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TESI DI DOTTORATO - Padis - Sapienza

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<strong>TESI</strong> <strong>DI</strong> <strong>DOTTORATO</strong><br />

I parte: “VALUTAZIONE DEL RUOLO E DEL MECCANISMO <strong>DI</strong> AZIONE DEL<br />

VEGF (VASCULAR ENDOTHELIAL GROWTH FACTOR) SULLE CELLULE<br />

DELL’ALBERO BILIARE INTRAEPATICO”<br />

II parte: “STU<strong>DI</strong>O <strong>DI</strong> IGF1 ED ESTROGENI COME BASE PER<br />

L’IN<strong>DI</strong>VIDUAZIONE <strong>DI</strong> UNA INTERAZIONE IGF1 – EE - VEGF NELLA<br />

MODULAZIONE DEL COLANGIOCARCINOMA”<br />

Dott.ssa BARBARA BARBARO<br />

Dottorato di Ricerca in EPATOLOGIA SPERIMENTALE E CLINICA. (XVIII ciclo)<br />

Dipartimento di Anatomia Umana<br />

UNIVERSITA’ DEGLI STU<strong>DI</strong> <strong>DI</strong> ROMA<br />

“LA SAPIENZA”<br />

Direttore della scuola: Chiar.mo Prof. E. GAU<strong>DI</strong>O ,<br />

Tutore: Chiar.mo Prof. A. F. ATTILI; Coadiuvatore Chiar.mo Prof. D. ALVARO<br />

Docanti Esaminatori: Chiar.mo Prof. Raggio O., Chiar.mo Prof. Onori P.<br />

ABSTRACT<br />

Abbiamo dimostrato che:<br />

(i) I colangiociti esprimono mRNA e le proteine di: VEGF-A and -C, VEGFR-2 e VEGFR-3 e<br />

secernono VEGF; (ii) la secrezione del VEGF e l’espressione del VEGFR-2 e del VEGFR-3<br />

incrementa in colangiociti BDL; (iii) bloccando il VEGF in vivo tramite la somministrazione di<br />

anticorpi anti-VEGF-A o –C diminuisce la proliferazione dei colangiociti dopo BDL; (iv) in ratti<br />

normali, la somministrazione in vivo di r-VEGF-A or r-VEGF-C induce la proliferazione dei<br />

colangiociti ; and (v) in vitro, VEGF-A incrementa la proliferazione delle cellule NRICC attraverso<br />

l’attivazione della via IP3/Ca 2+ /PKC-α<br />

e la fosforilazione di Src/ERK1/2. (vi) nei ratti BDL, HAL<br />

(hepatic artery ligation) induce: una marcata diminuzione del plessso peribiliare, un aumento del<br />

tasso di apoptosi ed un marcato decremento della proliferazione e secrezione dei colangiociti;<br />

questa condizione si associava con una diminuzione di AKT fosforilata. Quando ai ratti sottoposti a<br />

BDL+HAL somministriamo r-VEGF-A gli effetti negativi di HAL sul plesso peribiliare e sulle<br />

funzioni dei colangiociti non si verificano. Conclusioni: Lo studio dimostra che i colangiociti<br />

esprimono il VEGF, che modula la risposta proliferativa adattativa dei colangiociti alla colestasi,<br />

attraverso un meccanismo autocrino, oltre che paracrino. Quindi la regolazione della secrezione di<br />

VEGF potrebbe rappresentare un importante strategia di controllo del bilancio proliferazione/morte<br />

cellulare in nel corso di colangiopatie e potrebbe prevenire le conseguenze di danni ischemici sui<br />

dotti biliari.


Il ruolo del VEGF e della neogenesi vascolare nella crescita neoplastica é attualmente oggetto di<br />

numerose ricerche ma nulla, riguardo a questo, é conosciuto sul colangiocarcinoma. D’altra parte<br />

l’aver osservato che il VEGF è un fattore che interviene nella proliferazione dei colangiociti sarà<br />

interessante andare ad osservare come esso moduli la crescita del colangiocarcinoma, già oggetto di<br />

studio nel valutare la modulazione ad opera di estrogeni ed igf1.<br />

Abbiamo investigato l’ espressione del recettore degli estrogeni (ER), di insulin-like growth factor<br />

1 (IGF1), ed IGF1-R (recettore) nel colangiocarcinoma umano ed in linee cellulari di<br />

colangiocarcinoma (HuH-28, TFK-1, Mz-ChA-1) e valuatato il ruolo degli estrogeni e dell’ IGF1<br />

nella modulazione della crescita neoplastica.. In serum-deprived HuH-28 cells, serum readmission<br />

induced a marked stimulation of cell proliferation which was inhibited by ER and IGF1-R<br />

antagonists. Risultati Il colangiocarcinoma intraepatico umano e la linea cellulare HUH 28<br />

esprimono i recettori per gli estrogeni di tipo α e β ed il recettore dell’IGF1; il 17β-estradiolo e<br />

l’IGF1 stimolano la proliferazione delle cellule HUH28, inibiscono l’apoptosi ed esercitano un<br />

effetto additivo17βQuesti effetti sono associati ad un aumento del recettore ER α, dell’attivazione<br />

delle vie di trasduzione del segnale che coinvolgono ERK1/2 ed AKT, ed ad una diminuita<br />

espressione del recettore ERβ. . Infine, la trasfezione di oligonucleotidi antisenso per IGF1R<br />

determina una marcata diminuzione della proliferazione delle cellule HUH 28. Conclusioni. Il<br />

colangiocarcimoma intraepatico umano esprime i recettori degli estrogeni e dell’IGF1 che<br />

cooperano nella modulazione della crescita cellulare e della proliferazione. La modulazione di tali<br />

recettori potrebbe quindi rappresentare un strategia per contrastare la progressione della malattia.<br />

Occorrerà indagare se esistono interazioni tra VEGF-IGF1-ESTROGENI nella modulazione<br />

della proliferazione dei dotti biliari, sarà interessante indagare la modulazione della crescita<br />

del colangiocarcinoma, mettendo in evidenza se, e qualora esistesse, quale sia la sinergia di<br />

azione di tali fattori.<br />

2


INTRODUZIONE<br />

L’ALBERO BILIARE<br />

L’albero biliare è una rete di dotti interconnessi tra di loro, delineato da cellule epiteliali<br />

denominate “colangiociti”; esso gioca un ruolo chiave nel determinare la composizione finale<br />

della bile che arriva al duodeno, attraverso una serie di processi di secrezione ed assorbimento<br />

[Alpini, 1988 ; LeSage, 1999 ; Lesage, 1996 ][Alpini, 2001].<br />

Caratteristiche anatomiche e funzionali dell’epitelio biliare.<br />

L’epitelio biliare si estende dal canale di Hering fino ai larghi dotti extraepatici ed è diviso in<br />

tre differenti segmenti che includono il dotto biliare extraepatico, i piccoli ed i larghi dotti<br />

biliari intraepatici (Alpini G, et al. 1996), (Alpini G, Roberts SK et al, 1996)<br />

Tenendo conto delle dimensioni dei dotti, nell’uomo, l’epitelio biliare intraepatico è stato<br />

suddiviso in: piccoli duttuli biliari ( 800 um in diametro) (Kanno N, et al,<br />

2000); (Ludwig J, et al., 1987).<br />

Più semplicemente, sulla base di differenze morfologiche, fenotipiche e funzionali tra i dotti<br />

di differente diametro, il sistema di dotti biliari intraepatici (in generale, sia di uomo che di<br />

ratto) è stato suddiviso in: dotti piccoli (15 um in<br />

diametro). (Alpini G, Prall RT, LaRusso NF. 2001) (Alpini G, et al. 1996), (Alpini G, Roberts<br />

SK et al, Gastroenterology 1996).<br />

I dotti piccoli sono formati da 4-5 colangiociti e sono caratterizzati dalla presenza di una<br />

membrana basale, tight junctions e microvilli che si proiettano nel lume del dotto biliare<br />

colangiociti poi diventano progressivamente più grandi e più colonnari man mano che si<br />

arriva ai grandi dotti (Schaffner F, et al, Am J Pathol 1961) (Steiner JW et al, Am J Pathol<br />

1961)<br />

Esiste cioè una eterogeneità non solo tra i dotti, ma proprio tra i colangiociti stessi, che<br />

consiste in una differenziazione non solo morfologica, ma anche funzionale (Alpini G, Prall<br />

