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Giuseppe Raffa<br />
Coordinatore<br />
editoriale<br />
28<br />
parlano i podologi<br />
<strong>156</strong>marapr09<br />
Nell’intervista a Antonio D’Amico, podologo torinese di grande esperienza<br />
e, per diversi anni, vicepresidente dell’Aip, ricordi e aneddoti sulla storia<br />
dell’Associazione e sui primi passi della podologia. Ma anche un esortazione<br />
ai giovani colleghi “partecipate alla vita associativa, assemblee, convegni,<br />
congressi, corsi di aggiornamento, portale, circolari. L’isolamento è sterile”.<br />
I riflettori di questa rubrica puntano su uno dei protagonisti<br />
del XXIV Congresso nazionale, podologo torinese di grande<br />
esperienza, attualmente nel Direttivo Aip e, per diversi anni,<br />
vicepresidente. Il microfono, dunque, ad Antonio D’Amico.<br />
Antonio D’amico con le sue collaboratrici<br />
Cosa l’ha spinta a fare il podologo?<br />
Alla base, lo dico scherzosamente ma non troppo, potrebbe<br />
esserci una sorta di vocazione occulta, se è vero, come<br />
ricorda mia madre, che fin da piccolo disegnavo piedi. In<br />
seguito anche proseguendo negli studi scientifici, il piede<br />
rimase al centro della mia attenzione, forse per l’implicazione<br />
con l’affascinante tema dell’evoluzione dell’uomo.<br />
L’occasione, poi, è arrivata casualmente: la necessità di reperire<br />
un operatore che si occupasse del piede di mio padre,<br />
mi condusse a informarmi sull’argomento, aprendomi<br />
così le porte di un mondo a me sconosciuto. Mio padre non<br />
trovò un podologo, ma la mia vita cambiò. L’associazione<br />
che mi diede maggiori garanzie fu appunto l’Aip.<br />
Ciò che mi convinse era il fatto che gestiva una scuola<br />
triennale (le altre associazioni organizzavano solo corsi semestrali<br />
con presa d’atto regionale) e, in modo particolare,<br />
il fatto che, pur non indicando scadenze immediate, si pro-<br />
Alla podologia serve unità<br />
e compattezza e siamo noi che<br />
dobbiamo illuminare la politica<br />
poneva l’obiettivo di far riconoscere la podologia come disciplina<br />
sanitaria. Si trattò di una scelta di vita, in quanto<br />
dovetti lasciare la mia città e la mia famiglia e anche un<br />
oneroso ed azzardato investimento per il futuro, considerando<br />
che non ero più giovanissimo.<br />
Che titolo ha conseguito, quando e in quale struttura?<br />
E che corsi post-laurea ha frequentato?<br />
Mi sono diplomato presso la scuola regionale di podologia<br />
di Roma gestita dall’Aip e poi ho convertito il titolo in laurea<br />
triennale di primo livello presso l’Università “La<br />
Sapienza” di Roma nel 2002.<br />
Cosa le è rimasto dentro di quel periodo?<br />
Gli aneddoti da raccontare sarebbero moltissimi. Ricordo il<br />
mio arrivo a Roma. La prima impressione non fu favorevole,<br />
in quanto la scuola di via Tuscolana era angusta, in pratica<br />
un appartamento ad uso ufficio situato al primo piano,<br />
e ciò fa capire quali passi siano stati fatti negli ultimi anni.<br />
La prima persona che incontrai, oltre alla segretaria, fu<br />
l’avvocato Vinicio Andreozzi, dal portamento risorgimentale;<br />
dopo alcuni minuti entrò un uomo corpulento che si mise<br />
alla scrivania: quasi subito lo vidi con un panino in bocca,<br />
la cornetta del telefono all’orecchio, che firmava alcuni<br />
documenti e contemporaneamente dava istruzioni. Rimasi<br />
un po’ sconcertato, ma calmo. Era il presidente Montesi.<br />
Dato che la vita associativa mi prese subito, pur essendo<br />
ancora studente, l’anno successivo mi trovai anch’io con<br />
un panino in bocca, la cornetta del telefono all’orecchio,<br />
che scrivevo e, contemporaneamente, davo istruzioni.<br />
Altri ricordi più che aneddoti mi consentono di ricordare e<br />
commemorare due persone che sono scomparse recentemente,<br />
Lino De Angelis e Vittorio Berardi. Lino De Angelis<br />
(Nico per gli amici) era mio compagno di banco ed era molto<br />
più anziano di tutti noi e la sua fu una sfida: veramente<br />
appassionato, non fu facile per lui riprendere i libri in mano,<br />
ma con tenacia riuscì a farcela e intraprese poi fino alla<br />
fine l’attività di podologo. Insieme a me e ad altri due<br />
compagni di corso Luca Rizzi e Leo Moretto, fondò un gior-<br />
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