Italiano L'ipnosi: una introduzione psicofisiologica - Cavallaro Evaldo

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Cavallaro E. L’ipnosi: una introduzione psicofisiologica maniera, il sistema limbico sia implicato nel determinismo e, soprattutto, nel «pilotaggio», dei fenomeni ipnotici (Kroger, 1977). D’altra parte, una delle teorie psicologiche dell’ipnosi sostiene che, nella trance, la mente funziona ad un livello arcaico, con prevalenza di forma di pensiero primario e con tendenza ad agire immediatamente i vissuti emozionali: tutto ciò si inquadra perfettamente nell’ipotesi che l’ipnosi rappresenti una modalità di funzionamento della nostra mente (e del nostro corpo) avente specifiche finalità adattative in situazioni di emergenza: nelle quali il rapido cambiamento dei parametri fisiologico-comportamentali (e quindi mentali) è un requisito essenziale per aumentare le possibilità di sopravvivenza dell’individuo. Come è stato ormai ampiamente dimostrato, la risposta vegetativa, mediata dal sistema nervoso simpatico e risultante in alterazioni della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, della conducibilità elettrica della pelle, o della motilità gastrointestinale, si differenzia significativamente a seconda dell’elaborazione cognitiva del soggetto, sfociando in manifestazioni somatiche caratteristiche. Possiamo addirittura dire che, quando il soggetto non è in grado di elaborare cognitivamente e subito uno stimolo, o è in un contesto di esplorazione attiva dell’ambiente, abbiamo una risposta bradicardica: mentre quando il soggetto esercita una elaborazione cognitiva dello stimolo, o è esposto a stimoli che sente minacciosi, abbiamo una risposta tachicardica (Cosentino, Fanella, Gentili, Grossi, Lacerenza e Reitano, 1984). E, tutto ciò, indipendentemente dal fatto che lo stimolo sia effettivamente minaccioso o pericoloso. D’altra parte, proprio perché è indiscutibile che le elaborazioni cognitive sono in grado di alterare significativamente le risposte fisiologiche, si comprende facilmente come l’ipnosi, impiegata come strumento terapeutico, possa facilmente e rapidamente modificare la funzionalità somatica con interventi che, al profano, possono sembrare miracolosi (o frutto di impostura!). L’ipnosi rappresenta infatti, innanzitutto, una forma di relazione interpersonale e, quindi, di comunicazione psichica, in cui l’operatore ha il potere di «proporre» (non certo di «imporre») al soggetto uno schema della realtà che, da questi, verrà elaborato in maniera più o meno acritica, a seconda della profondità della trance. 0, per meglio dire, il soggetto, nel valutare cognitivamente le suggestioni dell’operatore, non si troverà bloccato esclusivamente all’interno della logica razionale tipica del normale stato di veglia. In sostanza, l’ipnotizzatore è in grado di modellare sia i contenuti cognitivi, sia, soprattutto, gli schemi elaborativi dei messaggi presentati al soggetto. In tal modo egli influenzerà (fino eventualmente a produrle) non solo le nuove risposte fisiologiche del soggetto, ma proporrà nuovi e più produttivi modelli comportamentali futuri al soggetto stesso: permettendogli, attraverso il cosiddetto «ricalco anticipato» (Bandler e Grinder, 1983) di progettarsi Caleidoscopio 59

Cavallaro E. L’ipnosi: una introduzione psicofisiologica un nuovo modello di esistenza e di reazione a stimoli sgradevoli, o dolorosi, o inefficienti. L’ipnosi rappresenta, infatti, la dimostrazione reale dell’influenza o, meglio, dell’interdipendenza, del somatico dallo psichico. Tecniche induttive puramente corporee modificano infatti il funzionamento della mente, innescando la cosiddetta «logica della trance»; e manovre puramente verbali, quindi psichiche, possono innescare una reattività fisiologica esasperata, pur mancando completamente una causa esterna materiale. D’altra parte, riprendendo la correlazione fra ipnosi e stati emozionali, è un dato di fatto che ogni emozione presenta, indipendentemente dalla sua specificità, caratteristiche psicosomatiche comuni, anche se di varia complessità. La sua specifica intensità, poi, fa sì che ogni emozione venga vissuta con una carica di affettività peculiare: in pratica la persona emozionata si sente come preda e come sopraffatta da uno stato di coscienza intensissimo (livello di arousal massimo), eppure povero di contenuti percettivi ed ideativi autonomi: al punto da risultare assurdamente influenzabile. È esattamente ciò che accade anche nell’ipnosi. Come in una condizione intensamente emozionale, quale potrebbe essere il panico per un incendio, la persona tende ad «agire» acriticamente il primo messaggio che riceve (ad esempio «Buttiamoci dalle finestre!») indipendentemente dalla verifica logica e da un esame di realtà delle possibili conseguenze di tale comportamento; così, nell’ipnosi, il soggetto «tende ad agire», o per lo meno diventa più disponibile, qualunque messaggio gli arrivi dall’operatore. E’ come se, per dirla alla Musatti, si fossero verificate delle brecce nella compattezza, coerenza, continuità, connessione della struttura d’insieme delle percezioni dei rapporti a doppio senso fra l’Io del soggetto e la realtà da questi costruita su sollecitazioni dell’ipnotizzatore. L’ipnotizzatore è, infatti, l’artefice ed il pilota o della depressione dell’arousal (tecniche verbali e strumentali), o dell’intensificazione dell’arousal (tecniche dinamiche non verbali). Ipnosi ed inibizione dell’ azione Riagganciandosi a Mac Lean (1970), secondo il quale il cervello umano sarebbe il risultato delle stratificazioni successive di tre diversi cervelli, corrispondenti ed altrettante tappe evolutive, Laborit (1979) ha sviluppato la sua «teoria dell’inibizione dell’azione» che presenta, a nostro avviso, interessanti implicazioni per la comprensione anche del fenomeno ipnosi. Secondo Mac Lean il cervello primitivo, già presente nei rettili (tronco ed ipotalamo) sarebbe responsabile dei comportamenti puramente istintivi, innati e rigidi. La sua successiva evoluzione avrebbe poi portato allo sviluppo del sistema limbico, comparso con i primi mammiferi, il quale permette invece non 60 Caleidoscopio