RT, LaRusso NF. 2001). I colangiociti grandi presentano un basso rapporto<br />

nucleo/citoplasma, a differenza dei piccoli colangiociti che possiedono un nucleo grande e<br />

scarso citoplasma (Benedetti A, et al, 1996)<br />

Un alto rapporto nucleo/citoplasma è tipico di cellule poco differenziate, in cui il grosso<br />

nucleo è sintesi e deposito di RNA messaggero, pronto per essere poi tradotto. Questo<br />

supporta l’ipotesi che i colangiociti piccoli siano considerati delle cellule primitive. Tra l’altro<br />

queste cellule non esprimono tutti i recettori e canali di membrana che invece sono stati<br />

descritti nei colangiociti grandi (Kanno N, et al, 2000)<br />

L’eterogeneità funzionale dei colangiociti ha un importante rilevanza clinica, in quanto molte<br />

colangiopatie sono caratterizzate, almeno inizialmente, da un danno specifico e ristretto ad<br />

una determinata sottopopolazione di dotti. D’altra parte i colangiociti piccoli e quelli grandi<br />

rispondono differentemente, in termini di attività proliferativa, secretoria ed apoptotica, al<br />

danno epatico.<br />

3


da: Alpini, G., McGill, And LaRusso N.F., The Pathobiology of Biliary Epithelia<br />

(HEPATOLOGY 2002).<br />

Le funzioni dei colangiociti.<br />

La secrezione di bile da parte del fegato dipende da interazioni funzionali tra epatociti e<br />

colangiociti (Alpini G, Prall RT, LaRusso NF. 2001) (Kanno N, et al, 2000). La bile prodotta<br />

dagli epatociti e riversata nello spazio canalicolare, ricca in sali biliari, glutatione, lipidi,<br />

proteine ed altri soluti organici nello spazio canalicolare tra gli epatociti genera un gradiente<br />

osmotico che favorisce l’ingresso di acqua (Nathanson MH, Boyer JL, 1991). I colangiociti<br />

poi determinano la fluidità e l’alcalinità della bile canalicolare mediante una serie di<br />

meccanismi di secrezione e di riassorbimento che ne determinano la composizione finale.<br />

Nonostante che i colangiociti costituiscano una percentuale molto piccola della totale<br />

popolazione cellulare del fegato, rappresentano infatti solo il 2-5% della massa epatica, la<br />

secrezione duttale contribuisce a formare circa il 10% del flusso di bile totale nell’uomo ed il<br />

30% nei ratti (Alpini G, Lenzi R,et al, 1988,1989).<br />

La secrezione duttale è coordinatamente regolata da ormoni gastrointestinali, peptidi (Cho<br />

WK, Boyer JL. 1999), sali biliari (Alpini G, 1999), enzimi (es. la fosfatasi alcalina) (Alvaro<br />

D, et al, 1998). e dal controllo nervoso (LeSage G, et al, 2002). (Alvaro D, et al 1997)<br />

(Marzioni et al 2003; 2005).<br />

Uno dei più importanti ormoni gastrointestinali studiati che stimola la secrezione duttale<br />

(Alpini G, et al, 1989, 1996, 1998, 2000) (Glaser S. et al.1997), è certamente la secretina, che<br />

è secreta dalle cellule S del piccolo intestino durante la fase post-prandiale. La secretina<br />

determina nell’uomo un incremento del flusso biliare da 0.67 a 1.54 mL/min. Quest’ormone<br />

interagisce con i suoi recettori (SR), che nel fegato, sono espressi solo dai colangiociti, ed in<br />

particolare solo dai colangiociti grandi (Alpini G, Ulrich II C, et al, 1994)<br />

L’ interazione della secretina con i suoi recettori produce l’attivazione della protein chinasi A<br />

(PKA), Glaser S, et al 2003) (LeSage GD. et al 2002) quindi l’incremento dei livelli di cAMP<br />

intracellulare 1,5,6,10,11,32, l’apertura dei canali del cloro CFTR (Cystic Fibrosis<br />

Transmembrane Conductance Regulator) (Fitz JG, 1993), funzionalmente accoppiati allo<br />

scambiatore Cl-/HCO3-( Alvaro D, Mennone A, Boyer JL. 1997), Na+-indipendente,<br />

localizzato a livello apicale dei colangiociti, che determina la conclusiva secrezione di<br />

bicarbonato nella bile.<br />

Questa è una delle più importanti e comunemente più studiate funzioni dell’epitelio biliare in<br />

quanto la secrezione di bicarbonato rappresenta la forza osmotica che guida tutta la secrezione<br />

fluida duttale.<br />

Tra tutte le cellule del fegato solo i colangiociti esprimono il recettore per la secretina e,<br />

questo fatto insieme con la ripetuta osservazione che l’iperplasia dei dotti biliari è<br />

caratterizzata da una conseguente aumentata espressione dei recettori per la secretina (Alpini<br />

4


G. et al,, 1998; 2001) (LeSage G. et al, 1999; 1996) (Alpini G. et al, 1994), da aumentati<br />

livelli di cAMP stimolati da secretina (Alpini G. et al, 1998); (Glaser S. et al, 1997; 2000)<br />

(LeSage G. et al, 1999) e da un aumento della coleresi indotta da secretina (Alpini G. et al,<br />

1988) (Glaser S. et al, 1997) (Lesage G. et al, 1996); e che inversamente la perdita dei<br />

colangiociti è accoppiata ad una ridotta espressione dei recettori per la secretina ed una<br />

diminuita espressione di cAMP e di secrezione duttale indotta da questo ormone (Alpini G. et<br />

al, 2001) (LeSage G. et al, 1999), ha fatto si che l’osservazione funzionale dei dotti biliari (in<br />

termini di SR, cAMP, coleresi), potesse essere un indizio funzionale di proliferazione.<br />

Tra gli altri ormoni gastrointestinali che regolano la secrezione duttale, la somatostatina e la<br />

gastrina, a differenza della secretina, diminuiscono la secrezione di bile.<br />

La somatostatina legandosi ai i suoi recettori (SSTR2), individuati solo nei colangiociti grandi<br />

sia di ratto che di uomo, esercita il suo effetto inibitorio sia sulla proliferazione che sulla<br />

secrezione basale e stimolata da secretina, diminuendo i livelli di cAMP intracellulare (Tietz<br />

PS, et al, 1995).. La gastrina diminuisce la secrezione duttale di bile indotta da secretina ed i<br />

livelli di cAMP, interagendo con i recettori CCK-B (ma non CCK-A) posti sulla membrana<br />

basolaterale dei colangiociti, (Glaser S, Benedetti A, et al, 2000) diminuendo i livelli di<br />

cAMP intracellulare, della secrezione di bicarbonato ed incrementando invece l’apoptosi dei<br />

colangiociti.<br />

Tra i vari fattori che regolano la proliferazione dei colangiociti (LeSage G. et al 2001) (Alvaro<br />

D. et al 2000), grande interesse hanno destato gli estrogeni, avendo osservato che le<br />

colangiopatie sono molto più diffuse nelle donne che negli uomini. Recentemente il nostro<br />

gruppo di ricerca ha dimostrato che i colangiociti esprimono sia il recettore per gli estrogeni<br />

di tipo (ER-α) che quello di tipo (ER-β). L’espressione di tali recettori è correlata alla<br />

proliferazione e si osserva una loro overespressione associata alla proliferazione che si<br />

verifica nelle colangiopatie umane (Alvaro D, et al, 2004; 2000; 2002) (Alvaro D, Onori P, et<br />

al 2002).<br />

Studi effettuati in colangiociti di ratto indicano che gli estrogeni interagiscono e potenziano<br />

l’effetto di fattori di crescita sulla proliferazione dei colangiociti (Gigliozzi A, et al 2004)<br />

(Alvaro D, et al 2005).. Specificamente, il nostro gruppo si è interessato alle interazioni degli<br />

estrogeni con altri fattori, in particolare con l’IGF1, un fattore di crescita prodotto in massima<br />

parte dal fegato. Il 17β-estradiolo marcatamente potenzia l’effetto proliferativo dell’IGF-1 su<br />

colangiociti isolati di ratto, interagendo sia a livello recettoriale che post-recettoriale (Alvaro<br />

D, Drudi Metalli V, et al, 2005). Interazioni simili tra IGF1 ed estrogeni modulano la crescita<br />

neoplastica di tumori che ne esprimono i recettori, inclusi i tumori della mammella,<br />

dell’ovario e dell’endometrio (Helle SI: et al, 2004) (Wimalasena J et al, 1993) (Hata H, et al,<br />

1998).<br />

Si conosce poco invece, sul ruolo degli estrogeni e dell’ IGF1 nella modulazione della crescita<br />

e progressione del colangiocarcinoma, per cui il nostro gruppo si è interessato all’effetto di<br />

queste sostanze e dei loro inibitori sul tumore dell’albero biliare intraepatico, utilizzando delle<br />

linee cellulari di colangiocarcinoma (Alvaro D. and Barbaro B. et al AJP in press.)<br />

I colangiociti sono target di una grossa quantità di malattie conosciute in generale come<br />

“Vanishing Bile Duct Syndromes” (Boyer JL. 1997). caratterizzate dalla progressiva<br />

scomparsa dei dotti biliari, può portare ad un grave grado di duttopenia, con ovvie gravissime<br />

conseguenze per la funzionalità epatica. Le colangiopatie infatti sono responsabili di più del<br />

