br />

mi sono rimaste impresse nella mente ed oggi vogliono dire per me<br />

gioia, lealtà e coraggio.<br />

Gioia di affrontare gli ostacoli (ed io ne ho avuti veramente tanti) nel<br />

miglior stato d’animo possibile.<br />

Lealtà nel affrontare i problemi della vita, senza colpi bassi e<br />

accettando quindi un confronto con un avversario che può anche<br />

batterti.<br />

Coraggio: un coraggio di stampo incruento, il coraggio nel dirsi che<br />

fino a che non e’ finita si deve competere , sempre a testa alta<br />

sapendo che se la vittoria non e’ la nostra ci siamo confrontati con<br />

decoro e dignità ed accettandone i rischi.<br />

Spesso, troppo spesso, si trovano avversari tutt’altro che leali e ciò<br />

mi ha trovato impreparata più volte e gettata a terra sotto pesi più<br />

grandi di quanto mi sentissi in grado di sopportare.<br />

Ciò è normale, fa parte della vita e’ vero ! Questo spesso dicevano e<br />

dicono le persone intorno a me, “non ci pensare , pensa ad altro ,<br />

pensa a domani”; ma nei momenti bui, nei giorni dove sembrava non<br />

essere mai sorto il sole non senza pudore devo ammettere che più<br />

dell’affetto di mio marito e delle pochissime persone a me care che<br />

mi sono state vicine e che avvertivo (senza loro averne colpa) non<br />

comprendere a fondo i miei momenti bui e il profondo del mio<br />

dolore; sono stata rialzata da un tepore antico, forse infantile,<br />

ritrovato nel risfogliare un vecchio piccolo album di ritagli di<br />

giornali sportivi degli anni d’oro di <strong>Gilles</strong> .<br />

Mi sono ritrovata a riscoprire un sorriso teneramente strappato alle<br />

lacrime leggendo i miei commenti di bambina e riguardando i<br />

ritratti a carboncino di <strong>Gilles</strong>, fatti da me a decine quando ancora<br />

12


alle scuole medie , la prof di disegno mi sussurrava nell’orecchio di<br />

fare gli studi artistici.<br />

Il destino fu crudele con me ed anche con quell’album, che venne<br />

smarrito in una buona sua parte durante uno dei miei numerosi<br />

traslochi. Lascio a voi commentare il mio dolore di fan.<br />

Ecco che per molto tempo il mio unico conforto furono i ricordi delle<br />

gesta di uomini dal cuore di leone, la mente di una volpe, la vista di<br />

un falco e la prontezza di un gatto.<br />

Dopo il taglio del traguardo di quella gara a Digione, forse pochi<br />

hanno notato i due rivali affiancarsi e darsi un affettuoso cenno con<br />

la mano .<br />

Quelle tre parole : <strong>Villeneuve</strong>, Arnoux e Digione, erano li per<br />

ricordarmi che niente è impossibile, di non mollare mai sino alla<br />

comparsa della bandiera a scacchi, di essere te stesso , umile ed fiero<br />

del tuo ruolo e dei tuoi traguardi, specie se conquistati con sudore.<br />

Quelle tre parole nate da una storia vera, erano e sono ancora per<br />

me, l’emblema un duello concluso tra due contendenti, nel migliore<br />

dei modi : con un sorriso.<br />

Un giro su tre ruote<br />

Quale fosse il gran premio oggi non ha più importanza , ciò che e’<br />

rimasto alla storia di quei momenti sfortunati di <strong>Gilles</strong> e’ un<br />

pneumatico che al quarantottesimo giro, prima di una chicane , lo<br />

tradì, sgonfiandosi rovinosamente. Quel pneumatico però, fu il<br />

testimone della caparbietà e del malcelato orgoglio di un campione<br />

senza pari . Quel pneumatico venne torturato sino a disfarsi<br />

compresi i componenti meccanici attraverso un calpestio fisico e<br />

simbolico per aver tolto l’opportunità di un mondiale vinto a chi se lo<br />

meritava più di ogni altra cosa al mondo.<br />

Accadde così.<br />

Dopo un testacoda improvviso, rimanemmo in silenzio tombale<br />

davanti allo schermo, <strong>Villeneuve</strong> era fermo. Neanche il tempo di un<br />

sospiro e tutti cominciarono a mettere a fuoco che <strong>Gilles</strong> smanettava<br />

nell’abitacolo con la visiera alzata scrutando la plancia della vettura;<br />

subito si sollevarono lembi di prato sotto il peso dei brandelli della<br />

gomma sventrata…una bella retro e… eccolo di nuovo un pista con<br />

un moncone di pneumatico che ad ogni centimetro si contorceva<br />

lacerando anche il resto a cui era attaccato. Ma cosa faceva? Andava<br />

ai box? Ma se c’erano quasi quattro chilometri?<br />

<strong>Gilles</strong> premeva sull’acceleratore , la ruota sfiammava scintille ed<br />

ormai penzolava dietro alla vettura come un corpo estraneo, la<br />

carrozzeria strisciava sull’asfalto e lui con un braccio alzato teneva<br />

13


premuto il piede sul pedale dell’acceleratore senza mai perdere il<br />

controllo della macchina!<br />

Ma perché? Quale era il senso di quella pericolosa corsa<br />

improduttiva? L’auto, quasi impennava, mentre si infilava nell’area<br />

dei box. Giunti a destinazione ; vettura e pilota, vennero guardati con<br />

un senso di ammirazione e mestizia indescrivibili.<br />

Uscendo dall’abitacolo <strong>Gilles</strong> fu raggiunto da diverse pacche sulle<br />

