Italiano L'ipnosi: una introduzione psicofisiologica - Cavallaro Evaldo
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Cavallaro E. L’ipnosi: una introduzione psicofisiologica sere «costretta» ad operare nei limiti della razionalità che, come suggerisce la teoria della «esclusione relativa psichica» di Rhodes (1966), diventa semplicemente una delle tante possibili scelte che, in quel momento, l’IO può effettuare. Infatti, come è noto, il contenuto dei sogni può essere anche perfettamente logico e coerente, o contenere sia ingredienti logici che assurdi. Lo stesso vale per i comportamenti in stato emozionale: possono essere perfettamente e totalmente logici, o solo parzialmente logici. E lo stesso vale per il comportamento e il pensiero in stato di ipnosi: il soggetto può rimanere perfettamente logico-razionale, pur in t r a n c e p r o f o n d a , nei riguardi di tutte o solo di alcune delle suggestioni emesse dall’operatore; con possibilità di passare disinvoltamente da una modalità di pensiero e di azione logico-razionale, ad una modalità di pensiero e di azione assolutamente irrazionale; specie quando l’azione è suggerita con suggestioni a forte contenuto emozionale. Ne consegue che, sia pure in misura diversa, il sogno, gli stati emozionali e l’ipnosi utilizzano la stessa modalità di funzionamento mentale: e, quindi, presumibilmente, le stesse strutture anatomo-funzionali. Contrariamente alla credenza popolare, tuttora molto diffusa, che vede la mente del soggetto ipnotizzato totalmente «soggiogata» dall’ipnotizzatore, secondo noi, nello stato di coscienza ipnotico ciò che avviene non è tanto la «messa a disposizione» della mente del soggetto, quanto la messa in moto di un processo di pensiero che la rende particolarmente «plastica» e malleabile. Ma questa plasticità e malleabilità, senz’altro accentuate rispetto al normale stato di veglia, hanno dei limiti ben precisi: tanto che, se l’ipnotizzatore tenta di forzarli, il minimo che succede è il «corto circuito» del rapporto ipnotico e il conseguente, autonomo, risveglio del soggetto con rifiuto di eseguire la prestazione richiesta e, probabilmente, rifiuto ad accettare un qualunque futuro rapporto ipnotico (Erickson, 1982). L’asimmetria strutturale degli emisferi cerebrali Come nella favola orientale dell’elefante toccato in differenti punti del suo corpo da quattro studenti bendati, ognuno dei quali ritiene di cogliere l’intera «natura» dell’elefante, sulla base della percezione di una delle sue molte parti (Shah, 1970), così ogni ricercatore, commenta De Benedittis (1980), ha formulato una differente teoria sulla natura della trance, basandosi su evidenze particolari anziché su una percezione globale. I principali paradigmi sull’ipnosi possono essere distinti in due fondamentali categorie, a seconda che privilegino i correlati «fisiologici» dell’esperienza ipnotica o quelli «psicologici» (Gulotta, 1980; Granone, 1983; De Benedittis, 1980). Allo stato attuale delle conoscenze, dall’altra parte, non è neanche disponibile una ratifica obbiettiva della trance: la cui esistenza è affidata solo alla testimonianza del soggetto ipnotizzato (Barolin, 1968). Caleidoscopio 85
Cavallaro E. L’ipnosi: una introduzione psicofisiologica Come afferma De Benedittis (1980) però, le precedenti acquisizioni in tema di asimmetria strutturale e funzionale degli emisferi cerebrali pongono euristicamente le basi per un nuovo paradigma neuropsicologico dell’ipnosi. Tra i mammiferi, infatti, l’uomo è contraddistinto da una caratteristica che potrebbe forse risultare unica: l’asimmetria strutturale degli emisferi cerebrali nella regione posteriore della superficie superiore del lobo temporale (il cosiddetto planum temporale) che è parte dell’area di Wernicke. Nel 65% dei casi tale zona è più sviluppata a sinistra (Geschwind e Levitsky, 1968; Teszner, 1972; Wada, 1975). Come è noto, con il termine di «dominanza cerebrale» si intende il ruolo predominante di un emisfero sull’altro in rapporto ad una determinata funzione. Tale concetto tende però ad essere sempre più sostituito da quello, più adeguato, di «specializzazione complementare» (Teuber, 1974); anche se Popper ed Eccles (1977), nel loro modello epistemologico, riconoscono all’emisfero sinistro il collegamento con la mente conscia a differenza dell’emisfero destro. Le sperimentazioni a livello percettivo e comportamentale effettuate su pazienti commissurotomizzati (la cosiddetta «sindrome da deconnessione emisferica», effettuate da Sperry e Gazzaniga (1969); ed i risultati della tecnica dell’«ascolto dicotico» descritta da Broadbent (1954) e da Kimura (1967, 1973), hanno ormai dimostrato che ogni emisfero ha una determinata specializzazione, ma che nessuno dei due è competente, da solo, a risolvere l’intero problema. A livello operativo si rende cioè necessaria un’integrazione fra i due emisferi (Ornstein, 1981). Sembra comunque