20% dei trapianti di fegato negli adulti e dell’ 80% delle indicazioni di trapianto di fegato in<br />

età pediatrica.<br />

In vari tipi di colangiopatie, nei primi stadi della malattia, quando cioè la scomparsa dei dotti<br />

non è ancora grave, la perdita dei dotti biliari è controbilanciata da un meccanismo di<br />

proliferazione compensatoria, che rallenta il decorso della malattia (Alvaro D. et al, 2000).<br />

5


I colangiociti infatti sono cellule che posseggono una marcata capacità proliferativi.<br />

In queste situazioni la proliferazione è indotta inizialmente nei grandi colangiociti ed è un<br />

evento critico che ha come scopo quello di compensare il deficit funzionale dovuto alla<br />

diminuzione progressiva dei dotti biliari, infatti i colangiociti proliferanti mostrano<br />

un’aumentata attività secretoria, ma si ipotizza che vengano stimolati a proliferare anche i<br />

colangiociti piccoli, che assumono poi il fenotipo dei grandi colangiociti, cioè di cellule ben<br />

differenziate che presentano la maggior parte dei recettori descritti nei colangiociti. I piccoli<br />

colangiociti potrebbero così essere considerati una sorta di cellule totipotenti pronte a<br />

proliferare (Alpini G, Glaser SS, et al, 1998).<br />

Molti modelli animali sono stati prodotti al fine di capire al meglio quali sono i meccanismi<br />

che regolano la proliferazione, l’apoptosi, la secrezione, il trasporto, i meccanismi di<br />

traduzione del segnale nei colangiociti e le corrispondenti disfunzioni che portano alle<br />

colangiopatie. Il modello animale più usato per studiare la proliferazione dei colangiociti è<br />

senza dubbio il modello di ratto BDL (Bile Duct Ligation), che utilizza la legatura del dotto<br />

biliare principale per mimare ciò che succede nelle malattie colestatiche croniche (Alpini,<br />

1988; 1998; 2001) (LeSage, 1999)<br />

Altri modelli sperimentali che inducono un danno all’albero biliare sono ad esempio la<br />

somministrazione di tetracloride di carbonio (LeSage et al, 1999) che specificamente<br />

distrugge i grandi colangiociti, con conseguente attivazione e differenziazione dei piccoli<br />

colangiociti che, per compensare la perdita dei grandi dotti via via si accrescono ed assumono<br />

un fenotipo sempre più simile a quest’ultimi, esprimendo recettori e fattori tipici dei grandi<br />

colangiociti. I modelli per lo studio dell’innervazione dei dotti biliari comprendono sia<br />

l’interruzione dell’innervazione parasimpatica mediante vagotomia, i cui danni sulla<br />

proliferazione biliare possono essere prevenuti dalla somministrazione di taurocolato (TC)<br />

(Marzioni M. et al. 2003) o la distruzione delle terminazioni adrenergiche mediante 6OHDA<br />

(6-hydroxydopamine) (LeSage G. et al 2002), modelli che hanno permesso di approfondire le<br />

conoscenze sulla regolazione nervosa dei colangiociti, alla scoperta e comprensione delle vie<br />

di attivazione dei recettori per l’acetilcolina, dei recettori edrenergici ((LeSage G. et al 2004)<br />

del recettore per la serotonina ((Marzioni M. et al. 2005) ed alla comprensione del loro<br />

funzionamento.<br />

L’ ALBERO BILIARE ED IL PLESSO PERIBILIARE<br />

La vascolarizzazione dell’albero biliare intraepatico è rappresentata dal Plesso Peribiliare che<br />

origina dall’arteria epatica. Esso è un’importante rete vascolare che circonda i dotti biliari a<br />

cui è strettamente correlato, infatti, alterazioni nella struttura dell’albero biliare intraepatico si<br />

traducono in cambiamenti strutturali adattativi del plesso peribiliare. Per esempio nel modello<br />

colestatico di ratto BDL, in cui si ha induzione della proliferazione dei colangiociti, si instaura<br />

un parallelo aumento della massa del plesso peribiliare, fondamentale per assicurare un<br />

apporto metabolico e gassoso alla massa biliare che si sta espandendo. Tuttavia, è dimostrato<br />

che l’iperplasia del plesso peribiliare si instaura successivamente a quella dei dotti biliari,<br />

suggerendo che l’imput alla proliferazione è dato dai colangiociti (Gaudio E. et al, 1996);<br />

questo concetto è basilare per comprendere quali sono i meccanismi che regolano la<br />

comunicazione tra vari tipi cellulari, soprattutto in situazioni di danno epatico.<br />

In ratti normali, i colangiociti sono in uno stato quiescente, la legatura dell’ arteria epatica non<br />

è di per sè sufficiente per indurre un danno alle vie biliari, suggerendo che arterie accessorie,<br />

asi collaterali oppure anastomosi tra il PBP ed il sistema portale possono intervenire per<br />

evitare gli effetti del blocco del flusso arterioso attraverso l’arteria epatica principale<br />

(Burczynski FJ et al 1996). Anche studi effettuati in “guinea pigs “ normali, l’interruzione<br />

6


dell’apporto di sangue ai dotti biliari intraepatici (mediante momentanea legatura dell’arteria<br />

epatica) non altera l’attività secretoria dei colangiociti (Tavoloni N et al 1985).<br />

Esistono tuttavia poche informazioni riguardo al ruolo dell’apporto sanguigno attraverso<br />

l’arteria epatica in condizioni patologiche.<br />

IL VEGF<br />

Il VEGF (VASCULAR ENDOTHELIAL GROWTH FACTOR) è un fattore di crescita<br />

identificato inizialmente come un potente mitogeno per le cellule endoteliali; esso è di<br />

fondamentale importanza sia per la fisiologia che per la patologia vascolare, tra cui<br />

vasodilatazione, permeabilità vascolare, migrazione, e meccanismi di sopravvivenza (Ferrara<br />

N, et al 2003) (Larrivee B, et al 2000) (Zachary I. 2003).<br />

Il VEGF inoltre, induce la mobilitazione di cellule precursori endoteliali verso tessuti<br />

ischemici, che differenzieranno in cellule vascolari (Ferrara N, et al 2003) (Larrivee B, et al<br />

2000) (Zachary I. 2003), ed è uno dei fattori essenziali per lo sviluppo vascolare prenatale ed<br />

è nota la sua azione diretta nei fenomeni di angiogenesi associati a tumori (Ferrara N.,1996).<br />

Oggi il termine VEGF più propriamente indica il VEGF-A, in quanto appartiene ad una<br />

famiglia di fattori di crescita tra cui: il VEGF-B, -C, -D, -E ed il PGF (placenta growth<br />

factor), tutti espressi nei mammiferi tranne il VEGF-E che è espresso nei virus a DNA a<br />

doppia elica, (Zachary I. e Gliki G., 2001).<br />

Esistono svariate isoforme di VEGF-A derivanti da splicing alternativo, per esempio dallo<br />

splicing alternativo dell’mRNA di un singolo gene del VEGF-A umano, contenente 8 esoni,<br />

derivano le isoforme of 121, 145, 165, 189 e di 206 residui aminoacidici (Neufeld et al, 1996)<br />

(Poltorak Z. et al, 1997). Si ritiene che le isoforme 145, 189 e 206 dopo essere state secrete,<br />

vengano trattenute all’interno della matrice extracellulare, e che le isoforme 121 e 165 siano<br />

quelle ritenute biologicamente più attive.<br />

Similmente al gene umano, il gene codificante per il VEGF-A di topo, così come quello di<br />

ratto, è formato da 8 esoni e, l’mRNA risultante dà origine, sempre per splicing alternativo, a<br />

3 isoforme corrispondenti a quelle di 121, 165 e 188 AA. (Shima DT.et al, 1996) (Levy AP.et<br />

al, 1995).<br />

La maggiore funzione del VEGF-C sembra essere quella di un fattore di crescita per i vasi<br />

linfatici (Jeltsch M, et al 1997) (Kukk E. et al, 1996), ma sempre maggiori evidenze<br />

affermano la presenza e l’azione di questo fattore in cellule epiteliali.<br />

Sono stati identificati tre tipi di recettori per il VEGF: il VEGFR-1 (Flt-1) che lega il VEGF-<br />

B, il Pigf ed il VEGF-A ; il VEGFR-2 (Flk-1) che lega il VEGF-A il VEGF- E ed anche, ma<br />

in maniera più blanda, il VEGF-C; ed il VEGFR3 (Flt-4) che lega i VEGF-C e –D.(Ferrara<br />

N, 2003) (Larrivee B, 2000) (Zachary I. 003).<br />

[Da: Ian Zachary and Georgia Gliki (Cardiovascular Research 49 (2001) 568–581)]<br />

7


L’ espressione del VEGF e dei suoi recettori non è ristretta alle sole cellule endoteliali, infatti<br />

