Italiano L'ipnosi: una introduzione psicofisiologica - Cavallaro Evaldo

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22.05.2013 Views

Cavallaro E. L’ipnosi: una introduzione psicofisiologica quotidiana verranno così soltanto accennati in quanto ritenuti già noti e dati quindi per «scontati». La nostra attenzione verrà invece indirizzata ai fatti fisiologici, cercando di dimostrare come l’ipnosi, lungi dall’essere un qualcosa di magico o soprannaturale, o anche semplicemente uno stato «alterato» (Erickson e Rossi, 1985), sia invece uno stato di coscienza assolutamente «naturale», anche se «particolare»; anzi, addirittura, uno stato psicofisico tale da rendere l’organismo capace di accedere alla totalità delle sue risorse, sia somatiche che mentali. Al pari di tutti gli altri stati di coscienza, l’ipnosi rappresenta, infatti, a nostro avviso, uno specifico strumento biologicamente adattativo, estremamente efficace per rimanere in qualunque circostanza perfettamente padroni delle proprie risposte emozionali. Superata ormai la fase magica di interpretazione dei fenomeni ipnotici, e rivelatesi per molti versi insoddisfacenti tutte le ipotesi a base puramente psicologica, è proprio sul versante neurofisiologico che si va oggi delineando una spiegazione più attendibile della complessa realtà ipnotica. Riteniamo infatti che l’«ipnotismo», cioè quell’insieme di tecniche più o meno empiriche che producono il fenomeno «ipnosi», possa a buon diritto inquadrarsi in una disciplina che potremmo ormai definire «Ipnologia», o, alla Braid, «Neuroipnologia»: la cui specificazione operativa potrebbe essere lo studio dell’impiego, ovviamente non traumatico, di quegli stessi meccanismi emozionali attraverso i quali l’animale è in grado di modificarsi rapidamente per realizzare le migliori condizioni di sopravvivenza. Come d’altra parte rileva anche Venturini (1973), i contributi della psicologia reflessologica e comportamentistica ed i progressi della neurobiologia stanno oggi determinando una sempre più marcata fisiologizzazione della psicologia nelle sue varie branche: dall’apprendimento alla memoria, dai disturbi psicosomatici al sonno, dagli stati «alterati» agli stati «particolari» di coscienza, di cui forse l’ipnosi rappresenta uno dei più affascinanti ed ancora misteriosi. Uno studio scientifico di questa complessa realtà sarebbe infatti oggi inconcepibile, senza le fondamentali acquisizioni fisiologiche sui riflessi condizionati, sulla biochimica cerebrale, sulla sostanza reticolare, sul sistema neurovegetativo, sugli psicofarmaci ecc. L’approccio psicofisico alle basi del comportamento sta d’altra parte cominciando a trovare ampie possibilità applicative nei campi più svariati: dall’igiene mentale all’adattamento all’uomo dell’ambiente di lavoro; dalla vita sessuale all’età senile; dalle malattie da stress alla terapia e modificazione del comportamento ecc. (Venturini, 1973). In tale contesto l’ipnosi si sta rivelando, sul piano pragmatico, uno strumento non solo efficiente, ma talmente flessibile da risultare realmente uno strumento a misura d’uomo; capace di modificare non solo i processi di pensiero, ma anche i processi più squisitamente organici partendo dalla mente Caleidoscopio 7

Cavallaro E. L’ipnosi: una introduzione psicofisiologica stessa: proprio come se l’ipnosi fosse l’anello di congiunzione psicosomatico che tutta la tradizione filosofica e scientifica va da millenni cercando. Cionostante, dato che i suoi reali meccanismi d’azione a livello neurofisiologico rimangono tuttora non completamente chiariti, c’è chi ancora dubita che un qualcosa definibile come «Ipnosi» esista effettivamente (Barber, 1972). Un primo sguardo sul fenomeno ipnosi Il termine «ipnosi», coniato da Braid (1843) è nato dall’equivoco che lo stato ipnotico sia una specie di sonno artificiale (dal greco ipnòs=sonno). Ma questo stato di sonno è solo una delle possibili manifestazioni dell’ipnosi. In realtà il soggetto, sebbene sia fisicamente più rilassato e, normalmente, con gli occhi chiusi, durante la trance ipnotica è molto piú vigile che nello stato di veglia: la sua attenzione è però concentrata sul rapporto (al limite anche non verbale) con l’ipnotizzatore. In sostanza si produce lo stesso fenomeno che avviene quando siamo totalmente presi dallo studio, o dalla lettura, o dalla visione di un film appassionante: non perdiamo affatto la coscienza di ciò che avviene intorno a noi; diminuisce, però, la nostra «disponibilità» (attenzione, non la nostra «capacità») a percepirlo. E questo avviene perché la nostra mente, per motivi che sono ancora ignoti, ma che sono certamente basati anche su dinamiche emozionali (Granone, 1979), preferisce concentrare la sua attenzione sul rapporto con l’ipnotizzatore piuttosto che lasciarsi coinvolgere o distrarre da altri stimoli. Quindi, l’ipnotizzato continuerà a rimanere in sintonia con l’ipnologo fintantoché questi lo desideri, o non cerchi di indurre il soggetto ad un comportamento inaccettabile. È infatti falso e scientificamente non provato che, attraverso l’ipnosi, si possa plagiare qualcuno o indurlo a commettere atti contrari alla sua morale o alla sua volontà: se l’ipnologo ci provasse, il soggetto molto semplicemente non eseguirebbe l’ordine impartito; o potrebbe addirittura decidere di «svegliarsi»; rifiutando in tal modo, implicitamente, di proseguire nel rapporto ipnotico (Erickson, 1939). Nello stato di ipnosi, infatti, non viene assolutamente annullata la volontà del soggetto: ciò che avviene è solo la messa a disposizione (più o meno totale a seconda della profondità della t r a n c e) dell’attenzione dell’ipnotizzato verso quanto suggerito dall’ipnologo. In sostanza cioè, è come se il soggetto concedesse all’ipnologo un’udienza privilegiata, prestando la massima attenzione a quanto propostogli, ma conservando totalmente la sua libertà di fare o non fare quanto richiesto: esattamente come tutti noi faremmo, anche da svegli, con una persona che non ci possiamo rifiutare di ascoltare, e che ci faccia una proposta qualsiasi. 8 Caleidoscopio