spalle ma il suo capo chino , ancora avvolto dal suo casco , parlava da<br />

se.<br />

Il destino aveva decretato , quello che di lì a poco sarebbe stato<br />

storia: il mondiale a <strong>Gilles</strong>, per scelta o per dovere, per incoscienza<br />

forse, ma sicuramente per sfortuna non toccò mai.<br />

Io ho una personale opinione di quella gomma trascinata a forza ai<br />

Box. Una opinione che e’ anche un insegnamento , elementare ma<br />

importantissimo, mai arrendersi nelle avversità.<br />

Ho un’ opinione nitida e definita come le mille volte che<br />

figurativamente ho combattuto contro una gomma forata. Io a quella<br />

stessa gomma avrei detto: Sei Mia, che tu lo voglia o no . Che tu lo<br />

voglia o no io posso fare senza di te , e lo farò alla grande, fino in<br />

fondo. Tra me e te, che sei un misera gomma e niente di più,<br />

soccomberai tu: che tutti sappiano prima tra tutti la sfortuna, chi<br />

sono io, chi è quindi <strong>Gilles</strong> <strong>Villeneuve</strong>!<br />

Lacrime di champagne<br />

Montecarlo 31 maggio 1981 con una seconda pole position <strong>Villeneuve</strong><br />

aveva tutti gli occhi puntati addosso. La pista di Montecarlo e’ la più<br />

prestigiosa sì, ma e anche un labirinto di curve a gomito , più adatte<br />

ad una corsa di asinelli che a dei bolidi di tale potenza, <strong>Gilles</strong> trova<br />

subito un bel secondo posto , ma con una macchina lenta per quel<br />

tracciato come quella di allora non può che creare un pericoloso<br />

tappo ad un codazzo di scalpitanti pretendenti ed una lunga serie di<br />

piccole e prevedibili collisioni, rotture e di eliminazioni a catena.<br />

Stranamente ed anonimamente rimasto al suo posto <strong>Villeneuve</strong><br />

comincia ad essere osservato sotto un’altra luce , la sua corsa<br />

silenziosa e comunque brillante , questa volta si ingrazia della sosta<br />

ai box del leader che con questo riduce il suo vantaggio su <strong>Gilles</strong> che<br />

non vedeva l’ora di affilare le sue armi e guadagnare terreno ad ogni<br />

giro sino a passare con un sorpasso come sempre da brivido tra le<br />

lacrime dei meccanici.<br />

Ma chi lo ha detto che <strong>Gilles</strong> non era in grado di programmare la<br />

gara?<br />

14


Anche in questo caso si dimostrò maestro di strategia e<br />

concentrazione!<br />

Anche in questo fu da esempio e solo a chi non vuol accettare la<br />

qualità del suo talento non salta agli occhi. Tra genio e follia vi è un<br />

confine poco definito ma indiscutibile!<br />

La sua testolina in mezzo a quella corona di alloro che era più grande<br />

di lui se la ricordano tutti. Con l’impronta del casco intorno agli occhi<br />

sgranati e la bocca spalancata per prendere ossigeno, era lui, sul<br />

podio più alto della gara più prestigiosa. Il team Ferrari era in<br />

lacrime suscitando un orgoglioso imbarazzo in Mauro Forghieri che<br />

commentava “Ne abbiamo vinte delle altre ragazzi..!”e prontamente<br />

gli veniva risposto “Ma non belle come questa!”la Ferrari gliene fu<br />

grata<br />

<strong>Gilles</strong> ci faceva dimenticare le nazionalità e le bandiere, <strong>Gilles</strong> era<br />

tutti noi: se vinceva lo faceva e basta e lo faceva alla grande per se<br />

stesso , per tutti ! questo dava anche fastidio, ma solo agli incapaci<br />

quelli che come unica vittoria , dice il proverbio hanno l’invidia….<br />

Sessantasei giri di Flamenco!<br />

Una grandiosa partenza guadagnando una terza posizione , poi una<br />

seconda rimontando di cinque posti in pochi minuti sino al ritiro del<br />

capofila , dal quattordicesimo, fino alla fine della gara lui non molla<br />

più , senza scorrettezze, senza perdere grinta , concentrazione<br />

freddezza o controllo della vettura come anche di se. La vittoria del<br />

pilota!. La vittoria della concentrazione, del talento , della freddezza<br />

di nervi e del sangue freddo.Un gran premio di Spagna<br />

indimenticabile!<br />

In scia verso il tuono!<br />

E poi ancora maestro di sfide impossibili si battè e vinse contro un<br />

Caccia F104 con 100.00 spettatori che lo avvolsero in un abbraccio<br />

caldo nonostante la fredda giornata di novembre mentre lui, calmo<br />

sereno e sorridente sembrava più concentrato sull’affetto sincero dei<br />

tifosi che sulla prova che stava per affrontare senza il suo amico-<br />

nemico alettone per strappare qualche secondo in più. Ce l’ha fece<br />

ancora una volta ed il suo record e’ ancora da battere…<br />

Un alettone di troppo !<br />

Montreal 27 settembre <strong>1982</strong> Gp del Canada :<br />

Circuito bagnato, un secondo posto per <strong>Villeneuve</strong> che un una fase<br />