è espresso anche nelle cellule vascolari del muscolo liscio, negli osteoblasti, in miotubi<br />

rigeneranti e nelle cellule staminali ematopoietiche. Svariati studi hanno poi dimostrato che il<br />

VEGF è secreto da numerosi tipi di cellule epiteliali, nelle quali modula, attraverso<br />

meccanismi autocrini e paracrini molte funzioni, tra cui la proliferazione, l’apoptosi, la<br />

permeabilità e la secrezione (Uchida S, et al 2003).<br />

Svariati studi su carcinomi epatici, evidenziano la presenza del VEGF, come fattore<br />

importante per la crescita tumorale. E’ stato visto che carcinomi epatici piccoli e ben<br />

differenziati ricevono sangue dalla vena porta; man mano che le dimensioni del tumore<br />

aumentano l’apporto di sangue avviene anche attraverso l’arteria epatica (Reynaert H, et al<br />

2001). Tumori di grossa entità determinano non solo angiogenesi ma anche la formazione di<br />

nuovi vasi linfatici che in ultima analisi potrebbero portare alla formazione di metastasi<br />

linfonodali. Il mediatore principale della linfangiogenesi è proprio il VEGF C.<br />

Il ruolo del VEGF nella patofisiologia dei colangiociti, le cellule epiteliali proprie dell’albero<br />

biliare, è sconosciuto. Siamo andati quindi a valutare il ruolo del VEGF nella regolazione<br />

della proliferazione dei colangiociti di ratto in 2 modelli sperimentali:<br />

-dopo legatura del dotto biliare principale (BDL), un modello sperimentale di fibrosi o<br />

-dopo legatura sia del dotto biliare principale che dell’arteria epatica (BDL+HAL), condizione<br />

in cui la maggiore richiesta di sangue ricco di ossigeno e fattori nutritivi dovuta all’aumento<br />

di massa dopo BDL, non viene soddisfatta a causa della legatura dell’arteria epatica;<br />

condizione che può simulare l’ischemia post-trapianto, causa di notevoli complicazioni che<br />

sfociano in colangiopatie.<br />

SCOPO DELLA RICERCA<br />

Lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare l’espressione del VEGF-A e del VEGF-C<br />

e dei loro recettori in colangiociti normali e proliferanti dopo BDL; ed, in vivo, di determinare<br />

il ruolo di questo fattore di crescita nella regolazione della proliferazione e secrezione dei<br />

colangiociti, in corso di colangiopatie. Successivamente di controllare attraverso quali<br />

meccanismi di trasduzione del segnale il VEGF svolge la sua azione.<br />

Dato che è documentato il cross-talk tra l’epitelio biliare ed il plesso peribiliare, in quanto<br />

quest’ultimo va incontro a modificazioni adattative, a seguito dei cambiamenti dell’albero<br />

biliare, abbiamo voluto indagare le conseguenze funzionali e morfologiche della legatura<br />

dell’arteria epatica (HAL), e se il VEGF fosse in grado di mediare la risposta dei colangiociti<br />

a questa condizione.<br />

METODOLOGIA SPERIMENTALE<br />

Materiali utilizzati<br />

I reagenti sono stati acquistati dalla Sigma Chemical Co. (St. Louis, MO), a meno che non<br />

indicato diversamente.<br />

Gli anticorpi contro: l’antigene nucleare di proliferazione cellulare (PCNA, # sc-56, mouse<br />

IgG), VEGF-A (# sc-507, rabbit IgG), VEGF-C (# sc-9047, rabbit IgG), VEGFR-1 (# sc-316,<br />

rabbit IgG), VEGFR-2 (# sc-505, rabbit IgG), e VEGFR-3 (# sc-637, rabbit IgG) sono stati<br />

acquistati da Santa Cruz Biotechnology Inc. (Santa Cruz, CA). Il substrato per -<br />

glutamyltranspeptidase ( -GT), da Polysciences (Warrington, PA), la secretina porcina da<br />

Peninsula (Belmont, CA). L’anticorpo mouse anti-cytokeratin 19 (CK-19) dalla Amersham<br />

8


(Arlington Heights, IL). Il VEGF ricombinante (mouse r-VEGF-A e r-VEGF-C) da Leinco<br />

Technologies Inc. (St. Louis, MO). Il kit RIA per la determinazione del cAMP intracellulare<br />

ed il kit per la determinazione di IP3 intracellulare sono stati acquistati da Amersham<br />

(Arlington Heights, IL).. Gli anticorpi anti-fosfo-Src-Tyr 139 (rabbit), anti-fosfo Src-Tyr 530<br />

(goat), ed anti-total Src (mouse) L’anticorpo anti-ERK (clone C-16), (rabbit monoclonal<br />

(IgG)) che riconosce le MAPK, p44 e p42, ed anti-fosfo-ERK (pERK) (clone N-18), (goat<br />

monoclonal IgG) che riconosce le forme fosforilate di p44 ep42, sono stati acquistati da Santa<br />

Cruz Biotechnology.<br />

Modelli animali<br />

Ratti maschi di ceppo Fischer 344 (peso compreso tra 150 e 175 g.), mantenuti in un ambiente<br />

a temperatura costante di 22°C con un ciclo luce-buio di 12 ore ed alimentati ad libitum con<br />

cibo standard per ratti e con libero accesso all’acqua.<br />

Gli studi sono stati condotti in:<br />

1. ratti normali;<br />

2. ratti BDL (sottoposti a legatura del dotto biliare principale per 1 settimana)(Alpini G. et al<br />

1998)<br />

3. ratti B<strong>DI</strong> (sottoposti ad incannulazione del dotto biliare principale per la raccolta della bile<br />

prima o dopo l’uso di sostanze iniettate mediante cannula giugulare) (Alpini G. et al 1994)<br />

4. ratti che immediatamente dopo BDL o B<strong>DI</strong>, sono stati trattati con un’iniezione giornaliera<br />

per 7 giorni di siero non-immune (controllo), o anticorpi anti-VEGF-A o anti-VEGF-C (10<br />

ng al giorno)*;<br />

5. ratti normali a cui sono state impiantate delle minipompe intraperitoneali che rilasciano<br />

gradualmente: 0.2% albumina bovina (BSA) (controllo), r-VEGF-A o r-VEGF-C (2.5<br />

nmol/kg/ora)* in presenza di BSA, per 1settimana;<br />

6. ratti BDL + HAL (che oltre alla legatura del dotto biliare principale, sono stati sottoposti<br />

alla legatura dell’arteria epatica (Davis B, 1987).<br />

7. ratti ai quali dopo BDL o B<strong>DI</strong>, + HAL sono state impiantate delle minipompe<br />

intraperitoneali che rilasciano gradualmente: 0.2% albumina bovina (BSA), r-VEGF-A o r-<br />

VEGF-C (2.5 nmol/kg/ora)* in presenza di BSA, per 1settimana.<br />

Prima di ogni procedura i ratti sono stati anestetizzati mediante un'iniezione<br />

intraperitoneale di sodium-pentobarbital (50 mg/kg di peso corporeo).<br />

8. NRICC (Normal Rat Intrahepatic Cholangiocyte Culture): coltura di colangiociti<br />

intraepatici da ratti normali recentemente sviluppata e caratterizzata da (Alpini G. et al 2003).<br />

* La dose (nM) di anti-VEGF-A, anti-VEGF-C, r-VEGF-A o r-VEGF-C somministrate ai ratti<br />

è stata scelta secondo la concentrazione (nM) di VEGF trovata nel siero degli animali<br />

utilizzati (vedi in risultati). La dose è simile a quella trovata nel ratto e nell’uomo (Yin R, et al<br />

2000) (Assy N, et al, 1999).<br />

Isolamento dei colangiociti.<br />

Da ogni gruppo di animali sono stati isolati i colangiociti puri al 97-100%, come dimostrato<br />

dalla istochimica per la γ-GT (Alpini G. et al 2001), mediante la tecnica di separazione per<br />

immunoaffinità (LeSage GD, et al, 2002) usando un anticorpo monoclonale di topo (IgM,<br />

gentilmente provvisto dal Dr. R. Faris, Brown University, Providence, RI) diretto contro un<br />

antigene di membrana non identificato, espresso da tutti i colangiociti intraepatici di ratto<br />

(Ishii M, et al, 1989). Il numero di cellule e la viability (>97%) sono stati valutati mediante il<br />

trypan blue.<br />

9


Secrezione in vitro<br />

Subito dopo l’isolamento i colangiociti (1x10 6 ) sono stati incubati a 37 o C per zero o 6 ore,<br />

centrifugati a 1,500 rpm per 10 minuti a 4 o C, ed il supernatante (100 ul) è stato usato per<br />

misurare la concentrazione del VEGF mediante un kit ELISA (Peninsula Laboratories, Inc,<br />