<strong>Cavallaro</strong> E. L’ipnosi:<br />

<strong>una</strong> <strong>introduzione</strong> <strong>psicofisiologica</strong><br />

maniera, il sistema limbico sia implicato nel determinismo e, soprattutto, nel<br />

«pilotaggio», dei fenomeni ipnotici (Kroger, 1977).<br />

D’altra parte, <strong>una</strong> delle teorie psicologiche dell’ipnosi sostiene che, nella<br />

trance, la mente funziona ad un livello arcaico, con prevalenza di forma di<br />

pensiero primario e con tendenza ad agire immediatamente i vissuti emozionali:<br />

tutto ciò si inquadra perfettamente nell’ipotesi che l’ipnosi rappresenti<br />

<strong>una</strong> modalità di funzionamento della nostra mente (e del nostro corpo)<br />

avente specifiche finalità adattative in situazioni di emergenza: nelle quali il<br />

rapido cambiamento dei parametri fisiologico-comportamentali (e quindi<br />

mentali) è un requisito essenziale per aumentare le possibilità di sopravvivenza<br />

dell’individuo.<br />

Come è stato ormai ampiamente dimostrato, la risposta vegetativa, mediata<br />

dal sistema nervoso simpatico e risultante in alterazioni della frequenza<br />

cardiaca, della pressione arteriosa, della conducibilità elettrica della pelle, o<br />

della motilità gastrointestinale, si differenzia significativamente a seconda<br />

dell’elaborazione cognitiva del soggetto, sfociando in manifestazioni somatiche<br />

caratteristiche.<br />

Possiamo addirittura dire che, quando il soggetto non è in grado di elaborare<br />

cognitivamente e subito uno stimolo, o è in un contesto di esplorazione<br />

attiva dell’ambiente, abbiamo <strong>una</strong> risposta bradicardica: mentre quando il<br />

soggetto esercita <strong>una</strong> elaborazione cognitiva dello stimolo, o è esposto a stimoli<br />

che sente minacciosi, abbiamo <strong>una</strong> risposta tachicardica (Cosentino, Fanella,<br />

Gentili, Grossi, Lacerenza e Reitano, 1984).<br />

E, tutto ciò, indipendentemente dal fatto che lo stimolo sia effettivamente<br />

minaccioso o pericoloso.<br />

D’altra parte, proprio perché è indiscutibile che le elaborazioni cognitive<br />

sono in grado di alterare significativamente le risposte fisiologiche, si comprende<br />

facilmente come l’ipnosi, impiegata come strumento terapeutico,<br />

possa facilmente e rapidamente modificare la funzionalità somatica con interventi<br />

che, al profano, possono sembrare miracolosi (o frutto di impostura!).<br />

L’ipnosi rappresenta infatti, innanzitutto, <strong>una</strong> forma di relazione interpersonale<br />

e, quindi, di comunicazione psichica, in cui l’operatore ha il potere di<br />

«proporre» (non certo di «imporre») al soggetto uno schema della realtà che,<br />

da questi, verrà elaborato in maniera più o meno acritica, a seconda della<br />

profondità della trance. 0, per meglio dire, il soggetto, nel valutare cognitivamente<br />

le suggestioni dell’operatore, non si troverà bloccato esclusivamente<br />

all’interno della logica razionale tipica del normale stato di veglia.<br />

In sostanza, l’ipnotizzatore è in grado di modellare sia i contenuti cognitivi,<br />

sia, soprattutto, gli schemi elaborativi dei messaggi presentati al soggetto.<br />

In tal modo egli influenzerà (fino eventualmente a produrle) non solo le<br />

nuove risposte fisiologiche del soggetto, ma proporrà nuovi e più produttivi<br />

modelli comportamentali futuri al soggetto stesso: permettendogli, attraverso<br />

il cosiddetto «ricalco anticipato» (Bandler e Grinder, 1983) di progettarsi<br />

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