L. M. Caliò, E. Lippolis, V. Parisi, C. M. Marchetti - Academia Belgica
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Roma CeC 2012 21-23 Giugno 2012<br />
irregolare fiancheggiato da costoni rocciosi e digradante verso la baia di Porto Saturo. La scelta<br />
della felice posizione geografica sembra essere stata determinata anche dall’abbondante presenza di<br />
acque sorgive, che scaturiscono da un anfratto naturale scorrendo fino al mare in forma di ruscello. I<br />
riferimenti cronologici offerti dagli oltre quindicimila reperti ceramici e votivi fittili, rinvenuti nelle<br />
undici stipi votive scoperte intorno all’oikos A o ‘sacello Lo Porto’ e raccolti a migliaia attestano<br />
un’intensa frequentazione del sito a partire appunto dalla seconda metà del VII secolo a.C. fino ai<br />
primissimi anni del II secolo a.C., quando il complesso viene abbandonato a seguito dei<br />
danneggiamenti subiti durante le vicende annibaliche. Utile per l’identificazione del culto è<br />
l’iscrizione in dialetto dorico locale incisa sull’orlo di un’anfora attica a figure nere firmata da<br />
Exekias (datata al terzo venticinquennio del VI secolo a.C.), che riporta la dedica a una Basilis.<br />
Sulla base di una glossa d’Esichio, la dea venerata a Saturo con questa epiclesi è senza dubbio da<br />
identificarsi con l’Afrodite Areia, guerriera e regina dell’acropoli di Sparta, la quale trova confronti<br />
anche a Taranto. La pertinenza del culto ad Afrodite giustifica inoltre pratiche cultuali<br />
complementari, come attestano ad esempio le iscrizioni vascolari con dediche a Gaia, divinità<br />
ctonia connessa alla fertilità del mondo della natura e degli uomini, il cui culto assume anche a<br />
Sparta un notevole rilievo.<br />
Alla luce dei dati raccolti sinora la parte esplorata comprende, oltre al cd. ‘sacello’ o oikos A,<br />
individuato da Lo Porto durante le indagini di metà anni Settanta del secolo scorso, altri tre edifici a<br />
pianta quadrangolare in blocchi regolari di carparo, strutture di grandezze diverse ma con la<br />
medesima funzione, che è possibile identificare come vani destinati al banchetto o hestiatoria. Il<br />
quadro emerso rimanda dunque a una realtà complessa di notevole importanza, la quale si sviluppa<br />
e diversifica nei culti e nei rituali nel corso di ben cinque secoli, di pari passo con le vicende<br />
storiche, politiche e sociali della vicina Taranto, alla quale il santuario doveva essere senza dubbio<br />
collegato.<br />
2. L’intervento sull’acropoli<br />
Dopo le quattro campagne di scavo consecutive condotte nel santuario della sorgente a partire dal<br />
2007, nell’ottobre del 2011 le indagini si sono concentrate sul sito dell’acropoli che, dopo<br />
l’intervento di Felice Gino Lo Porto nel 1959 e due saggi, rimasti pressoché inediti, nel 1979 e del<br />
1980, da più di cinquant’anni non riceveva un’attenzione scientifica adeguata. La modesta<br />
emergenza rocciosa, posta a 25 m circa sul livello del mare, si trova in posizione centrale tra le due<br />
baie di Porto Saturo e Porto Perone e ricade all’interno del Parco archeologico di Saturo.<br />
Intervenendo in un’area oggetto di precedenti esplorazioni, è stato necessario innanzitutto operare<br />
un’accurata ricognizione della situazione esistente, in modo da raccordarsi allo scavo Lo Porto e<br />
chiarirne, per quanto possibile, le dinamiche.<br />
Nel terrazzo a ovest della sommità dell’altura sono stati riconosciuti i limiti del saggio condotto nel<br />
1959, senza procedere al suo svuotamento ma verificando piuttosto l’affidabilità dell’unica<br />
planimetria edita nella pubblicazione del 1964. Particolare attenzione è stata posta all’area<br />
immediatamente a ridosso dell’unico filare di blocchi conservato, pertinente a un sacello in opera<br />
quadrata, nel punto in cui era stato individuato un deposito votivo di VII sec. a.C. Qui l’intervento<br />
Lo Porto, mirando evidentemente al recupero completo dei materiali, aveva asportato integralmente<br />
la stratigrafia, scavando fino a un livello inferiore al piano di posa dei blocchi, che potrebbero<br />
essere stati addirittura rimossi e riposizionati. A nord e a est della muratura in conci, inoltre, sono<br />
state individuate trincee praticate nel banco argilloso naturale; quelle orientate con il sacello sono<br />
attribuibili allo spoglio di cavi di fondazione i cui blocchi originari devono essere stati asportati in<br />
età post-antica. Al loro interno, infatti, sono stati rinvenuti frammenti litici di rilavorazione e un<br />
rocchio di colonna scanalata in calcare stuccato, di piccole dimensioni, attribuibile a un monumento<br />
a naiskos.<br />
A ovest della struttura in blocchi è stata individuato e correttamente collocato in pianta<br />
l’affioramento della “grotticella-cucina” dell’età del Ferro scoperta nel 1959, sulla quale si è deciso<br />
di non operare in questa campagna. Nonostante le estese esplorazioni precedenti, comunque, è stato<br />
CeC 2012: Contextualising “early Colonisation” Pagina 2