San Carlos, CA). La secrezione del VEGF (ng/1x10 6 cells) è stata calcolata come la<br />

differenza tra l’ammontare di VEGF a 6 ore e quello al tempo zero.<br />

Immunoistochimica su fettine (5 um) di fegato in paraffina.<br />

Le sezioni di fegato sono state appoggiate su vetrini ricoperti di poli-L-lisina allo 0.1%. Dopo<br />

la deparaffinazione, l’attività della perossidasi endogena è stata bloccata incubando per 30<br />

minuti con perossido d’idrogeno metanolico (2.5%). La biotina endogena bloccata mediante<br />

biotin blocking system (Dako, Milan, Italy) seguendo le istruzioni del fornitore. Le sezioni<br />

sono state poi bagnate con alcohol e con PBS (phosphate-buffered saline) pH 7.4, quindi<br />

incubate overnight a 4°C con anticorpi specifici per VEGF-A, VEGF-C, VEGFR-1, VEGFR-<br />

2 o VEGFR-3 diluiti 1:400. Sono stati effettuati dei lavaggi con PBS di 5 minuti, e poi<br />

incubati per 10 minuti a temperatura ambiente con l’anticorpo secondario biotinilato (Dako<br />

LSAB2, code K0675), quindi con Dako ABC (Dako LSAB2, code K0675) e sviluppati con 3-<br />

3' diaminobenzidine (DAB). Le sezioni sono state quindi analizzate con una Olympus BX-5<br />

1 light microscopy (Tokyo, Japan) con Videocam (Spot Insight, Diagnostic Instrument, Inc.<br />

Sterling Heights, MI) e processate con Image Analysis System (IAS - Delta Sistemi, Roma).<br />

Le sezioni non incubate con l’anticorpo primario sono servite come controlli negativi.<br />

Immunoistochimica su colangiociti isolati.<br />

Colangiociti isolati posti su vetrino mediante cytospin sono stati incubati at 4°C overnight con<br />

anticorpi anti-VEGFR-1, anti-VEGFR-2 o anti-VEGFR-3 (diluizione 1:1000), bloccati con<br />

siero normale di capra, e poi incubati con un anticorpo secondario coniugato con la<br />

perossidasi (HRPO) (Histofine Simple Stain Rat MAX PO (MULTI)®, Nichirei, Tokyo,<br />

Japan) per 3 ore a temperatura ambiente. I prodotti di reazione sono stati visualizzati con la<br />

soluzione substrato DAB. Quindi i vetrini sono stati osservati in microscopia ottica (Nikon,<br />

Tokyo, Japan) con l’ausilio di una CCD camera digitale. L’immunoistochimica per il VEGF-<br />

A ed il VEGF-C su cellule isolate è stata effettuata con anticorpi anti VEGF-A o VEGF-C<br />

diluiti 1:400, at 4°C overnight; dopo alcuni lavaggi con PBS, sono stati incubati per 10 minuti<br />

a temperatura ambiente con un anticorpo secondario biotinilato (Dako LSAB2, codice<br />

K0675), quindi con Dako ABC (Dako LSAB2, codice K0675) e sviluppato con 3-3'<br />

diaminobenzidine (DAB).<br />

Le sezioni sono state quindi analizzate con una Olympus BX-5 1 light microscopy (Tokyo,<br />

Japan) con Videocam (Spot Insight, Diagnostic Instrument, Inc. Sterling Heights, MI) e<br />

processate con Image Analysis System (IAS - Delta Sistemi, Roma). Le sezioni non incubate<br />

con l’anticorpo primario sono servite come controlli negativi.<br />

Istochimica per il controllo della proliferazione.<br />

La proliferazione dei colangiociti di ogni specifico gruppo di animali è stata valutata<br />

misurando il numero di colangiociti PCNA-positivi e di dotti CK-19- e γ-GT-positivi in<br />

sezioni di fegato (5 um). (Alpini G, Phinizy JL, et al, 2003).<br />

E’ stata quindi effettuata una controcolorazione con ematossilina ed esaminate in maniera<br />

random, con un microscopio ottico Olympus BX 51 (Olympus Optical Co., Ltd., Tokyo,<br />

Japan). I dati sono stati espressi come: (i) il numero di colangiociti PCNA-positivi per ogni<br />

100 colangiociti; e (ii) % di dotti CK-19-positivi valutata in dieci differenti campi (10X o<br />

20X) del vetrino ottenuto da almeno 6 sezioni di fegato prese in modo random dal lobo<br />

mediano. L’istochimica per visualizzare i dotti γ-GT-positivi (massa duttale intraepatica) è<br />

stata effettuata su sezioni congelate (5 um). I dati sono stati espressi come il numero di dotti γ-<br />

GT-positivi contati in sette differenti campi.<br />

10


Istochimica per il controllo dell’apoptosi.<br />

L’apoptosi dei colangiociti è stata valutata mediante la metodica TUNEL in sezioni di fegato<br />

(5 um) da ogni selezionato gruppo di animali. Dopo la controcolorazione con ematossilina, le<br />

sezioni sono state esaminate con un Olympus BX-40 light microscope (Tokyo, Japan)<br />

corredato di camera digitale.<br />

RT-PCR<br />

RNA totale è stato estratto da colangiociti puri mediante GenElute total mammalian RNA Kit<br />

(Sigma Chemical Co), retrotrascritto ed amplificato mediante AmplyTaq DNA polymerase<br />

(PE Applied Biosystems, Foster City, CA), utilizzando specifici primers costruiti dalla<br />

INVITROGEN Corporation;<br />

1) i primers per VEGFR-1, basati sulla sequenza pubblicata del VEGFR1 di ratto (Sato T. et<br />

al 2001) sono: senso 5'-TTCCGGACTTTCAACACCTC-3' ed antisenso 5'-<br />

CCGAATAGCGAGCAGATTTC-3', la lunghezza del framento:199 bp e le condizioni della<br />

PCR: 35 cicli di: 30 sec. a 94°C, 30 sec a 60°C, 45 sec. a 72°C. Abbiamo usato RNA totale di<br />

cuore ratto ed RNA transfer di lievito come controlli positivo e negativo rispettivamente;<br />

2) i primers per VEGFR-2, basati sulla sequenza pubblicata del VEGFR-2 di ratto (Sato T. et<br />

al 2001) sono: senso 5'-GTGATTGCCATGTTCTTCTGGC-3' ed antisenso 5'-<br />

TCAGACATGAGAGCTCGATGCT-3', la lunghezza del frammento: 337 bp e le condizioni<br />

della PCR: 35 cicli di: 30 sec. a 94°C, 30 sec a 60°C, 45 sec. a 72°C. Abbiamo usato RNA<br />

totale di cuore ratto ed RNA transfer di lievito come controlli positivo e negativo<br />

rispettivamente;<br />

3) i primers per VEGFR-3, basati sulla sequenza pubblicata del VEGFR-3 umano (Zhang X.<br />

Et al 2005) sono: senso 5'-CACTCCCGCCATACGCCACATCAT-3' and antisenso 5'-<br />

CTGCTCTCTATCTGCTCAAACTCC-3', la lunghezza del frammento: 435 bp e le<br />

condizioni della PCR: 35 cicli di: 30 sec. a 94°C, 30 sec a 60°C, 45 sec. a 72°C. Abbiamo<br />

usato RNA totale di cuore ratto ed RNA transfer umano come controlli positivo e negativo<br />

rispettivamente;<br />

4) i primers per VEGF-A, basati sulla sequenza pubblicata del VEGF-A di ratto (Rosmorduc<br />

O et al 1999) sono: (senso 5'-ACCTCCACCATGCCAAGT-3' ed antisenso 5'-<br />

TAGTTCCCGAAACCCTGA-3', la lunghezza dei frammenti: 434, 565, and 687 bp<br />

corrispondenti alle isoforme derivanti dallo splicing alternativo e le condizioni della PCR: 35<br />

cicli di: 30 sec. a 94°C, 30 sec a 57°C, 45 sec. a 72°C. Abbiamo usato RNA totale di cuore<br />

umano ed RNA transfer umano come controlli positivo e negativo rispettivamente;<br />

5) i primers per VEGF-C, basati sulla sequenza pubblicata del VEGF-C di ratto (Kirkin V. et<br />

al 2001) sono: (senso 5'-GCCAATCACACTTCCTGCCG-3' ed antisenso 5'-<br />

CTGGCAGGTGTCTTCATCCAAC-3', la lunghezza del frammento: 615 bp e le condizioni<br />

della PCR: 35 cicli di: 30 sec. a 94°C, 30 sec a 54°C, 45 sec. a 72°C. Abbiamo usato RNA<br />

totale di cuore umano ed RNA transfer umano come controlli positivo e negativo<br />

rispettivamente.<br />

6) Per controllare che fosse usata la stessa quantità di RNA in ogni PCR, abbiamo effettuato<br />

la RT-PCR dell’ housekeeping gene gliceraldeide-3-fosfato-deidrogenasi (GAPDH)<br />

utilizzando i primers basati sulla sequenza della GAPDH di ratto (Fort P.,et al 1985): senso 5'-<br />