di doppiaggio urta un pilota piega un alettone e diventa terzo. Ci<br />

resta guidando alla cieca con l’alettone piazzato davanti all’abitacolo<br />

senza volare via né cadere .<br />

15


Anche qui niente , non mollava , o l’alettone o <strong>Gilles</strong> ; mentre noi<br />

comuni mortali tifosi ci coprivamo la faccia temendo il peggio. Poi ad<br />

un tratto l’alettone distacca con attaccato un pezzo di musetto: che<br />

fece? Che successe? Niente! Non accadde quasi niente ; <strong>Gilles</strong><br />

impavido tagliò il traguardo con un terzo posto come se fosse una<br />

passeggiata, una passeggiata in continua sbandata controllata…e<br />

sotto la pioggia battente!<br />

Il suo non arrendersi mai, altro che , un modo di dire, era un vero e<br />

proprio modo di vivere: un moto dell’animo.<br />

Un uomo semplice<br />

Ciò che mi piaceva di <strong>Gilles</strong> era il modo in cui svolgeva il suo lavoro<br />

stando accanto alla sia famiglia. Un modo originale ma semplice che<br />

io apprezzavo tantissimo. Mentre i miei si sbattevano per costruirsi<br />

la villetta che avrebbe dovuto essere, così dicevano, la soluzione a<br />

tutti i “nostri” mali; quella cosa(casa) che una volta finita avrebbe<br />

coronato il “sogno d’amore “ dei miei ed i miei sogni non servì come<br />

era prevedibile, a questo scopo, poichè non è la bella casa che fa la<br />

famiglia ma la famiglia bella che fa bella la (bella) casa … Non posso<br />

e non voglio sapere se la vita dei <strong>Villeneuve</strong> fosse felice o no, non<br />

posso e non voglio sapere se la fama o il denaro cambiarono<br />

qualcosa negli equilibri domestici e non. Voglio solo sottolineare<br />

quanto spiccava il modus vivendi di <strong>Gilles</strong> e della sua famiglia, ai<br />

miei occhi di bambina che non hanno mai dato , non hanno mai<br />

voluto e non daranno mai importanza ad altro che al più importante<br />

dei valori umani : la semplicità.<br />

Paradossalmente , proprio io che tanto tenevo, forse per la carenza<br />

patita in famiglia, ai sentimenti ed ai valori, ho dovuto subire molte<br />

privazioni in questa direzione anche diventata grande. La mia<br />

famiglia non capì allora, non capì poi e non capirà mai: pazienza ,<br />

sarà quello che chiamano destino ! ai sentimenti non si possono<br />

sostituire gli oggetti. Le persone non si possono sostituire con le cose<br />

.<br />

Il messaggio che mi arrivò allora fu questo: semplicità.<br />

Ricordo che in una intervista <strong>Gilles</strong> disse che lui si sentiva sempre un<br />