<strong>Cavallaro</strong> E. L’ipnosi:<br />

<strong>una</strong> <strong>introduzione</strong> <strong>psicofisiologica</strong><br />

quotidiana verranno così soltanto accennati in quanto ritenuti già noti e dati<br />

quindi per «scontati». La nostra attenzione verrà invece indirizzata ai fatti fisiologici,<br />

cercando di dimostrare come l’ipnosi, lungi dall’essere un qualcosa<br />

di magico o soprannaturale, o anche semplicemente uno stato «alterato»<br />

(Erickson e Rossi, 1985), sia invece uno stato di coscienza assolutamente «naturale»,<br />

anche se «particolare»; anzi, addirittura, uno stato psicofisico tale da<br />

rendere l’organismo capace di accedere alla totalità delle sue risorse, sia somatiche<br />

che mentali.<br />

Al pari di tutti gli altri stati di coscienza, l’ipnosi rappresenta, infatti, a<br />

nostro avviso, uno specifico strumento biologicamente adattativo, estremamente<br />

efficace per rimanere in qualunque circostanza perfettamente padroni<br />

delle proprie risposte emozionali.<br />

Superata ormai la fase magica di interpretazione dei fenomeni ipnotici, e<br />

rivelatesi per molti versi insoddisfacenti tutte le ipotesi a base puramente<br />

psicologica, è proprio sul versante neurofisiologico che si va oggi delineando<br />

<strong>una</strong> spiegazione più attendibile della complessa realtà ipnotica.<br />

Riteniamo infatti che l’«ipnotismo», cioè quell’insieme di tecniche più o<br />

meno empiriche che producono il fenomeno «ipnosi», possa a buon diritto<br />

inquadrarsi in <strong>una</strong> disciplina che potremmo ormai definire «Ipnologia», o,<br />

alla Braid, «Neuroipnologia»: la cui specificazione operativa potrebbe essere<br />

lo studio dell’impiego, ovviamente non traumatico, di quegli stessi meccanismi<br />

emozionali attraverso i quali l’animale è in grado di modificarsi rapidamente<br />

per realizzare le migliori condizioni di sopravvivenza.<br />

Come d’altra parte rileva anche Venturini (1973), i contributi della psicologia<br />

reflessologica e comportamentistica ed i progressi della neurobiologia<br />

stanno oggi determinando <strong>una</strong> sempre più marcata fisiologizzazione della<br />

psicologia nelle sue varie branche: dall’apprendimento alla memoria, dai<br />

disturbi psicosomatici al sonno, dagli stati «alterati» agli stati «particolari» di<br />

coscienza, di cui forse l’ipnosi rappresenta uno dei più affascinanti ed ancora<br />

misteriosi.<br />

Uno studio scientifico di questa complessa realtà sarebbe infatti oggi inconcepibile,<br />

senza le fondamentali acquisizioni fisiologiche sui riflessi condizionati,<br />

sulla biochimica cerebrale, sulla sostanza reticolare, sul sistema neurovegetativo,<br />

sugli psicofarmaci ecc.<br />

L’approccio psicofisico alle basi del comportamento sta d’altra parte cominciando<br />

a trovare ampie possibilità applicative nei campi più svariati:<br />

dall’igiene mentale all’adattamento all’uomo dell’ambiente di lavoro; dalla<br />

vita sessuale all’età senile; dalle malattie da stress alla terapia e modificazione<br />

del comportamento ecc. (Venturini, 1973).<br />

In tale contesto l’ipnosi si sta rivelando, sul piano pragmatico, uno strumento<br />

non solo efficiente, ma talmente flessibile da risultare realmente uno<br />

strumento a misura d’uomo; capace di modificare non solo i processi di pensiero,<br />

ma anche i processi più squisitamente organici partendo dalla mente<br />

Caleidoscopio<br />

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