GTGACTTCAACAGCAACTCCCATTC-3' ed antisenso 5'-<br />

GTTATGGGGTCTGGGATGGAATTGTG-3', la lunghezza del frammento: 294 bp, le<br />

condizioni della PCR: 35 cicli di: 30 sec. a 94°C, 30 sec a 52°C, 45 sec. a 72°C, utilizzando<br />

RNA totale di rene di ratto ed RNA transfer di lievito come controlli positivo e negativo<br />

rispettivamente;<br />

11


Western blot<br />

Le cellule sono state solubilizzate in lysis buffer contenente:15 mM Tris HCl (pH 7.4), 5mM<br />

EDTA, 100mM NaCl, Igepal 1%, 2 mM PMSF (phenyl methyl sulfonyl fluoride), 2mM<br />

benzamidina e 1% aprotinina in ghiaccio per 30 minuti. Dopo una breve sonicazione i<br />

campioni sono stati centrifugati a 10,000 g per 20 secondi a 4°C; del supernatante è stata<br />

determinata la concentrazione delle proteine mediante BIO-RAD Protein Assay-Dye Reagent<br />

(BIO-RAD Laboratories GmbH). Così 10 µg di lisato totale di colangiociti puri sono stati<br />

diluiti in 6x LSB (Laemly sample buffer) contenente 0.3 M 2-mercaptoethanolo e blu di<br />

bromofenolo e sottoposti a SDS-PAGE (SDS-polyacrylamide gel electrophoresis) in gel al 4-<br />

12%. Successivamente è stato effettuato il trasferimento su nitrocellulosa e le proteine di<br />

interesse visualizzate utilizzando anticorpi primari specifici I blots sono stati normalizzati<br />

confrontando gli immunoblots della -actina, (housekeeping protein). L’intensità delle bande<br />

è stata determinata mediante densitometria-video usando ChemiImager TM 4000 low light<br />

imaging system (Alpha Innotech Corp., San Leandro, CA).<br />

Valutazione della Secretione Duttale.<br />

Studi precedenti hanno mostrato che la proliferazione dei colangiociti è sempre associata con<br />

un’ aumentata secrezione duttale e di cAMP per cui, è stata misurata la secrezione di bile e di<br />

bicarbonato (Kanno et al 2000), basale e stimolata da secretina mediante in ratti B<strong>DI</strong>. (Alpini<br />

G. 2003; 1999) (LeSage G. et al 1996; 2001) (Glaser S. et al 2000; 2003).<br />

Dopo anestesia, i ratti sono stati preparati chirurgicamente per il prelievo della bile come<br />

descritto da Alpini et al l988. Una vena giugulare è stata incannulata per l’infusione di Krebs<br />

Ringer Henseleit (KRH) o secretina (100 nM) sciolta in KRH. Quando il flusso biliare<br />

diventava costante, i ratti venivano infusi per 30 minuti con secretina, seguita da una finale<br />

infusione di KRH per altri 30 minuti. Durante questo tempo la bile veniva raccolta in tubi<br />

pre-pesati, ogni 10 minuti. La concentrazione di bicarbonato (misurata come CO2 totale) era<br />

determinata mediante ABL 520 Blood Gas System (Radiometer Medical A/S, Copenhagen,<br />

Denmark).<br />

Saggio per la determinazione di cAMP: dopo l’ isolamento, i colangiociti da ogni gruppo di<br />

animali sono stati incubati per 1 ora a 37oC (per rigenerare le proteine di membrana<br />

danneggiate dagli enzimi proteolitici usati per l’isolamento delle cellule)(Kato A. et al 1992) e<br />

successivamente incubati a temperatura ambiente per 5 minuti con 0.2% BSA (basale) o<br />

secretina (100 nM) (Alpini G. 2003; 1999) (LeSage G. et al 1996; 2001) (Glaser S. et al 2000;<br />

2003) con 0.2% BSA. I livelli di cAMP intracellulare (espressi in fmol per 10 5 cellule) sono<br />

stati determinati mediante un kit RIA. (Amersham Life Science).<br />

Valutazione della proliferazione in coltura di NRICC stimolate con rVEGF-A e rVEGF-<br />

C ed inibitori di alcune vie di traduzione del segnale<br />

Le cellule NRICC sono state coltivate fino al 70% di confluenza 9, e successivamente<br />

stimolate con : (i) 0.2% BSA (basale) per 48 ore; o (ii) r-VEGF-A o r-VEGF-C (entrambi a<br />

100 nM con 0.2% BSA) per 48 ore essendo state pre-incubate o meno con BAPTA/AM, un<br />

chelante del [Ca2+]i (Kanno N et al 2001) (5 uM for 2 hours), Gö6976, un inibitore di PKC-<br />

(Morales-Mulia S. et al 2001) (1 uM per 2 ore) o PP2 (un inibitore di Src, 1 uM per 2 ore)<br />

(Alvaro D. et al 2001). Successivamente abbiamo misurato la proliferazione valutando<br />

l’espressione del PCNA mediante immunoblotting o mediante un kit colorimetrico che<br />

evidenzia il numero di cellule biologicamente attive (MTS assay, CellTiter 96AQueous;<br />

12


Promega Corp., Madison, WI) in colture di cellule poste in piastre da 96 pozzetti (10,000<br />

cellule /pozzetto); il numero di cellule è stato valutato mediante assorbanza a 490 nm.<br />

Valutazione dei livelli di IP3 and Ca2+<br />

-Per la misurazione dell’IP3 intracellulare, le NRICC sono state incubate per 1 ora a 37°C e<br />

successivamente stimolate per 10 minuti a 22 C con: (i) 0.2% albumina sierica bovina<br />

(BSA); o (ii) r-VEGF-A o r-VEGF-C (entrambi a 100 nM con 0.2% BSA) essendo state preincubate<br />

o meno con PP2 (un un inibitore di Src, 1 uM per 10 min) (Alvaro D. et al 2001). I<br />

livelli di IP3 intracellulare sono stati valutati mediante un kit per la determinazione di IP3<br />

[ 3 H] (Amersham).<br />

-La misurazione dei livelli di calcio è stata fatta mediante fluo-3 AM (Molecular Probes,<br />

Eugene, Oregon) ed un Fluoroskan Ascent FL (ThermoLabsystems, Helsinki, Finland).<br />

(Kassack M et al 2002) Le NRICC (4 x 10 4 per pozzetto) sono state trattate per 1 ora a<br />

temperatura ambiente con fluo-3 AM 5 M in soluzione Tyrode (TSS, 137 mM NaCl, 2.7<br />

mM KCl, 1 mM MgCl2, 0.2 mM NaH2PO4, 12 mM NaHCO3 and 5.5 mM glucose) with<br />

O.1% Pluronic F-127 (Molecular Probes, Eugene, Oregon), secondo le istruzioni del kit. La<br />

lunghezza d’onda utilizzata è stata di 485 nm, e la concentrazione di [Ca 2+ ]i è stata calcolata<br />

come: [Ca2+]i = Kd(F-Fmin)/(Fmax-F), dove Fmax è l’intensità della fluorescenza misurata<br />

dopo permeabilizzazione delle cellule con 1% NP-40; Fmin , è l’intensità minima della<br />

fluorescenza misurata dopo trattamento con 0.1 M EGTA, un chelante del Ca2+ ; la Kd di<br />

fluo-3 AM era a390 nm (Kao J. Et al 1994)<br />

Valutazione degli effetti di “BDL”, “HAL” e della somministrazione di anticorpi anti-<br />

VEGF-A e –C su: peso corporeo, morfologia del fegato, necrosi ed infiammazione.<br />

Circa 10 differenti aree portali sono state esaminate mediante colorazione con ematossilinaeosina<br />

di sezioni incluse in paraffina (4 um di spessore) ed esaminati con un microscopio<br />

ottico Olympus BX 40 (Olympus Optical Co., Ltd., Tokyo, Japan).<br />

I risultati sono stati classificati in 4 gradi di gravità (-, +, ++, +++) rispetto ai campioni di ratti<br />

BDL (utilizzati come controllo interno, posti con grado +).<br />

La microcircolazione epatica è stata valutata dal gruppo del prof.Gaudio mediante la tecnica<br />

di “corrosion cast” (Gaudio E. et al, Gastronterology 1996). In breve, questa tecnica utilizza<br />

una resina iniettata nell’aorta, dopo la sua polimerizzazione il fegato viene macerato in NaOH<br />

al 20% e ciò che rimane è una sorta di calco della vascolatura epatica, che viene poi<br />

esaminato con un microscopio elettronico a scansione.<br />

Analisi statistica<br />

Tutti i dati sono espressi come mean ± SEM. Differenze tra i gruppi sono state analizzate<br />

mediante il test di Student (t test) per l’analisi di 2 guppi e l’analisi di varianza (ANOVA) per<br />

l’analisi di gruppi maggiori di due.<br />

13


RISULTATI<br />

I colangiociti di ratto esprimono il VEGFR-2 ed il VEGFR-3, il VEGF-A ed il VEGF-C e<br />

secernono VEGF<br />

I dotti biliari di ratti normali e BDL esprimono il VEGFR-2 ed il VEGFR-3, ma non il<br />