diciottenne e forse era per questo che non aveva ancora smesso di<br />

scorrazzare con i motori ed io aggiungo , come quando sgommava da<br />

ragazzo nei parcheggi e nelle strade della sua cittadina canadese.<br />

Semplicità di essere se stessi , con le proprie debolezze, passioni e<br />

desideri. Una filosofia di vita, sana , senza contorni formali, senza<br />

etichette solo con la sostanza, con il sapore dell’entusiasmo del<br />

vivere.<br />

16


La luce del tramonto<br />

I lunedì dopo le gare avevano un sapore di piccola autonomia: mi era<br />

tacitamente concesso di acquistare un giornale o una rivista sportiva,<br />

erano due le cose che , nell’immensa solitudine vissuta in una<br />

famiglia litigiosa, infelice e piena di ambizioni “immobiliari” più<br />

incline quindi a “far la roba” che ad occuparsi di me, potevo fare<br />

autonomamente: acquistare i dischi (pochi) e le riviste sportive.<br />

E’ sempre stato difficile colloquiare con i miei genitori, e più passava<br />

il tempo e più diventava impossibile, tra le tante ragioni forse il fatto<br />

che nessuno dei due , ne madre, né padre, avevano un punto in<br />

comune con la mia piccola personalità più concentrata sul migliorare<br />

se stessa che su ciò che riguardava le opinioni altrui. La solitudine in<br />

cui sono vissuta mise un seme di desiderio di conoscenza tale dal<br />

farmi immergere nei libri ma con una attitudine che si allontanava<br />

molto dalla leopardiana tendenza all’isolamento. Il mio istinto di<br />

socialità si fondeva sempre più col la visione ideale ed idilliaca<br />

dell’amicizia dell’amore e della vita sociale, che mal si sposava con la<br />

realtà delle cose a cui di li a poco mi sarei avvicinata. Non avevo<br />

avuto occasione di costruire un mio mondo infantile per molti motivi<br />

e non avevo avuto modo di costruirmi una esperienza adolescenziale<br />

consueta, quindi ogni cosa che potesse crearmi interesse mi attirava.<br />

A quella età e’ difficile per molti operare delle scelte, per me<br />

paradossalmente fu semplice. Le cose che avrei desiderato fare<br />

erano così semplici e così tante che quando mi si pose davanti<br />

l’opportunità di fare una scelta personale mi buttai, inconsciamente<br />

ma indiscutibilmente sulla strada giusta.<br />

Ricordo dei bei tramonti passati appoggiata sulla ringhiera del<br />

balcone del salotto a guardare l’orizzonte. Sentivo in lontananza i<br />

rombi dei motori dei motociclisti che nei pomeriggi d’estate<br />

“succhiavano”0 le strade dritte di quel paese della padana che non mi<br />

ha in nessun modo notata, poiché mi ha trovata , nella mia miglior<br />

parte, chiusa nelle mura domestiche…sentivo i rimbombi delle moto<br />

ed il mio cuore batteva più forte . Non correre, ma fuggire lontano!<br />

Dove ? come? In due parole : non e’ stato facile; ma non è per caso<br />

che ci sono riuscita.<br />

Chiudevo gli occhi e pensavo ad un ragazzo canadese , figlio di<br />

persone semplici, forse più semplici dei miei , che con la sua<br />

testardaggine , la sua fantasia , il suo talento fece parlare tanto di sé<br />

da giungerne voce in un paesino altrettanto semplice, Maranello ma<br />

singolarmente famoso per le opere di un altro estroso e talentuoso<br />

signore : Enzo Ferrari.<br />

17


Di lì a poco però ,cominciò il tramonto delle mie domeniche con<br />

piccole dosi di buon umore e forza d’animo ; dovetti trovare altre<br />

motivazioni ed altre energie poiché tutto stava cambiando. Stava per<br />

cominciare la leggenda <strong>Villeneuve</strong>.<br />

25 aprile<strong>1982</strong>: Perché?<br />

Col passare del tempo, crescevo e mi chiedevo se, dopo una stagione<br />

passata di infernali incidenti e continue modifiche a quelle auto<br />

sempre più simili a dei missili terrestri , si potesse continuare a<br />

sostare nei nostri salotti in attesa del via con la sessa spensieratezza<br />

con cui avremmo seguito una edizione di “Giochi senza Frontiere”.<br />

Ero una tifosa di <strong>Gilles</strong> , ma quei piloti li amavo tutti. Piano, piano<br />

sentivo il mio amore per la vita , per l’essenza dell’esistere, crescere<br />

sempre di più dentro di me . Facevo fatica ad accettare di parlare di<br />

motori senza uomini o di uomini senza motori quando si parlava di<br />

corse.<br />

Il millenovecento ottanta fu una vera ecatombe.<br />

Il ritiro di Scheckter a mio parere fu una saggia decisione<br />

indipendentemente dalle sue opinioni che non conosco.<br />

Motori sempre più potenti, auto velocissime, abitacoli angusti e<br />

quant’altro, cominciavano a disgustarmi anche se non ne parlavo.<br />

Sono morti così in tanti che mi stupisco ancora oggi che oltre al<br />

monumento al milite ignoto non ve ne siano anche ai piloti deceduti<br />

o martoriati tra le lamiere. E’ vero che hanno scelto loro quel<br />

mestiere pericoloso e che vengono per così dire pagati bene…, ma e’<br />

anche vero che, non per questo la loro vita vale di meno. Comunque<br />

c’era sempre lui sulla pista , il grande temerario <strong>Gilles</strong>, ed ogni gara<br />

anche se durava il tempo di una chicane, valeva la pena di seguirla.<br />

Ero più grandicella, mio padre nella sua costante indifferenza,<br />

notando la mia passione per le corse , di tanto in tanto si allungava in<br />

commenti , del tipo “Quest’anno andiamo a Imola”. Abitavamo<br />

relativamente vicini e questo non era impossibile , tra le altre cose<br />

mio padre lavorava nel settore industriale automobilistico, aveva un<br />

ruolo di un certo riguardo e di li a poco accarezzai veramente l’idea di<br />

poter conoscere da vicino quel mondo.<br />

Ero proprio una bambina!<br />

Senza stare a soffermarmi sulla personalità di mio padre , il quale da<br />

sempre vive con il chiodo fisso di apparire straordinario ad ogni<br />

costo , peggio di una prima donna dello spettacolo in preda ad<br />

isterismi da fine carriera; capitò che i promessi pass per i box del 25<br />

aprile <strong>1982</strong>, non riuscirono ad essere mai vidimati. Perché ?<br />

bisognerebbe chiederlo a mio padre che , durante quel periodo in cui,<br />

con un lavoro carico di responsabilità ed un carattere repellente ai<br />

18


cambiamenti; in preda a diverse crisi gastriche da ulcera<br />

psicosomatica, quel fine settimana si sentì male. Non mi chiarì mai<br />

se veramente ad Imola volesse andarci.<br />

A questo punto, spontaneamente verrebbe da chiedersi: Perché tanto<br />

astio nelle tue parole ?<br />

A domanda rispondo che, questo e’ il capitolo di una storia molto più<br />

ampia e complessa che in queste pagine ha solo una ragione di<br />

citazione: cioè che la presa di coscienza dell’infantilismo bugiardo di<br />

un padre che fino a quel momento il difetto di essere bugiardo, tra i<br />

già numerosi e disgustosi , ancora non lo aveva collezionato ai miei<br />

occhi di figlia unica era oramai arrivata. Non c’era solo l’ulcera<br />

psicosomatica; c’era molto di più, ma non e’ questa la sede che ho<br />

scelto per poter rievocare le ombre della mia famiglia.<br />

Resta di fatto che in un giorno solo si infransero molte delle mie<br />

certezze attraverso la visione in diretta della fine di una amicizia<br />

sportiva sincera, sotto gli occhi di milioni di telespettatori increduli.<br />

Mi riferisco ovviamente allo stupido, inutile, infantile e beffardo<br />

duello che Didier Pironi intentò , vincendolo contro il suo compagno<br />

di squadra <strong>Gilles</strong> che mai avrebbe pensato di trovarselo un giorno<br />

