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Promuovere il benessere a scuola

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Le parole di René Dubos con cui ho inteso iniziare l’intervento sono tratte<br />

da un suo scritto intitolato “Il miraggio della salute” e sono l’espressione<br />

più convincente del fatto che lo stress e l’ansia che lo determina non<br />

può essere eliminato, proprio perché la nostra vita è fatta di azioni e di<br />

impegni che portano necessariamente a stimolare le nostre emozioni. Il<br />

problema è capire quanta esposizione allo stress subiamo, quanta capacità<br />

di sopportazione e/o di forza residua abbiamo nel nostro potenziale di<br />

reazione e quanto siamo emotivamente coinvolti nell’evento che ci impegna.<br />

Proviamo prima di tutto a dare una definizione di stress e per questo ricorriamo<br />

a quanto è stato scritto nell’accordo europeo siglato dalle parti<br />

sociali l’8 ottobre del 2004, perché quel documento è divenuto, anche per<br />

lo Stato Italiano, un punto di riferimento del tessuto giuridico che ha contribuito<br />

a costruire <strong>il</strong> D.lgs N° 81 del 2008 che detta le regole per la sicurezza<br />

dei luoghi di lavoro comprensivo della prevenzione delle patologie<br />

stress lavoro correlate. L’accordo europeo nell’articolo n°1 definisce cos’è<br />

lo stress: “Lo stress è una condizione che può essere accompagnata da<br />

disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza<br />

del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere<br />

alle richieste o alle aspettative riposte in loro”. Quindi viene<br />

definito che lo stress può incidere in modo determinato sulla gestione dell’attività<br />

di vita e specificatamente dell’attività lavorativa. Questa affermazione,<br />

anche se potrebbe sembrare quasi ovvia per la sua semplicità<br />

espressiva, nel momento che è scritta su un accordo tra le parti sociali,<br />

sancisce definitivamente che la condizione di stress può essere causa di<br />

malattia che influenza le nostre capacità di performance lavorative. Fino<br />

alla firma di quell’accordo le patologie riconosciute come conseguenza<br />

dell’attività lavorativa erano solo quelle che avevano una stretta e riconosciuta<br />

correlazione diagnostica tra l’esposizione nociva e l’insorgenza<br />

patologica. Gli esempi possono essere molti come ad esempio l’esposizione<br />

alle polveri e l’insorgenza del tumore del mesotelioma, oppure la rumorosità<br />

in un ambiente e l’insorgenza di disturbi nell’apparato uditivo etc.<br />

etc., ovvero in tutti quei casi di patologie organiche dove la ricerca aveva<br />

dimostrato in modo inconfutab<strong>il</strong>e l’esistenza di una causalità certa.<br />

L’accordo europeo per la prima volta riconosce che i soggetti possono<br />

anche soffrire di disturbi che hanno un’eziopatogenesi di natura psicologica,<br />

anche se la correlazione tra la dimensione lavoro e la sintomatologia<br />

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