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La diagnosi di sindrome di Gitelman piuttosto che di Bartter è favorita dall’assenza di poliuria importante o della tendenza alla disidratazione e dalla presenza di ipocalciuria e/o ipomagnesiemia. Dalla letteratura si evince che i test emodinamici effettuati mediante somministrazione di diuretici possono essere utili nella diagnosi di sindrome di Gitelman. Nella nostra paziente abbiamo effettuato il test con idroclorotiazide. Sono stati somministrati 25 mg di idroclorotiazide. Abbiamo calcolato, prima e dopo la somministrazione del diuretico, osmolarità plasmatica ed urinaria, flusso urinario, clearance dell’acqua libera, clearance del cloro e frazione distale riassorbita del cloro. La somministrazione di idroclorotiazide non determinava modificazioni significative della clearance dell’acqua (0.58 vs 0.68 ml/min) e della clearance del cloro (0.8 vs 0.5 ml/min) e analogamente della frazione riassorbita di cloro (40 vs 50 %). Lo scarso effetto della somministrazione di idroclorotiazide può essere spiegato con una ridotta funzionalità del cotrasportatore Na+Cl- normalmente sensibile ai tiazidici nel tubulo contorto distale. La sindrome di Gitelman è caratterizzata da un ridotto effetto dei diuretici tiazidici ma non dei diuretici dell’ansa. Nel nostro caso abbiamo anche effettuato il test con furosemide, risultato nella norma, per confermare la diagnosi. Pertanto la nostra paziente veniva dimessa con diagnosi di sindrome di Gitelman e consigliata terapia con risparmiatori di potassio e supplementazione di magnesio. Dopo due mesi di terapia, il controllo clinico-strumentale evidenziava normalizzazione delle anomalie riscontrate ed assenza di sintomi. La pressione arteriosa era 110/70 mmHg. 61
62 Discorso sul metodo: il medico pratico e lo scienziato Discourse on method: the clinician and the scientist F. Enia Direttore UO Cardiologia II, AO “V. Cervello”, Palermo © 2003 ANCE Ricevuto il 6 settembre 2003; accettato il 29 ottobre 2003. Corresponding author: Francesco Enia Via F. Liszt 47 - 90145 Palermo Tel. 091 6802694, E-mail fenia@tin.it C’è un’idea diffusa in medicina: il termine “scienziato” spetta al solo medico di laboratorio ma non al “clinico”, il medico pratico cioè che sta accanto al malato. La vera scienza sarebbe effettuata soltanto nel laboratorio; il clinico si limiterebbe ad applicare questa scienza proveniente dal laboratorio. Questa idea è sbagliata. Il clinico, stando al fianco del malato e servendosi del metodo ipotetico-deduttivo, opera un lavoro scientifico, un vero e proprio esperimento che non è di secondo piano rispetto a quello proveniente dal laboratorio. There is an ambiguous idea in medicine today: the clinical work may not be considered as a scientific work. The true science is performed in laboratories. So the clinical works are often dismissed as a mere application of the basic science studied in the investigator’s laboratories. I think it is a wrong idea. A clinician performs experiments in his routine activity treating sick people. The experiments of bedside and laboratory differ in their materials and modes of inception but not in their basic intellectual construction, that is hypothetical-deductive method. (It J Practice Cardiol 2003;1:62-65) Una premessa: uso il termine “clinico” come sinonimo di “medico (o cardiologo) pratico”, di colui cioè che sta accanto al malato, accanto al suo letto; uso il termine di “scienziato” come sinonimo di “medico del laboratorio”, addetto cioè alle tecnologie più o meno raffinate. L’assunto dello scritto è il seguente: definire col termine “scienziato” il solo medico di laboratorio costituisce una usurpazione; anche il clinico può essere ascritto con pieno diritto alla classe degli scienziati. L’origine di questa usurpazione è lontana nel tempo. Quando, soprattutto nel corso degli ultimi due secoli, alcuni clinici si sono spostati dalla corsia al laboratorio ne sono derivate due conseguenze rilevanti: 1. un grande, rapido e lodevole sviluppo delle tecnologie diagnostiche; uno sviluppo talora esplosivo che ha richiesto personale e metodologie sempre più dedicate; 2. un rallentamento, talora fino allo stop, della scienza clinica, con perdita della centralità del rapporto interpersonale medico-paziente e predominio della patologia e della malattia come entità astratte; nel gergo si dice “ho ricoverato un infarto miocardico acuto” e non “ho ricoverato un paziente con infarto miocardico acuto”. Lo sviluppo del metodo clinico non ha dunque avuto la stessa attenzione delle tecnologie di laboratorio. Il clinico colpevolmente, piuttosto che sviluppare il suo approccio specifico al metodo scientifico, si è appropriato (spesso in modo acritico) degli approcci al metodo
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La diagnosi di s<strong>in</strong>drome di Gitelman piuttosto che di Bartter è favorita dall’assenza di<br />
poliuria importante o della tendenza alla disidratazione e dalla presenza di ipocalciuria<br />
e/o ipomagnesiemia.<br />
Dalla letteratura si ev<strong>in</strong>ce che i test emod<strong>in</strong>amici effettuati mediante somm<strong>in</strong>istrazione<br />
di diuretici possono essere ut<strong>il</strong>i nella diagnosi di s<strong>in</strong>drome di Gitelman.<br />
Nella nostra paziente abbiamo effettuato <strong>il</strong> test con idroclorotiazide. Sono stati somm<strong>in</strong>istrati<br />
25 mg di idroclorotiazide. Abbiamo calcolato, prima e dopo la somm<strong>in</strong>istrazione<br />
del diuretico, osmolarità plasmatica ed ur<strong>in</strong>aria, flusso ur<strong>in</strong>ario, clearance dell’acqua<br />
libera, clearance del cloro e frazione distale riassorbita del cloro. La somm<strong>in</strong>istrazione di<br />
idroclorotiazide non determ<strong>in</strong>ava modificazioni significative della clearance dell’acqua<br />
(0.58 vs 0.68 ml/m<strong>in</strong>) e della clearance del cloro (0.8 vs 0.5 ml/m<strong>in</strong>) e analogamente<br />
della frazione riassorbita di cloro (40 vs 50 %).<br />
Lo scarso effetto della somm<strong>in</strong>istrazione di idroclorotiazide può essere spiegato con una<br />
ridotta funzionalità del cotrasportatore Na+Cl- normalmente sensib<strong>il</strong>e ai tiazidici nel tubulo<br />
contorto distale. La s<strong>in</strong>drome di Gitelman è caratterizzata da un ridotto effetto dei<br />
diuretici tiazidici ma non dei diuretici dell’ansa. Nel nostro caso abbiamo anche effettuato<br />
<strong>il</strong> test con furosemide, risultato nella norma, per confermare la diagnosi.<br />
Pertanto la nostra paziente veniva dimessa con diagnosi di s<strong>in</strong>drome di Gitelman e consigliata<br />
terapia con risparmiatori di potassio e supplementazione di magnesio.<br />
Dopo due mesi di terapia, <strong>il</strong> controllo cl<strong>in</strong>ico-strumentale evidenziava normalizzazione delle<br />
anomalie riscontrate ed assenza di s<strong>in</strong>tomi. La pressione arteriosa era 110/70 mmHg.<br />
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