come sfacciato avversario.<br />

La visione della gara si svolse quindi nel salotto marrone, in un caldo<br />

pomeriggio di maggio a pochi giorni da un compleanno che non<br />

festeggiai.<br />

E’ un ricordo doloroso per tutti i tifosi , amici di <strong>Gilles</strong>, quel giorno è<br />

la telecronaca di una disfatta morale. Qualcosa si spezzò per sempre<br />

sul traguardo di quella gara rubata senza una vera ragione al proprio<br />

compagno, forse troppo grande per sfidarlo con lealtà e coraggio. Se<br />

Didier Pironi che all’ultimo giro ruppe quelle regole non scritte che<br />

tra il primo ed il secondo compagno non vi dovevano essere attriti sul<br />

traguardo e lasciare la vittoria al primo nel guadagnarsi la bandiera a<br />

scacchi; se fosse qui dicevo ,gli chiederei: Perché?<br />

Una gara bella come una illusione ottica! sembrava essere la più bella<br />

di tutte ; era invece il canto del cigno di un idillio sportivo tra due<br />

compagni di squadra amati dalla gente come mai era accaduto<br />

prima.<br />

La storia la sanno tutti. Io non voglio aggiungervi altro. Mi restano<br />

solo delle domande che purtroppo anche con i pass di Monza<br />

promessi di lì a poco, non avrei più avuto ne modo ne voglia di<br />

formulare ad alcuno… Didier perché?<br />

Se avessi saputo che solo il gran premio successivo <strong>Gilles</strong> col corpo<br />

pieno di fiele avrebbe finito i suoi giorni sotto il rombo di un tuono,<br />

sarei andata ad Imola a piedi , consumando suole e ginocchia , pur di<br />

stringere la mano ad un uomo così vivo e senza filtri maliziosi , da<br />

farmi da padre pur non essendolo affatto e meglio di quanto il mio:<br />

19


prepotente , testardo, egocentrico e narcisista sino a scordarsi di<br />

avere una figlia in nome di dio denaro e dea carriera, abbia mai fatto<br />

.<br />

Di quel giorno resta un ritaglio di giornale che immortalò un uomo<br />

piccolo, ma grande, stanco ma vincente, appoggiato alla ringhiera di<br />

un podio stretto e irriverente con distrattamente in mano un trofeo<br />

che non gli appartenne.<br />

Senza <strong>Gilles</strong><br />

Quel giorno stavo asciugandomi i capelli con il pfhon quando sentii<br />

la porta aprirsi di scatto. Entrò mio padre con un moto di allarme<br />

fulmineo. Mi disse senza mezzi termini : E’ morto <strong>Villeneuve</strong>!<br />

Ero senza fiato . Posai il pfhon per terra per non perdere nemmeno il<br />

tempo di staccare la spina. Un peso al cuore mi diceva che era tutto<br />

finito. Finito il mio entusiasmo per sempre nei confronti di uno sport<br />

che già si allontanava da me, finito l’unico momento settimanale che<br />

univa se pur solo “logisticamente” in salotto, la famiglia che già<br />

sentivo non appartenermi, finito il sogno di stringergli la mano,<br />

finito il mio piccolo mondo dei motori, finito il sogno di dirgli almeno<br />

grazie.<br />

Quattro passi oltre l’anticamera e di nuovo mi trovai questa volta<br />

sorretta e non nascosta, dallo stipite della porta che mi vedeva<br />

appoggiata timidamente durante le prime gare che riuscii a guardare<br />

soltanto, guadagnando più tardi il bracciolo del divano in cambio di<br />

assoluto silenzio.<br />

All’angolo della sala da pranzo, un bel nuovo televisore a colori<br />

mostrava crudele, le ultime immagini di quel volo agghiacciante.<br />

Un attimo, meno di un attimo, e tutta quella grazia , quella energia,<br />

quel misterioso e spumeggiante talento se ne erano andati e con lui<br />

un milione di altre cose. Avevo dodici anni e mi sentivo<br />

improvvisamente vecchia. Sì vecchia! Un po’ per una vita familiare<br />

infelice che mi ha reso forte e fragile allo stesso tempo ed un po’<br />

perché quel lutto forse annunciato ma improvviso era un passaggio<br />

per me obbligato.<br />

Non versai una lacrima, per paura di piangere troppo; non un pianto<br />

vero per lungo, lungo, tempo ma al posto di quelle lacrime inespresse<br />

un mare di silenzio.<br />

Silenzio fatto di ritagli di giornale, di vecchie foto, di sevizi televisivi<br />

pieni di immagini che già erano ricordi ed io non ci potevo credere!<br />

Perché così presto? Perché senza una rivincita , perché senza una<br />

seconda possibilità?<br />

20


Da quel giorno la televisione si spense , da quel giorno mi risvegliai<br />

ad agosto in occasione di uno scherzo del destino che tolse alla<br />

formula uno anche a Pironi. Ma poi di nuovo il silenzio.<br />

Senza <strong>Gilles</strong> non era più tutto uguale, senza <strong>Gilles</strong> era tutto più<br />

