Italiano L'ipnosi: una introduzione psicofisiologica - Cavallaro Evaldo
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Cavallaro E. L’ipnosi: una introduzione psicofisiologica Rimanendo all’interno della metafora l’ipnosi rappresenterebbe la posizione del cambio «in folle»: cioè in una condizione in cui tutto è possibile (addormentarsi, sognare, agire, rilassarsi, emozionarsi); ma nella quale, proprio perché tutto è possibile, niente viene concretamente fatto fin quando non si ingrana una marcia qualsiasi. Per ingranare la marcia e, quindi, per dare un senso ed una consistenza all’azione, è pertanto necessario un operatore esterno: l’ipnotizzatore nel caso della eteroipnosi; la mente razionale del soggetto stesso, previo un adeguato allenamento, nel caso dell ‘autoipnosi. Non dimentichiamo infatti che, in assenza di un programma predeterminato (dal soggetto stesso nel caso dell’autoipnosi, o suggerito dall’ipnotizzatore nel caso della eteroipnosi), il soggetto ipnotizzato sospende senz’altro l’azione e, molto spesso, anche il pensiero cosciente. D’altra parte, come è noto, l’ipnosi è una condizione psicofisica che, se non alimentata, cessa spontaneamente; commutandosi nella veglia o nel sonno: cioè nei due stati di coscienza fondamentali (che costituiscono, a loro volta, il supporto rispettivamente delle emozioni e dei sogni). A proposito di «programmi» o meglio di «piani e strutture» del comportamento, Miller, Galanter e Pribram (1960) hanno elaborato l’ormai famoso concetto operativo del TOTE (test-operate test-exit) per evidenziare i collegamenti fra le cosiddette «immagini» (sostanzialmente il retroterra esperienziale) ed i cosiddetti «piani» (sostanzialmente un processo a struttura gerarchica che controlla l’ordine con cui una sequenza di operazioni può, e deve, essere eseguita). Il concetto di TOTE, che incorpora la fondamentale nozione di retroazione (feedback) diventa così una base esplicativa del comportamento finalizzato, quindi, specificamente umano, fondamentalmente diversa dalle spiegazioni basate sul concetto di «arco riflesso». Il fenomeno ipnosi, secondo Miller, Galanter e Pribram (1960), si avrebbe quindi in conseguenza del fatto che il soggetto ipnotizzato si trova in una condizione operativa di sospensione della produzione dei piani del comportamento: ragion per cui, non avendo a disposizione un proprio piano da eseguire (e «dovendo» eseguire un qualche piano, altrimenti entrerebbe nello stato di sonno fisiologico) il soggetto ipnotizzato trova «naturale» eseguire il piano comportamentale proposto dall’ipnotizzatore—per quanto assurdo esso sia—per il semplice fatto che, almeno durante lo stato ipnotico (che a questo punto sarebbe meglio definire «rapporto ipnotico»), quel piano è l’unico che egli ha a disposizione. Per quanto non manchino autorevoli fonti contrarie all’ipotesi del TOTE (Kroger, 1977), questo modello ci sembra che fornisca una eccellente base per spiegarsi una quantità di meccanismi implicati sia nell’ipnosi, sia in altre rilevanti aree del comportamento. Caleidoscopio 47
Cavallaro E. L’ipnosi: una introduzione psicofisiologica Ulteriori considerazioni neurofisiologiche A livello elettroneurofisiologico, in particolare, Ravitz (1950, 1959) si è sforzato di trovare una possibile base neuronale all’ipnosi: credendo di individuarne una specifica significatività biologica come risultato dell’interazione di campi di forza di natura elettrica. Secondo questa ipotesi l’ipnosi si distinguerebbe dal sonno per l’insorgenza di caratteristici cambiamenti nei campi di forza, pur mantenendosi una conformazione dei tracciati EEG sostanzialmente analoga a quella tipica dello stato di veglia. Ravitz avrebbe anche evidenziato cambiamenti nei potenziali elettrici rilevabili al momento della commutazione dalla veglia all’ipnosi ed al termine dello stato ipnotico; analoghi risultati sono stati raggiunti da Pinelli (1959). Da tutte queste considerazioni ci sembra di poter condividere pienamente l’affermazione di Kubie (1961) secondo cui l’ipnosi è al crocevia di tutti i livelli organizzativi, sia fisiologici che psicologici: e che, una volta compreso il fenomeno ipnosi, avremo a disposizione migliori strumenti per comprendere sia il sonno che la veglia normali, sia il complesso dinamismo esistente fra processi psicofisiologici normali, nevrotici e psicotici. In conclusione, questo stato di «selettivamente modificata consapevolezza sensoriale», come Koger (1977) definisce l’ipnosi, sembra mediato sia da esterocettori (le percezioni esterne veicolate dalle procedure induttive); che da interocettori (i segnali di congruenza e di verifica legati ai processi interni di pensiero); e da propriocettori (la posizione del corpo, elettivamente diversa a seconda che la tecnica induttiva sia di tipo