accertato, al di là di ogni dubbio, il coinvolgimento della corteccia emisferica destra nella sfera della emozionalità, tradizionalmente associata alla funzione del sistema limbico; mentre le conseguenze della commissurotomia dimostrano che noi possediamo letteralmente due cervelli, che possono funzionare indipendentemente l’uno dall’altro. Avere due organi indipendenti, ma ambedue capaci di risolvere problemi, comporta il vantaggio operativo di aumentare considerevolmente la risolvibilità di un nuovo problema. L’esistenza di un «doppio cervello» sembrerebbe suggerire che noi siamo biologicamente dotati di due distinte e complementari modalità di elaborazione dell’informazione. Ma è importante sottolineare che ciò che caratterizza la funzione (competenza) emisferica non è tanto il fatto di utilizzare «oggetti» differenti (l’emisfero sinistro le parole, l’emisfero destro le forme spaziali); bensì, come dice Galin (1976), il «diverso stile cognitivo». L’emisfero sinistro è specializzato nel tradurre la percezione, l’immagine del mondo, in un codice logico-analitico attraverso un’intenzionale selezione di distinte unità di informazione (bits), che vengono strutturate secondo un ordine particolare (sintattico) e finalizzate alla comunicazione (Sperry, 1974; Bradshaw, Gates, Patterson, 1976). 86 Caleidoscopio
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<strong>Cavallaro</strong> E. L’ipnosi:<br />
<strong>una</strong> <strong>introduzione</strong> <strong>psicofisiologica</strong><br />
sere «costretta» ad operare nei limiti della razionalità che, come suggerisce la<br />
teoria della «esclusione relativa psichica» di Rhodes (1966), diventa semplicemente<br />
<strong>una</strong> delle tante possibili scelte che, in quel momento, l’IO può effettuare.<br />
Infatti, come è noto, il contenuto dei sogni può essere anche perfettamente<br />
logico e coerente, o contenere sia ingredienti logici che assurdi. Lo stesso<br />
vale per i comportamenti in stato emozionale: possono essere perfettamente<br />
e totalmente logici, o solo parzialmente logici.<br />
E lo stesso vale per il comportamento e il pensiero in stato di ipnosi: il soggetto<br />
può rimanere perfettamente logico-razionale, pur in t r a n c e p r o f o n d a ,<br />
nei riguardi di tutte o solo di alcune delle suggestioni emesse dall’operatore;<br />
con possibilità di passare disinvoltamente da <strong>una</strong> modalità di pensiero e di<br />
azione logico-razionale, ad <strong>una</strong> modalità di pensiero e di azione assolutamente<br />
irrazionale; specie quando l’azione è suggerita con suggestioni a forte<br />
contenuto emozionale.<br />
Ne consegue che, sia pure in misura diversa, il sogno, gli stati emozionali<br />
e l’ipnosi utilizzano la stessa modalità di funzionamento mentale: e, quindi,<br />
presumibilmente, le stesse strutture anatomo-funzionali.<br />
Contrariamente alla credenza popolare, tuttora molto diffusa, che vede la<br />
mente del soggetto ipnotizzato totalmente «soggiogata» dall’ipnotizzatore,<br />
secondo noi, nello stato di coscienza ipnotico ciò che avviene non è tanto la<br />
«messa a disposizione» della mente del soggetto, quanto la messa in moto di<br />
un processo di pensiero che la rende particolarmente «plastica» e malleabile.<br />
Ma questa plasticità e malleabilità, senz’altro accentuate rispetto al normale<br />
stato di veglia, hanno dei limiti ben precisi: tanto che, se l’ipnotizzatore<br />
tenta di forzarli, il minimo che succede è il «corto circuito» del rapporto ipnotico<br />
e il conseguente, autonomo, risveglio del soggetto con rifiuto di eseguire<br />
la prestazione richiesta e, probabilmente, rifiuto ad accettare un qualunque<br />
futuro rapporto ipnotico (Erickson, 1982).<br />
L’asimmetria strutturale degli emisferi cerebrali<br />
Come nella favola orientale dell’elefante toccato in differenti punti del suo<br />
corpo da quattro studenti bendati, ognuno dei quali ritiene di cogliere l’intera<br />
«natura» dell’elefante, sulla base della percezione di <strong>una</strong> delle sue molte<br />
parti (Shah, 1970), così ogni ricercatore, commenta De Benedittis (1980), ha<br />
formulato <strong>una</strong> differente teoria sulla natura della trance, basandosi su evidenze<br />
particolari anziché su <strong>una</strong> percezione globale.<br />
I principali paradigmi sull’ipnosi possono essere distinti in due fondamentali<br />
categorie, a seconda che privilegino i correlati «fisiologici» dell’esperienza<br />
ipnotica o quelli «psicologici» (Gulotta, 1980; Granone, 1983; De Benedittis, 1980).<br />
Allo stato attuale delle conoscenze, dall’altra parte, non è neanche disponibile<br />
<strong>una</strong> ratifica obbiettiva della trance: la cui esistenza è affidata solo alla<br />
testimonianza del soggetto ipnotizzato (Barolin, 1968).<br />
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