amaro e lentamente divenne più grigio, struggentemente amaro.<br />

Gli altri piloti? Tutti in gamba certo! Ma per me c’era un vuoto e<br />

nulla più.<br />

Passarono gli anni ed io concentrata sugli studi artistici, portavo una<br />

poesia composta appositamente da me per lui nel portafogli ed una<br />

sua foto elaborata da me.<br />

Solo di tanto in tanto scovando qualche sua immagine qua e là mi<br />

scoprivo ad infervorarmi ancora per imprese ormai consegnate alla<br />

storia, quel che mi consolava era che non ero sola: giovanotti,<br />

anziani, donnine di casa , ragazze, bambini che non lo avevano mai<br />

nemmeno visto , non solo sapevano chi era ma portavano<br />

metaforicamente, la sua immagine sul petto come un trofeo.<br />

Non molto tempo fa in una lunga notte insonne , come molte ahimè<br />

ne sono passate nella mia vita, mi sono trovata a guardare siti<br />

internet dedicati alla sua memoria preparati con grandissimo affetto<br />

e partecipazione . Molti messaggi accorati, dediche e pensieri anche<br />

di signori con i capelli bianchi che non sanno ancora come<br />

rassegnarsi.<br />

Senza <strong>Gilles</strong>, dopo più di vent’anni dalla sua morte improvvisa,<br />

resami conto che il mio affetto per lui era tutt’altro che spento.<br />

Piansi.<br />

Erano lacrime di cordoglio e di stupore per quel fenomeno che non<br />

ha saputo interrompersi e dall’eco ancora nitido e forte.<br />

Presi coraggio ed inviai ad un sito la mia poesia, e trovandola<br />

pubblicata dopo qualche giorno mi dissi che era bella, era di una<br />

bimba di dodici anni che grazie a <strong>Gilles</strong> aveva deciso di inseguire i<br />

propri sogni.<br />

Sono ancora qui lungo la strada che ho scelto ed i miei sogni hanno<br />

avuto vita difficile , ma quando penso a quel giovane pilota di<br />

motoslitte che viveva in una Motor Home in attesa del successo e che<br />

una volta alla ribalta è stato capace di rimanere se stesso, io sento<br />

come una batteria che si ricarica, come un serbatoio che si riempie,<br />

una pole position senza nessuno davanti ed un motore caldo , pronto<br />

a scattare.<br />

Un Go-Kart chiuso in cantina<br />

Alcuni anni dopo la morte di <strong>Villeneuve</strong> mio padre arrivò a casa con<br />

