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22.05.2013 Views

i di pressione arteriosa e/o di colesterolo compresi nella norma rispetto agli ipertesi e/o ipercolesterolemici, per il semplice motivo che i primi sono indubbiamente la maggioranza nella popolazione. Anche per questa ragione, è da ritenersi che le Linee Guida delle Società Scientifiche più recenti abbiano abbassato i valori limite dei classici fattori di rischio cardiovascolare che devono essere oggetto di intervento farmacologico. Ora Wald e Law avanzano l’ipotesi che invece di trattare i fattori di rischio si debba trattare il rischio tout court. È questa, certo, un’ipotesi concettualmente apprezzabile, ma che andrebbe senz’altro verificata con studi appropriati. Infatti, quasi tutti i trial clinici condotti sinora hanno interessato soggetti ad alto rischio e quindi soltanto in questi esiste la prova provata dei vantaggi derivanti dall’intervento farmacologico. Ho seri dubbi che un intervento preventivo di popolazione, quale quello suggerito dagli Autori dell’articolo porti ad una riduzione significativa della mortalità totale, così come si deduce dall’esperienza derivante dai trial del passato. Tuttavia, se ciò servisse ad incrementare gli anni di vita liberi dagli eventi cardiovascolari, e soprattutto dalle loro nefaste conseguenze, un tale progetto, una volta testato sul campo, dovrebbe essere fatto proprio dalle autorità preposte alla salute pubblica. Se poi fosse tecnicamente possibile concentrare in un'unica Polypill tutti i farmaci suggeriti dagli Autori, ci si potrebbe attendere risultati ancora migliori dovuti ad una migliore compliance. In conclusione, mi sembra che l’ipotesi di Wald e Law sia tutt’altro che peregrina, anche se sono dell’avviso che, in un futuro non troppo lontano, gli studi genetici ci consentiranno di individuare i soggetti particolarmente predisposti a sviluppare eventi cardiovascolari sui quali concentrare tutta la nostra attenzione. E. Piccolo Corresponding author: Eligio Piccolo Cardiologo P.C. - Università di Padova Via Piave, 10 - 30170 Mestre (VE) Tel. 041 959290, E-mail eligio.piccolo@libero.it Caro Carlo, mi chiedi di fare un commento per il tuo Giornale all’articolo di Wald e Law, professori dell’Università di Londra, sulla “strategia per ridurre le malattie cardiovascolari di oltre l’80%”; una proposta che, per coloro che non hanno letto l’originale sul British Medical Journal di giugno 2003, consiste nel confezionare in un’unica pillola i principi farmacologici che somministriamo in pillole separate, spesso numerose, ai nostri pazienti. Lo faccio volentieri anche perché essa mi stimola vari uzzoli, come il piacere del controcorrente, dell’ironia e anche della ricerca un po’ curiosa, come in questo caso. Dicono i professori inglesi che il cardiovasculopatico che sta varcando, o l’ha già fatto, la soglia dei 55 anni deve essere spesso curato con vari farmaci, da quelli per abbassare la pressione agli antiaggreganti piastrinici, dai diuretici ai beta-bloccanti. Ognuno di questi è stato ampiamente sperimentato, anche in lunghi trial, che ne hanno dimostrato l’efficacia, ma perfino la possibilità di allungare la vita dei malati. Questo trattamento però comporta l’assunzione giornaliera di molte pillole, con problemi di costi, di gestione della loro somministrazione e, non ultimo, di frequenti dimenticanze. Essi si propongono l’obiettivo di cambiare questa strategia somministrando in un’unica soluzione i farmaci che riducono quattro dei principali fattori di rischio cardiovascolare, cioè il colesterolo LDL, la pressione arteriosa, l’omocisteina serica e la funzione piastrinica. Questa superpillola, che essi chiamano Polypill, dovrebbe contenere 10 mg di atorvastatina o 40 mg di sinvastatina, tre farmaci per abbassare la pressione (ad esem- 17

