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L. M. Caliò, E. Lippolis, V. Parisi, C. M. Marchetti - Academia Belgica

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Roma CeC 2012 21-23 Giugno 2012<br />

litiche scoperto da Lo Porto nel 1959 a ovest del sacello in blocchi. Alla luce di questo dati, si può<br />

pensare che l’area abbia conosciuto un rinnovamento in senso più monumentale tra fine VII e inizi<br />

VI secolo, con la costruzione dell’edificio a oikos e forse di altre strutture.<br />

La coroplastica comprende poche statuette sub-dedaliche femminili, una testina maschile realizzata<br />

a mano, con tracce di colore rosso, forse applicazione di un vaso, e un pinax, che si distingue per la<br />

qualità e l’eccezionale stato di conservazione. La tavoletta votiva, dotata di un foro per la<br />

sospensione, è decorata da una scena con due personaggi, maschile a sinistra e femminile a destra,<br />

che è possibile identificare con Teseo e Arianna per la presenza del fuso che occupa lo spazio tra i<br />

due e forse di un gomitolo che la donna stringe nella mano destra. Di un esemplare tratto dalla<br />

stessa matrice, appartenente a una collezione privata di Bonn ma con indicazione di provenienza<br />

tarantina, aveva dato notizia per la prima volta E. Langlotz nel 1925. Lo schema iconografico, con<br />

valore chiaramente erotico, dell’uomo che sfiora il mento della donna ha un confronto stringente<br />

nella scena dipinta su una brocca da una sepoltura di Afrati (Arkades), a Creta. Stilisticamente i<br />

caratteri ricadrebbero nel medio/tardo-dedalico con una datazione tra il 650 e il 630-620 a.C. I<br />

contatti con la tradizione cretese sono dunque evidenti, anche se si discute se il modello sia arrivato<br />

a Taranto direttamente da Creta o se abbia invece subìto prima una rielaborazione in ambito<br />

peloponnesiaco.<br />

Tra i metalli, si segnalano una punta di lancia, una fibula a quattro spirali e uno spillone in argento e<br />

oro, quest’ultimo non proveniente dal deposito ma dalla pulizia superficiale dell’area.<br />

Il fondo di una pisside corinzia ha restituito infine un’iscrizione in dialetto dorico con menzione<br />

delle Muse (databile entro la fine del VII sec. a.C.)., in corso di studio, come le altre, da parte di<br />

Giulio Vallarino.<br />

All’interno del deposito, frammisti al terreno, sono stati raccolti anche frammenti di impasto e di<br />

ceramica matt-painted SLG (Salento Late Geometric) II, cronologicamente precedenti al materiale<br />

di importazione e di produzione coloniale, che costituiscono un residuo di formazione dello strato.<br />

Questo, a sua volta, obliterava un livello inferiore, immediatamente a sud del deposito, che ha<br />

restituito parte di un altro piano di frequentazione di una capanna del SLG II, con due contenitori<br />

ceramici integri ancora in situ, rinvenimento che documenta chiaramente la sequenza insediativa<br />

nell’area.<br />

3. Elementi per una sintesi della documentazione archeologica<br />

A differenza di quanto riteneva Lo Porto, i materiali ‘matt-painted’ sono presenti anche nei livelli di<br />

frequentazione successivi alla fine dell’VIII sec. a.C., dove appaiono, però, come materiale fluitato.<br />

Anche nel caso del deposito votivo, infatti, se ne è potuto riconoscere un nucleo che risulta<br />

pertinente a una fase precedente a quella del materiale votivo di tipo greco. Questo conferma che la<br />

rigida ricostruzione stratigrafica proposta da Lo Porto, con una successione a compartimenti stagni<br />

tra gli strati con ceramica japigia e quelli con ceramica greca, deve essere articolata diversamente,<br />

come la stessa planimetria dell’area di scavo del 1959 non presenta un’esatta corrispondenza con<br />

quanto emerso nell’esplorazione condotta sinora.<br />

Lo scavo, comunque, sta delineando una successione di fasi abbastanza ben definita.<br />

Nell’esplorazione condotta sembrano per il momento mancare elementi chiaramente attribuibili al<br />

geometrico locale delle fasi più antiche; non si può escludere, quindi, un progressivo abbandono o<br />

una sensibile riduzione del villaggio dell’età del Bronzo. Solo sull’acropoli, per il momento, si<br />

possono documentare chiare tracce di una ripresa insediativa nella seconda metà dell’VIII sec. a.C.,<br />

con un sistema di capanne sub-circolari esteso sino ai primi livelli dei pendii a ovest e a sud<br />

dell’altura. Questo abitato sembra conoscere un abbandono radicale verso la fine dell’VIII sec. a.C.:<br />

come nella grotticella-cucina trovata da Lo Porto, anche nei casi che iniziano ad emergere si<br />

riscontra un’interruzione che prevede l’abbandono della ceramica in situ, all’interno delle strutture.<br />

Su questi livelli non si sovrappone alcuna frequentazione di tipo abitativo e l’intera area sembra<br />

essere stata destinata ad altre funzioni. Sistemazioni con riporti di tufina sabbiosa sterile, analoghi a<br />

quelli descritti da Lo Porto, sono stati rinvenuti anche nello scavo del 2011 e spesso si pongono in<br />

CeC 2012: Contextualising “early Colonisation” Pagina 4

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