VEGFR-1. L’immunoistochimica, mostra che l’espressione di VEGFR-2 e di VEGFR-3 era<br />

più alta nei dotti biliari di ratti BDL che di ratti normali [% colangiociti VEGFR-2 positivi<br />

:46.0 ± 3.2 (BDL) vs. 12.0 ± 1.2 (normali) (p


L’immunoblotting mostra che l’espressione di VEGFR-2 e VEGFR-3 era significativamente<br />

più alta in colangiociti da ratti BDL piuttosto che in colangiociti da ratti normali. (Figura 1c).<br />

Mediante immunoistochimica in sezioni di fegato (Figura 2a), abbiamo trovato che i<br />

colangiociti intraepatici di ratti normali e BDL esprimono il VEGF-A ed il VEGF-C e che<br />

questi fattori sono maggiormente espressi in ratti BDL rispetto a ratti normali.<br />

15<br />

Fig. 1c<br />

Fig.1b


L’analisi molecolare mediante RT-PCR mostra che sia i colangiociti normali che quelli BDL,<br />

esprimono l’ mRNA per il VEGF-A e per il VEGF-C. Come in altri studi, (Rosmorduc et al<br />

1999) tre bande a: 687 bp, 565 bp e 434 bp corrispondenti rispettivamente alle tre isoforme di<br />

VEGF derivanti da splicing alternativo dell’mRNA, l’isoforma VEGF-A 188, l’isoforma<br />

VEGF-A164, e l’isoforma VEGF-A120, erano presenti in colangiociti sia normali che BDL<br />

(Figura 2c). L’espressione della GAPDH era similarlmente espressa sia in colangiociti<br />

normali che da quelli isolati da ratti BDL (Figura 2b).<br />

16<br />

Fig.2a<br />

Fig.2b


Con l’immunoblotting, troviamo che il VEGF-A ed il VEGF-C sono espressi in colangiociti<br />

normali e la loro espressione aumenta dopo BDL (Figura 2c).<br />

Ancora, abbiamo trovato il VEGF nel supernatante di colture primarie di colangiociti normali,<br />

indicando che i colangiociti intraepatici di ratto secernono VEGF. Dopo BDL, la quantità di<br />

VEGF secreto nel medium è significativamente aumentata rispetto alla quantità di VEGF<br />

secreto da colangiociti normali (Figure 2 d).<br />

17<br />

Fig. 2d<br />

Fig.2c


La somministrazione di anticorpi anti-VEGF-A o anti-VEGF-C fa diminuire la<br />

proliferazione dei colangiociti<br />

Il trattamento dei ratti BDL con anticorpi anti-VEGF-A o anti-VEGF-C per 1 settimana, non<br />

ha provocato cambiamenti di peso rispetto ai ratti trattati solo con siero non immunizzato, così<br />

come non si sono notate differenze nel grado di infiammazione portale, necrosi e danno<br />

lobulare. La somministrazione di anticorpi anti-VEGF-A o anti-VEGF-C a ratti che hanno<br />

subìto BDL fa diminuire l’espressione della proteina PCNA (un indice di replicazione<br />

cellulare) rispetto ai colangiociti di ratti BDL trattati solo con siero non-immunizzato. In<br />

figura 3 è rappresentato l’immunoblot corrispondente (dati espressi in rapporto alla b-actina x<br />

100, unità arbitrarie): colangiociti di ratti BDL trattati con anti-VEGF-A (40.4 ± 5.1unità<br />

arbitrarie, n =8) o anti-VEGF-C (44.3 ± 6.8 unità arbitrarie, n =8) siero non immunizzato<br />

(65.3 ± 6.5 unità arbitrarie, n =8<br />

18<br />

Fig.3<br />

Il trattamento con anticorpi anti-VEGF-A o anti-VEGF-C a ratti BDL diminuisce, in sezioni<br />

di fegato, il numero di colangiociti PCNA- e CK-19- positivi e di dotti -GT positivi.<br />

Quando ratti BDL sono stati trattati simultaneamente con entrambi gli anticorpi anti-VEGF-A<br />

+ C abbiamo ottenuto un maggiore decremento del numero di colangiociti PCNA- and CK-<br />

19-positivi e di dotti biliari GT-positivi,


Treatment<br />

BDL + non-immune<br />

serum<br />

BDL + anty-VEGF-<br />

A antibody<br />

BDL + anty-VEGF-<br />

C antibody<br />

BDL + anty-VEGF-<br />

A+C antibody<br />

PCNA-positive<br />

Cholangiocytes<br />

(n = 5)<br />

39.0 ± 1.9<br />

17.0 ± 1.0<br />

17.0 ± 1.3<br />

6.4 ± 0.9<br />

19<br />

CK-19-positive<br />

Cholangiocytes<br />

(n = 6)<br />

133.8 ± 5.7<br />

82.7 ± 1.0<br />

77.0 ± 3.3<br />

54.5 ± 3.7<br />

Bile Duct<br />

Volum (%)<br />

(n = 11)<br />

7.0 ± 0.6<br />

1.2 ± 0.2<br />

1.9 ± 0.3<br />

0.4 ± 0.06<br />

La somministrazione cronica di anticorpi anti-VEGF-A o anti-VEGF-C ai ratti BDL<br />

inibisce l’aumento di cAMP e d bicarbonato secreto nella bile.<br />

Abbiamo valutato gli effetti della somministrazione cronica di siero non-immunizzato o di<br />

anticorpi anti-VEGF-A o anti-VEGF-C sui livelli di cAMP basali e stimolati da secretina e<br />

sulla quantità di bicarbonato presenti nella bile, due parametri funzionali della proliferazione<br />

dei colangiociti (Alpini G. 2003; 1999) (LeSage G. et al 1996; 2001) (Glaser S. et al 2000;<br />

2003).<br />

o I livelli intracellulari di cAMP di colangiociti isolati da ratti BDL trattati con siero nonimmunizzato<br />

erano simili a quelli di colangiociti da ratti BDL. Come in numerosi studi<br />

precedenti, l’aggiunta di secretina incrementava i livelli di cAMP di colangiociti isolati da<br />

ratti BDL e trattati con siero non-immunizzato (Glaser S, et al 2000; 2003). In accordo con il<br />

concetto che il blocco della secrezione di VEGF da parte dei colangiociti inibisce la<br />

proliferazione di colangiociti BDL, la somministrazione di anticorpi anti-VEGF-A o anti-<br />

VEGF-C faceva diminuire sia la sintesi di cAMP basale che di quella stimolata da secretina<br />

rispetto al cAMP di colangiociti isolati da ratti trattati con siero non-immunizzato (Figura 4).<br />

Fig. 4<br />

Tab. 1


o Il flusso biliare e la concentrazione di bicarbonato della bile di ratti B<strong>DI</strong> trattati con siero<br />

non-immunizzato erano simili a quelli di ratti B<strong>DI</strong> non trattati (Tabella 1)). In accordo con<br />

studi precedenti (Alpini G. et al 1988), la secretina incrementava il flusso di bile e la<br />

secrezione di bicarbonato (Tabella 1). La somministrazione di anticorpi anti-VEGF-A o anti-<br />

VEGF-C diminuiva il flusso biliare la concentrazione e la secrezione di bicarbonato (rispetto<br />

ai ratti B<strong>DI</strong> trattati con siero non-immunizzato) e bloccava l’effetto stimolatorio della<br />

secretina sulla secrezione di bile e di bicarbonato (Tabella 2).<br />

L’inibizione della proliferazione e della secrezione duttale stimolata dalla secretina, dei<br />

colangiociti di ratti BDL (causata dalla somministrazione di anticorpi anti-VEGF-A o<br />

anti-VEGF-C) dipende da una diminuita espressione proteica e secrezione di VEGF<br />

(Meccanismo autocrino).<br />

La concentrazione sierica di VEGF in ratti normali era di 226.12 ± 5.6 ng/ml, n = 4 come<br />

descritto anche da altri autori nel ratto e nell’uomo (Yin R et al 2000) ( Assy N. et al 1999)<br />

Dopo BDL, c’è un incremento della concentrazione di questo fattore: [VEGF] = 291.04 ±<br />