18 pio tiazide, betabloccante e ACE-inibitore) alle dosi standard, 0.8 mg di acido folico e 75 mg di aspirina. Secondo i calcoli che questi autori hanno fatto e che sarebbe lungo analizzare, tale formulazione dovrebbe ridurre gli eventi ischemici dell’88% e gli ictus dell’80%, mentre un terzo di questi pazienti diventerebbe asintomatico, cioè libero da nuovi eventi cardiovascolari per circa 11 anni. Sono stati calcolati anche gli effetti secondari, che si dovrebbero verificare nell’8-15% dei casi. Le critiche che si possono fare a questa proposta sono ovviamente molte e riguardano, in primo luogo, la rinuncia a localizzare nel tempo gli effetti dei farmaci, specie degli antipertensivi, che spesso devono essere distribuiti secondo le fasce orarie di risalita della pressione. Ma anche il dosaggio, così variabile da paziente a paziente, gli effetti secondari che un farmaco può dare e un altro no, e le intolleranze vere e proprie. Tuttavia, siccome questa specie di rivoluzione farmacologica ci viene prospettata non dal solito latino immaginifico ma dai pragmatici d’oltre manica, che hanno accettato il metodo scientifico fin dai tempi di Galileo e di Bacone, quando noi stavamo ancora discutendo a Trento sul sesso degli angeli, credo che gli si debba concedere almeno il diritto della prova. Ma qui immagino che cominceranno anche le dolenti note perché si rischia di colpire gli interessi delle molte ditte farmaceutiche che ora sono impegnate nella confezione separata e nella distribuzione commerciale dei vari farmaci. Quali cambiamenti nella vendita e nella distribuzione comporterà questa “Polypill”? Quali conflitti con la brevettazione? Quale reazione dei medici? Quale ditta accetterà di confezionare la superpillola e di avviarne la sperimentazione? Per me che, da vecchio cardiologo, ho visto nascere la specialità contro il parere dei molti che volevano non si disperdesse la meravigliosa unitarietà della clinica medica, che ho vissuto i tempi in cui un grande pioniere della cardiologia, Ignacio Chavez, mise in guardia proprio in un Congresso Mondiale di Cardiologia nel 1958 contro i pericoli della specializzazione, che ho visto progressivamente frantumarsi la stessa cardiologia in molte superspecialità, sorrette dalla tecnologia, e che ho visto nascere e crescere i molti farmaci cui dobbiamo oggi i grandi risultati nella cura delle malattie cardiovascolari, leggere che finalmente qualcuno, dopo tanta analisi, vuole fare un po’ di sintesi mi induce a dare il mio voto favorevole. E qui mi ci butto, perché sono quasi certo che molte obiezioni terapeutiche cadranno, come l’azione dei farmaci in determinate fasce orarie, il rapporto con i pasti, le interferenze fra loro, ecc. E, infatti, già nel numero di ottobre dello stesso British Medical Journal sono piovute una valanga di critiche in parte positive, in parte negative, ma molte pervase di scetticismo ed anche di ironia. Un nepalese, ad esempio, propone di considerare anche il diabete e quindi di includere fra gli ingredienti della Polypill la metformina. Uno psichiatra suggerisce di associarvi un ansiolitico. Mentre un tedesco di Innsbruck sarcasticamente riferisce un detto locale: “I cani ululano, ma la luna continua a risplendere”. Un altro dice che questa trovata creerebbe più problemi di quanti non ne risolva, perché la gente che magari si è entusiasmata ed è convinta di essere nel giusto con altrettanta facilità penserebbe di aver sbagliato. Il dottor Willis, un medico di base in pensione, mette in guardia sugli effetti antagonistici ed anche sinergistici dei vari componenti e che le valutazioni statistiche e meta-analitiche di Wald e Law sono sbagliate perché ne sovrastimano i benefici. Conclude che o hanno voluto scherzare oppure provocare un dibattito. Il canadese Vos, rivolgendosi all’editor Smith, che affermava la necessità di una sperimentazione per confermare che la Polypill riduce i fattori di rischio, contesta perché egli avrebbe dovuto invece riferirsi agli importanti “end-point” clinici e non ai fattori di rischio. Insomma una grande partecipazione, che sembra però anche un segno che molti ci avevano pensato. Se così è ribadisco il mio modesto parere che la migliore risposta la può dare solo una sperimentazione.

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pio tiazide, betabloccante e ACE-<strong>in</strong>ibitore) alle dosi standard, 0.8 mg di acido folico<br />

e 75 mg di aspir<strong>in</strong>a.<br />

Secondo i calcoli che questi autori hanno fatto e che sarebbe lungo analizzare, tale<br />

formulazione dovrebbe ridurre gli eventi ischemici dell’88% e gli ictus dell’80%,<br />

mentre un terzo di questi pazienti diventerebbe as<strong>in</strong>tomatico, cioè libero da nuovi<br />

eventi cardiovascolari per circa 11 anni. Sono stati calcolati anche gli effetti secondari,<br />

che si dovrebbero verificare nell’8-15% dei casi.<br />

Le critiche che si possono fare a questa proposta sono ovviamente molte e riguardano,<br />

<strong>in</strong> primo luogo, la r<strong>in</strong>uncia a localizzare nel tempo gli effetti dei farmaci, specie<br />

degli antipertensivi, che spesso devono essere distribuiti secondo le fasce orarie<br />

di risalita della pressione. Ma anche <strong>il</strong> dosaggio, così variab<strong>il</strong>e da paziente a paziente,<br />

gli effetti secondari che un farmaco può dare e un altro no, e le <strong>in</strong>tolleranze<br />

vere e proprie.<br />

Tuttavia, siccome questa specie di rivoluzione farmacologica ci viene prospettata<br />

non dal solito lat<strong>in</strong>o immag<strong>in</strong>ifico ma dai pragmatici d’oltre manica, che hanno accettato<br />