verbale-rilassante o non verbale-stressante). Durante l’ipnosi alcuni segnali verrebbero selezionati in modo da ottenere un’amplificazione finalizzata ad un innalzamento dell’attivazione (arousal); mentre tutti gli altri inputs sensoriali, non importanti ai fini della situazione ipnotica, verrebbero in qualche modo messi in ombra, attenuati, fino alla loro apparente esclusione. Diciamo «apparente» eliminazione perché recenti studi sperimentali sulla sordità, cecità ed anestesia ipnoticamente indotte (Barber, Spanos e Chaves, 1980; Erickson, 1983) hanno dato risultati contraddittori. Sembra infatti che, più che la percezione sensoriale, quello che viene bloccato è la normale risposta motoria allo stimolo. In sostanza il soggetto ipnotizzato, più che «essere diventato» sordo, cieco o insensibile, si comporterebbe «come se» fosse sordo, cieco o insensibile. Nella sua essenza, quindi, l’ipnosi sembra favorire una riorganizzazione selettiva di una certa quantità di stimoli—risposta (al limite tutti, ma ne basta anche uno solo) in modo da ristrutturare il complesso comportamentale del soggetto al fine di eliminare tutte quelle reazioni automatiche indesiderate o non adattive. Come è noto, il principale sito interattivo fra Sistema Nervoso Centrale 48 Caleidoscopio
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<strong>Cavallaro</strong> E. L’ipnosi:<br />
<strong>una</strong> <strong>introduzione</strong> <strong>psicofisiologica</strong><br />
Ulteriori considerazioni neurofisiologiche<br />
A livello elettroneurofisiologico, in particolare, Ravitz (1950, 1959) si è<br />
sforzato di trovare <strong>una</strong> possibile base neuronale all’ipnosi: credendo di individuarne<br />
<strong>una</strong> specifica significatività biologica come risultato dell’interazione<br />
di campi di forza di natura elettrica.<br />
Secondo questa ipotesi l’ipnosi si distinguerebbe dal sonno per l’insorgenza<br />
di caratteristici cambiamenti nei campi di forza, pur mantenendosi<br />
<strong>una</strong> conformazione dei tracciati EEG sostanzialmente analoga a quella tipica<br />
dello stato di veglia. Ravitz avrebbe anche evidenziato cambiamenti nei potenziali<br />
elettrici rilevabili al momento della commutazione dalla veglia all’ipnosi<br />
ed al termine dello stato ipnotico; analoghi risultati sono stati raggiunti<br />
da Pinelli (1959).<br />
Da tutte queste considerazioni ci sembra di poter condividere pienamente<br />
l’affermazione di Kubie (1961) secondo cui l’ipnosi è al crocevia di tutti i livelli<br />
organizzativi, sia fisiologici che psicologici: e che, <strong>una</strong> volta compreso il<br />
fenomeno ipnosi, avremo a disposizione migliori strumenti per comprendere<br />
sia il sonno che la veglia normali, sia il complesso dinamismo esistente<br />
fra processi psicofisiologici normali, nevrotici e psicotici.<br />
In conclusione, questo stato di «selettivamente modificata consapevolezza<br />
sensoriale», come Koger (1977) definisce l’ipnosi, sembra mediato sia da<br />
esterocettori (le percezioni esterne veicolate dalle procedure induttive); che<br />
da interocettori (i segnali di congruenza e di verifica legati ai processi interni<br />
di pensiero); e da propriocettori (la posizione del corpo, elettivamente diversa<br />
a seconda che la tecnica induttiva sia di tipo verbale-rilassante o non verbale-stressante).<br />
Durante l’ipnosi alcuni segnali verrebbero selezionati in modo da ottenere<br />
un’amplificazione finalizzata ad un innalzamento dell’attivazione (arousal);<br />
mentre tutti gli altri inputs sensoriali, non importanti ai fini della situazione<br />
ipnotica, verrebbero in qualche modo messi in ombra, attenuati, fino alla<br />
loro apparente esclusione. Diciamo «apparente» eliminazione perché recenti<br />
studi sperimentali sulla sordità, cecità ed anestesia ipnoticamente indotte<br />
(Barber, Spanos e Chaves, 1980; Erickson, 1983) hanno dato risultati contraddittori.<br />
Sembra infatti che, più che la percezione sensoriale, quello che viene<br />
bloccato è la normale risposta motoria allo stimolo.<br />
In sostanza il soggetto ipnotizzato, più che «essere diventato» sordo, cieco<br />
o insensibile, si comporterebbe «come se» fosse sordo, cieco o insensibile.<br />
Nella sua essenza, quindi, l’ipnosi sembra favorire <strong>una</strong> riorganizzazione<br />
selettiva di <strong>una</strong> certa quantità di stimoli—risposta (al limite tutti, ma ne<br />
basta anche uno solo) in modo da ristrutturare il complesso comportamentale<br />
del soggetto al fine di eliminare tutte quelle reazioni automatiche indesiderate<br />
o non adattive.<br />
Come è noto, il principale sito interattivo fra Sistema Nervoso Centrale<br />
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