un go- kart sul portapacchi dell’auto. Un’altra ragazza al posto mio<br />

avrebbe fatto forse i salti di gioia; io no . Quel regalo che si scoprì<br />

21


essere più per lui che per me , arrivò comunque tardi. Tardi per<br />

riconquistare una figlia che per mille e una più ragioni non<br />

considerava suo padre come tale; arrivò a sproposito perché non<br />

venni considerata sufficientemente per metterci benzina nei fine<br />

settimana e divertirmi con papà , che invece per qualche ragione a<br />

me sconosciuta, preferiva andare a pescare per poi portare a casa<br />

pesci gatto e trote e metterle pure nella vasca da bagno (poco<br />

importava se il lunedì dovevo andare a scuola con capelli puliti e<br />

profumata di borotalco).<br />

Io sapevo che il go- kart avrebbe fatto la fine del motorino che mi<br />

comprarono a soli dodici anni dandomi l’illusione di una libertà mai<br />

raggiunta e della realtà invece di un mezzo mai utilizzato.<br />

Mentre mi tornavano alla mente i filmati di Jaques piccolo che<br />

scorrazzava già da bambino su una macchinina credo una delle prime<br />

elettriche giocattolo in compagnia di suo padre , cominciavo anche<br />

ad avvertire la pesantezza della mia famiglia e del mio destino di<br />

“statuetta di casa”…non mi sbagliavo.<br />

Solo molto tempo dopo avrei capito che la mia testardaggine non<br />

doveva piegarsi alla mia pazienza ed al mio buon cuore di figlia che<br />

fino quasi all’ultimo si e’ illusa di poter un giorno avere una famiglia<br />

e nello stesso tempo una vita propria. Ancora oggi nonostante io sia<br />

sposata e con dei progetti di vita mi trovo a svegliarmi la notte dopo<br />

un sogno cupo nel quale mi ritrovo chiusa in quella cantina del<br />

palazzo di periferia in mezzo al mio motorino, alle cianfrusaglie di<br />

una vita vissuta in ben tre regioni ed il “mio” go- kart 125 con i<br />

rapporti abbassati , impolverato e coperto da un telo di plastica.<br />

Quel go-kart fermo ai box della mia vita e’ diventato un simbolo che<br />

riappare ogni volta un problema compare nella mia quotidianità.<br />

A Joanna<br />

Se lei fosse qui accanto a me adesso non so cosa mi sentirei di dirle,<br />

forse starei a lungo in silenzio ad osservarla. Mi sono sempre<br />

chiesta, se pur bambina, quanto fosse difficile stare accanto ad un<br />

uomo che ha come professione il rischio così ai massimi termini.<br />

Mi sono sempre chiesta come si potesse vivere un ambito familiare<br />

con tanto peso sulle spalle e poi, dopo il tragico distacco, con cosa;<br />

oltre i due bei bambini che aveva, fosse riuscita a sostenersi .<br />

Lontana dal pretendere risposte oltre la consapevolezza dell’ovvio,<br />

(non nel senso di scontato) grande amore che senza dubbio legava<br />

quella bellissima coppia e quella bellissima famiglia; queste poche<br />

righe sono per lei, per Joanna con tutta l’ammirazione che un cuore<br />

gonfio d’affetto può possedere. Temo comunque di non riuscire a<br />

trovare parole adatte per descriverla così come l’ho vista oggi come<br />

allora. La ricordo sempre inquadrata in secondo piano quando solo<br />

22


per una intervista in più, la strappavano dall’abbraccio di <strong>Gilles</strong> che<br />

pur nella spossatezza più totale non aveva occhi che per lei. Lei che fu<br />

nitidamente inquadrata, saltante di gioia a Montecarlo e con le mani<br />

giunte a coprirsi il viso con il moto incredulo che anche noi spettatori<br />

avevamo, durante il taglio del traguardo della più bella prima<br />

vittoria del motore turbo più atipico ed entusiasmante della formula<br />

uno. Quella vittoria , inaspettata, sofferta, conquistata tra lacrime<br />

liberatorie e salti di gioia era proprio del suo <strong>Gilles</strong>. Quel <strong>Gilles</strong> che<br />

era così piccolo , così grande, così forte e tenace ma così trasparente e<br />

oserei tenero da espandere un’aura di , oserei dire, grazia; quella che<br />

normalmente si attribuisce (aggiungerei spesso a torto) a certe note<br />

bellezze statuarie femminili dello spettacolo; le quali a mio modesto<br />

parere pur non avendo sotto il profilo estetico nulla fuori posto, è<br />

raro che esprimano quella qualità così difficile da avere oltre che da<br />

esprimere . Grazia appunto. Sembra semplice a dirsi ma vederla in<br />

un uomo e’ tutto un programma; lungi dal dire che fosse una parte<br />

del suo aspetto ciò che affermo e’ l’analisi di un moto invisibile della<br />

personalità di <strong>Villeneuve</strong> e devo dire che anche Joanna esprimeva ed<br />

esprime grazia, credo che anche in questo lei fosse l’altra metà della<br />

mela di <strong>Gilles</strong>.<br />

Se fosse qui vorrei chiedergli della vita prima della notorietà, della<br />

durezza della attesa dei successi sportivi, del suo vivere quotidiano in<br />

un motor home, dei sacrifici, del figlio che ha seguito le orme del<br />

padre tenendola ancora appesa ad un filo (come io mi sentirei se...);<br />

ma non avendo credo alcun diritto di togliere al privato quanto già<br />

non si riesca pudicamente ad immaginare, mi soffermerò soltanto a<br />

farle un elogio.<br />

Ad una donna dai tratti femminili a tutto tondo ma dalla corazza<br />

tanto invisibile quanto infrangibile, chino la mia testa con profonda<br />

ammirazione per lei e per la sua meravigliosa famiglia.<br />

A Melanine e a Jaques : solo un bacio affettuoso e tutti i miei<br />

complimenti a Jaques !<br />

8 maggio 1992 A Jochen Mass<br />

Uno sguardo fisso nel vuoto , quello di un pilota mesto e distrutto<br />

dentro , seduto su un muretto della pista, il casco tra le mani, usato<br />

come fosse un a stampella su cui posare le membra piegate dal<br />

dolore. Lo ricordo così, in una manciata di fotogrammi di quel<br />

tragico giorno. Anche lui infondo mi ha insegnato qualcosa ,<br />

l’amicizia attraversa il tempo e lo spazio , ha una sua dimensione<br />

unica ed irripetibile,<br />

Tu, Jochen , lo aiutasti in Giappone durante l’inchiesta del terribile<br />

incidente che trovò <strong>Gilles</strong> responsabile indiretto della morte di due<br />

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persone, e tu indiretto responsabile della morte di <strong>Gilles</strong> stesso, sotto<br />

gli occhi impietosi delle telecamere : eri lì in silenzio con un peso<br />

incommensurabile . Lo so, lo sento , sei ancora attonito; lo vedo dal<br />

tuo sguardo che crudelmente ma empaticamente ho scrutato al<br />

rallenty quando ti viene chiesto di quell’otto maggio . Chi avrebbe<br />

voluto essere al tuo posto? Cosa avresti potuto fare se? Il tempo e’<br />

volato su quei momenti e tu sei ancora qui come tutti noi , un<br />

sopravvissuto. Così molti si sentono, così tali siamo. Chiudi gli occhi<br />

senza pensare caro Mass, il rombo dei motori sovrasta le grida sia di<br />

gioia che di dolore. Non e’ di conforto certo, ma serve ad accettare<br />

che la vita va avanti con i suoi casi fortuiti con le sue fatalità. Anche i<br />