<strong>il</strong> metodo scientifico f<strong>in</strong> dai tempi di Gal<strong>il</strong>eo e di Bacone, quando noi stavamo<br />

ancora discutendo a Trento sul sesso degli angeli, credo che gli si debba concedere<br />

almeno <strong>il</strong> diritto della prova. Ma qui immag<strong>in</strong>o che com<strong>in</strong>ceranno anche le<br />

dolenti note perché si rischia di colpire gli <strong>in</strong>teressi delle molte ditte farmaceutiche<br />

che ora sono impegnate nella confezione separata e nella distribuzione commerciale<br />

dei vari farmaci. Quali cambiamenti nella vendita e nella distribuzione comporterà<br />

questa “Polyp<strong>il</strong>l”? Quali conflitti con la brevettazione? Quale reazione dei<br />

medici? Quale ditta accetterà di confezionare la superp<strong>il</strong>lola e di avviarne la sperimentazione?<br />

Per me che, da vecchio cardiologo, ho visto nascere la specialità contro <strong>il</strong> parere<br />

dei molti che volevano non si disperdesse la meravigliosa unitarietà della cl<strong>in</strong>ica<br />

medica, che ho vissuto i tempi <strong>in</strong> cui un grande pioniere della cardiologia, Ignacio<br />

Chavez, mise <strong>in</strong> guardia proprio <strong>in</strong> un Congresso Mondiale di Cardiologia nel<br />

1958 contro i pericoli della specializzazione, che ho visto progressivamente frantumarsi<br />

la stessa cardiologia <strong>in</strong> molte superspecialità, sorrette dalla tecnologia, e<br />

che ho visto nascere e crescere i molti farmaci cui dobbiamo oggi i grandi risultati<br />

nella cura delle malattie cardiovascolari, leggere che f<strong>in</strong>almente qualcuno, dopo<br />

tanta analisi, vuole fare un po’ di s<strong>in</strong>tesi mi <strong>in</strong>duce a dare <strong>il</strong> mio voto favorevole.<br />

E qui mi ci butto, perché sono quasi certo che molte obiezioni terapeutiche<br />

cadranno, come l’azione dei farmaci <strong>in</strong> determ<strong>in</strong>ate fasce orarie, <strong>il</strong> rapporto con i<br />

pasti, le <strong>in</strong>terferenze fra loro, ecc.<br />

E, <strong>in</strong>fatti, già nel numero di ottobre dello stesso British Medical Journal sono<br />

piovute una valanga di critiche <strong>in</strong> parte positive, <strong>in</strong> parte negative, ma molte<br />

pervase di scetticismo ed anche di ironia. Un nepalese, ad esempio, propone<br />

di considerare anche <strong>il</strong> diabete e qu<strong>in</strong>di di <strong>in</strong>cludere fra gli <strong>in</strong>gredienti della<br />

Polyp<strong>il</strong>l la metform<strong>in</strong>a. Uno psichiatra suggerisce di associarvi un ansiolitico.<br />

Mentre un tedesco di Innsbruck sarcasticamente riferisce un detto locale: “I cani<br />

ululano, ma la luna cont<strong>in</strong>ua a risplendere”. Un altro dice che questa trovata<br />

creerebbe più problemi di quanti non ne risolva, perché la gente che magari<br />

si è entusiasmata ed è conv<strong>in</strong>ta di essere nel giusto con altrettanta fac<strong>il</strong>ità<br />

penserebbe di aver sbagliato. Il dottor W<strong>il</strong>lis, un medico di base <strong>in</strong> pensione,<br />

mette <strong>in</strong> guardia sugli effetti antagonistici ed anche s<strong>in</strong>ergistici dei vari componenti<br />

e che le valutazioni statistiche e meta-analitiche di Wald e Law sono<br />

sbagliate perché ne sovrastimano i benefici. Conclude che o hanno voluto<br />

scherzare oppure provocare un dibattito. Il canadese Vos, rivolgendosi all’editor<br />

Smith, che affermava la necessità di una sperimentazione per confermare<br />

che la Polyp<strong>il</strong>l riduce i fattori di rischio, contesta perché egli avrebbe dovuto <strong>in</strong>vece<br />

riferirsi agli importanti “end-po<strong>in</strong>t” cl<strong>in</strong>ici e non ai fattori di rischio. Insomma<br />

una grande partecipazione, che sembra però anche un segno che molti<br />

ci avevano pensato. Se così è ribadisco <strong>il</strong> mio modesto parere che la migliore<br />

risposta la può dare solo una sperimentazione.

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