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spetto ad un placebo) di un fattore pari alla moltiplicazione di 0,40 per 0,75 (ossia<br />
0,30, che corrisponde ad una riduzione di ben <strong>il</strong> 70% degli eventi).<br />
Come commentare questi dati?<br />
Come primo punto, è necessario osservare che mentre le evidenze oggi disponib<strong>il</strong>i<br />
sull’aspir<strong>in</strong>a, le stat<strong>in</strong>e, i diuretici, i ß-bloccanti e gli ACE-<strong>in</strong>ibitori sono piuttosto<br />
solide, quelle sull’acido folico sono meno chiare e def<strong>in</strong>itive. Ma non è solo questo<br />
<strong>il</strong> problema. Le pr<strong>in</strong>cipali riflessioni sono le seguenti:<br />
1. Prima perplessità sulla tecnica di analisi: si tratta di studi omogenei? Le<br />
metanalisi partono dal pr<strong>in</strong>cipio generale che se tanti piccoli studi su un certo<br />
trattamento non hanno messo <strong>in</strong> luce vantaggi (o svantaggi) significativi rispetto<br />
ad un trattamento di confronto (placebo, oppure altro trattamento attivo),<br />
ciò può essere dovuto alla scarsa numerosità del campione nei s<strong>in</strong>goli studi.<br />
Pertanto, comb<strong>in</strong>ando vari studi con sim<strong>il</strong>e disegno sperimentale <strong>in</strong> una metanalisi,<br />
è come se eseguissimo, idealmente, un solo studio di più grandi dimensioni.<br />
Ma è chiaro che questo è un punto pieno di <strong>in</strong>sidie e trabocchetti. È<br />
ben noto, e anche <strong>in</strong>tuitivo, che le conclusioni delle metanalisi sono tanto più<br />
accettab<strong>il</strong>i quanto più omogenee sono le popolazioni <strong>in</strong>cluse nelle ricerche cl<strong>in</strong>iche<br />
sottoposte a metanalisi e quanto più omogenei sono i risultati delle s<strong>in</strong>gole<br />
metanalisi. Esistono test ben precisi che valutano l’eterogeneità dei risultati<br />
dei s<strong>in</strong>goli studi <strong>in</strong>seriti <strong>in</strong> una metanalisi. Ha senso metanalizzare 10 piccoli<br />
studi di un trattamento A contro un trattamento B quando, ad esempio, <strong>il</strong><br />
trattamento A è risultato molto più efficace del B <strong>in</strong> 5 studi, mentre <strong>il</strong> trattamento<br />
B è risultato molto più efficace dell’A negli altri 5 studi? Certamente no.<br />
Gli studi sarebbero significativamente eterogenei e la popolazione della metanalisi<br />
non potrebbe essere def<strong>in</strong>ita come una popolazione omogenea <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i<br />
di beneficio del farmaco A rispetto al farmaco B (o viceversa). Il problema è che<br />
le dalle metanalisi di Wald e Law non è sempre ben chiara l’omogeneità (o eterogeneità)<br />
dei s<strong>in</strong>goli studi <strong>in</strong>seriti nelle metanalisi.<br />
2. Seconda perplessità sulla tecnica di analisi. È corretto moltiplicare i<br />
benefici? Wald e Law partono dal presupposto che, nei s<strong>in</strong>goli studi, <strong>il</strong> beneficio<br />
del trattamento era stato dimostrato <strong>in</strong> soggetti già trattati al meglio,<br />
ossia già trattati con altre terapie. Pertanto, dicono gli autori, è tecnicamente<br />
corretto moltiplicare i benefici. Ma ci si può domandare: le ricerche cl<strong>in</strong>iche<br />
con gli antipertensivi erano state condotte prevalentemente <strong>in</strong> un certo tipo<br />
di pazienti (prevalentemente ipertesi), quelle con l’aspir<strong>in</strong>a <strong>in</strong> un altro tipo di<br />
pazienti (prevalentemente ischemici), quelle con stat<strong>in</strong>e <strong>in</strong> un altro tipo di pazienti<br />
(prevalentemente dislipidemici). È corretto moltiplicare i benefici dei<br />
s<strong>in</strong>goli trattamenti, ottenuti, si badi bene, nelle s<strong>in</strong>gole popolazioni, accomunando<br />
così dis<strong>in</strong>voltamente varie tipologie diverse di popolazione diverse?<br />
Siamo sicuri che <strong>il</strong> beneficio di un farmaco, dimostrato <strong>in</strong> una popolazione,<br />
tenga anche nell’altra popolazione?<br />
3. Perplessità sull’applicab<strong>il</strong>ità della p<strong>il</strong>lola magica a tutti gli ultrac<strong>in</strong>quantac<strong>in</strong>quenni.<br />
In generale, i risultati delle metanalisi di Wald e Law non sembrano<br />
applicab<strong>il</strong>i ad una popolazione sana, con fattori di rischio fenotipicamente<br />
espressi a bassi livelli. Nello specifico, chi scrive ha una pressione arteriosa<br />
usuale di 115/75 mmHg, una colesterolemia totale di circa 165 mg/dl, un<br />
<strong>in</strong>dice di massa corporea di 24 kg/m 2 , non ha diabete mellito né anamnesi fam<strong>il</strong>iare<br />
di malattie cardiovascolari premature, fa attività fisica e non fuma. Sarà<br />
proprio necessaria la p<strong>il</strong>lola magica tra (purtroppo) qualche anno? In altri term<strong>in</strong>i,<br />
è proprio “evidence-based” l’affermazione di Wald e Law che la p<strong>il</strong>lola<br />
magica e raccomandab<strong>il</strong>e <strong>in</strong> tutti gli ultrac<strong>in</strong>quantac<strong>in</strong>quenni, anche se apparentemente<br />
sani?<br />
4. Perplessità sull’applicab<strong>il</strong>ità della p<strong>il</strong>lola magica nei soggetti a rischio. In<br />
generale, è osservazione quotidiana che i soggetti a rischio cardiovascolare per<br />
ipertensione arteriosa, pregressi eventi cardiovascolari (etc.), necessitano spesso<br />
non solo di terapie <strong>in</strong>dividualizzate, ma anche di frequenti modificazioni poso-<br />
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