tuoi occhi esprimono molto ,chissà se un giorno , qui o in un’altra<br />

dimensione i vostri occhi di amici , rivali e fatalmente legati si<br />

riuniranno con naturalezza senza alcun moto di rancore ma<br />

solamente uniti nella gioia di trovarsi ancora. A te se fossi qui vorrei<br />

dirti che quei pochi fotogrammi che ti hanno immortalato su quel<br />

muretto, dopo l’impatto a Zolder sono stati per me l’emblema della<br />

grande importanza della vita al disopra di tutto. Quel giorno<br />

cominciai a chiedermi molto a proposito della vita e dei suoi brutti<br />

scherzi. Avevo solo dodici anni.<br />

Il lutto dentro di me aveva fatto solo capolino ed era , sino ad allora<br />

stato filtrato dai membri della mia famiglia.<br />

Quel giorno mi resi conto di quanto siamo appesi ad un filo e di<br />

quanto uno stato d’animo può condizionare la nostra sessa vita.<br />

La mia personale opinione era che quel giorno <strong>Gilles</strong> voleva la<br />

rivincita ad ogni costo, mentre Jochen si trovava a passare di lì quasi<br />

come se fosse l’ordine del giorno; due energie completamente fuori<br />

sintonia , ed il gioco fu fatto. Non vi siete capiti? Eravate distratti da<br />

qualcosa? Forse <strong>Gilles</strong> ….? Quel che è certo è che un tuono passò<br />

sulla vita di <strong>Gilles</strong>, ed anche sulla nostra che tanto lo amavamo.<br />

Per concludere però ti chiedo di perdonarmi se e’ in queste pagine<br />

che esprimo il perché allora lasciai la passione per la Formula uno,<br />

con un marchio a fuoco nel cuore, il perché realizzai quanto la vita<br />

fosse preziosa e quanto quindi valesse la pena custodirla più che mai.<br />

Dopo poco dopo l’incidente di Zolder la morte entrò prorompente in<br />

casa mia portando via con se , quasi a scadenze regolari alcuni dei<br />

miei cari , avevo già presto provato il lutto, il distacco , la perdita ed<br />

anche in questo <strong>Gilles</strong> fu un protagonista nella mia vita. Con questo<br />

tragico evento ero preparata a quanto di più doloroso nella vita ci<br />

tocca , in tutti i sensi.<br />

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Forse …<br />

Forse qualcuno potrebbe giudicare queste memorie come di poca<br />

importanza, ma la mia esistenza , tutta da scrivere in un diario a<br />

parte, così difficile da raccontare e probabilmente per molti da capire<br />

è stata da me volontariamente omessa in questo piccolo diario: un<br />

semplice contributo alla memoria di un personaggio che forse<br />

neanche immaginava quali fragori aveva scatenato. La mia piccola<br />

vita è stata ricca di ben altri tormentosi e drammatici episodi ed in<br />

queste pagine ho voluto abbandonarmi ad un ricordo dolce-amaro<br />

poiché trovandomi a dover affrontare ancora oggi il duro della vita,<br />

ho voluto farlo sulle note del ricordo di un campione, che non ha<br />

vinto altro che….lo spazio ed il tempo ed ha conquistato i cuori di una<br />

valanga di sconosciuti. Se pare poco!… Questo omaggio non è<br />

comunque un inno alla velocità ed al rischio; non è un inno al<br />

pericolo fine a se stesso, ma è un inchino all’ ardimento nella ricerca<br />

del superamento dei propri limiti.<br />

Forse come dice qualcuno <strong>Gilles</strong> non sarebbe mai stato un campione,<br />

forse era veramente un bimbo mai cresciuto , forse ha solo sfidato<br />

troppo la fortuna, forse quell’otto maggio il suo cuore così pulsante<br />

tanto da coinvolgere la gente “via satellite” era tanto pieno di<br />

rincrescimento da offuscare la sua vista e la sua concentrazione fino a<br />

cadere in un errore fatale.<br />

Forse …ma quel che e’ certo e’ che ha lasciato un solco indelebile al<br />

suo sport , alla sua tifoseria rimanendo per sempre un esempio di<br />

talento e correttezza avendo anche la grande umiltà di sapersi<br />

mettere da parte in nome del gioco di squadra.<br />

Un pensiero oggi va a Alex Zanardi nel quale dopo molto tempo ho<br />

rivisto la stessa brillantezza di sguardo caratteristica di <strong>Gilles</strong> ed<br />

attraverso la sua enorme forza d’animo ed il suo carattere ruggente<br />

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dimostra in ogni momento quanto e’ importate superare i propri<br />

limiti , sempre e comunque.<br />

E’ maggio ancora<br />

Ogni otto maggio ti ricordo per un attimo, per solo un attimo perché<br />

di più non lo reggerei. Quante cose avrei voluto chiederti, quante<br />

avrei sognato sentirti dire, ma e’ maggio ancora e nulla più.<br />

A nome di tutti coloro che come me, non hanno mai potuto<br />

abbracciarti , stringerti la mano o posare una carezza sulla tua testa,<br />

ti mando un simbolico bacio, affettuoso, tardivo, ma sincero.<br />

Scremati i miei sogni infantili, resti comunque un brillante pensiero,<br />

uno struggente fotogramma , complice inconsapevole della<br />

metamorfosi di una piccola bambina che oggi , diventata grande e<br />

coraggiosa anche grazie a te, ha il privilegio di cullarsi quando può,<br />

nel vento del tuo epico ricordo.<br />

26


Grazie ancora <strong>Gilles</strong> !<br />

Anna Nasci<br />

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