10.04, n = 4 (p < 0.05).<br />

In ratti BDL trattati con anticorpi anti-VEGF A ed anti-VEGF C, in cui si vede una diminuita<br />

induzione della proliferazione dei colangiociti e della secrezione duttale, abbiamo controllato<br />

l’espressione e la secrezione di VEGF ed abbiamo trovato che: la somministrazione di<br />

anticorpi anti-VEGF-A ed anti-VEGF-C ai ratti BDL riduce nei colangiociti l’espressione<br />

delle proteine VEGF-A e VEGF-C; la secrezione di VEGF nel medium da parte di<br />

colangiociti isolati da tali ratti diminuisce rispetto ai colangiociti isolati da ratti BDL trattati<br />

con siero non immunizzato (Figura 5).<br />

20<br />

Tab. 2


21<br />

Fig. 5<br />

La somministratione di r-VEGF-A e r-VEGF-C a ratti normali induce la proliferazione<br />

dei colangiociti che è associata all’attivazione della via IP3/Ca2+/PKC- e la<br />

fosforilazione di Src ed ERK1/2<br />

a) La sommnistrazione cronica di r-VEGF-A o r-VEGF-C a ratti normali induce la<br />

proliferazione dei colangiociti, come dimostrato, in sezioni di fegato, da un aumentato numero<br />

di colangiociti PCNA- e CK-19-positivi e dei dotti -GT-positivi, rispetto a ratti normali<br />

trattati con soluzione salina (tabella 3).<br />

Tab. 3.<br />

b) Nelle colture di colangiociti normali (NRICC), sia il r-VEGF-A che il r-VEGF-C<br />

aumentano la proliferazione cellulare, come dimostrato con l’utilizzo del saggio MTS in cui si<br />

evidenzia un incremento dell’assorbanza cellulare (un indice del numero di cellule) rispetto ai<br />

valori basali (Figura 6).


22<br />

Fig. 6<br />

<br />

<br />

<br />

Anche l’espressione proteica del PCNA aumenta nelle NRICC trattate con r-VEGF-A o r-<br />

VEGF-C (100nM), rispetto alle stesse cellule non trattate e questo incremento in PCNA viene<br />

bloccato da BAPTA/AM, un chelante del calcio (5uM per 2 ore) (Kanno N et al J Hepatol.<br />

2001), da Gö6976 un inibitore di PKC- u per 2 oreMartiny-Baron<br />

G, et al, J Biol Chem<br />

1993) e da PP2 un inibitore di Src u per 2 oreAlvaro<br />

et al Hepatology 2002). (Figura 7)<br />

Fig. 7


c) Parallelamente all’aumento della proliferatione, sia il r-VEGF-A che il r-VEGF-C<br />

determinano una diminuzione della fosforilazione di Src Tyr 530 (resultato non disponibile),<br />

ma un aumento della fosforilazione dei residui Tyr 139 (che regolano positivamente l’attività<br />

di Src) (Stephens LR et al 2001) (Figure 8), cambiamenti che insieme indicano un’ aumentata<br />

attivià di Src.<br />

23<br />

Fig. 8<br />

d) Ancora troviamo che nelle NRICC entrambi r-VEGF-A e r-VEGF-C aumentano la<br />

fosforilazione di ERK1/2 (Figura 9). Nè r-VEGF-A nè r-VEGF-C alterano la fosforilazione di<br />

p38 o JNK.<br />

Fig. 9


e) Nelle NRICC, trattate con r-VEGF-A o r-VEGF-C abbiamo trovato che c’è un aumento di<br />

IP3 (Figura 9) e dei livelli di [Ca2+]i (Tabella 3) rispetto a NRICC trattate con albumina<br />

sierica bovina (BSA) allo 0.2%. Abbiamo inoltre trovato che l’aumento dei livelli di IP3<br />

dovuto al VEGF-A ed al VEGF-C, non era bloccato dal PP2, (inibitore di Src), indicando che<br />

Src interviene a valle degli aumenti di IP3/Ca2+.<br />

24<br />

Tab. 3<br />

Fig. 10<br />

f) Abbiamo inoltre visto che nelle cellule NRICC, sia r-VEGF-A che r-VEGF-C inducono in<br />

vitro la fosforilazione della PKC- Ca2+-dipendente, (Figura 11), che già in altri lavori<br />

abbiamo dimostrato essere coinvolta nella regolazione delle funzioni dei colangiociti (Alpini<br />

G. et al 2002) (Glaser S. et al 2000).


25<br />

Fig. 11<br />

Effetto di HAL e r-VEGF-A su peso corporeo, morfologia epatica, necrosi ed<br />

infiammazione<br />

Nessun cambiamento in peso corporeo è stato osservato tra i gruppi di ratti BDL (161.7 ± 4.0<br />

gm), BDL + HAL (172.3 ± 7.0 gm) e BDL + HAL + r-VEGF-A (165.6 ± 5.6 gm). Non sono<br />

state osservate differenze significative nel grado di infiammazione portale, necrosi, e danno<br />

lobulare tra i ratti BDL ed i ratti che (immediatamente dopo BDL + HAL) sono stati trattati<br />

con BSA allo 0.2% o r-VEGF-A per 1 settimana (Tabella 4).<br />

Trattamento<br />

BDL 1 week<br />

BDL + HAL +<br />

0.2% BSA<br />

1 week<br />

BDL + HAL + r-<br />

VEGF-A<br />

1 week<br />

Infiammazione<br />

+<br />

+/-<br />

+/-<br />

Necrosi<br />

+<br />

+/-<br />

+/-<br />

Danno<br />

lobulare<br />

+<br />

+/-<br />

+<br />

Tab. 4


Effetto di HAL e r-VEGF-A sul plesso peribiliare e sull’espressione del VEGF<br />

Il plesso peribiliare chiaramente visibile nei ratti BDL 1 settimana, mediante la tecnica di<br />

“corrosion cast” e microscopia elettronica (Gaudio E. et al, 1996), non è stato osservato nei<br />

ratti BDL + HAL, risultato plausibile dato che il plesso peribiliare è supportato dall’arteria<br />

epatica. In ratti normali, il PBP è visibile più facilmente nel largo tratto portale. Nel piccolo<br />

tratto portale, il PBP è caratterizzato da uno strato singolo di capillari o anche da un singolo<br />

capillare. Il trattamento con r-VEGF-A nei ratti BDL+HAL previene la scomparsa del PBP.<br />

Il pattern microvascolare osservato dopo somministrazione di r-VEGF-A nei ratti BDL +<br />

HAL evidenzia un PBP con caratteristiche simili a quelle già descritte nei ratti BDL (Gaudio<br />

E. et al, 1996) (Figura 12).<br />

26<br />

Fig. 12<br />

L’ immunoistochimica in sezioni di fegato da ratti BDL mostra che HAL induce un<br />

decremento nel numero di colangiociti VEGF-A-positivi e del numero di recettori VEGFR-2<br />

e VEGFR-3. La diminuzione di VEGF-A e dei recettori VEGFR-2 e –3 osservata nei ratti<br />

BDL + HAL non si osserva se subito dopo BDL + HAL comincia il trattamento con r-VEGF-<br />

A, ma si ottiene una condizione simile a quella di ratti BDL (Tabella 5).


Treatment<br />

BDL 1 week<br />

(n = 6)<br />

BDL + HAL +<br />

0.2% BSA<br />

1 week<br />

(n = 6)<br />

BDL + HAL +<br />

r-VEGF-A<br />

1 week<br />

(n = 6)<br />

VEGF-A<br />

expression<br />

(% positive<br />

cholangiocyte)<br />

78.3 ± 3.9<br />

23.1 ± 2.7*<br />

74.9 ± 2.9 #<br />

VEGFR-1<br />

expression<br />

(% positive<br />

cholangiocytes)<br />

Negative<br />

Negative<br />

Negative<br />

In colangiociti di ratti BDL+HAL, si asiste ad una marcata diminuzione della secrezione del<br />

VEGF rispetto a colangiociti di ratti BDL di 1 settimana. La somministrazione di r-VEGF-A<br />

previene, nei colangiociti, il decremento della secrezione di VEGF indotta da HAL. Negli<br />

epatociti, a differenza dei colangiociti, la secrezione di VEGF non aumenta nei ratti BDL, e<br />

comunque la legatura dell’arteria epatica riduce ulteriormente la secrezione di tale fattore.<br />

Come nei colangiociti, in ratti BDL + HAL + r-VEGF la quantità di VEGF secreta<br />

incrementa. (Figura 13).<br />

27<br />

VEGFR-2<br />

expression<br />

(% positive<br />

cholangiocytes)<br />

46.2 ± 3.2<br />

25.6 ± 1.8*<br />

48.1 ± 3.7<br />

VEGFR-3<br />

expression<br />

(% positive<br />

cholangiocytes)<br />

49.4 ± 2.9<br />

10.5 ± 2.1*<br />

81.6 ± 3.2 #


28<br />

Fig. 13<br />

Apoptosi dei colangiociti<br />

Come altri studi hanno già dimostrato (Marzioni M. et al, 2003), l’analisi TUNEL in sezioni<br />

di fegato di ratti normali e BDL, mostra pochi corpi apoptotici. Quando i ratti sono sottoposti<br />

a BDL + HAL, il numero colangiociti che va incontro ad apoptosi, aumenta (p < 0.05; n = 8)<br />

rispetto a quanto osservato in sezioni di fegato di ratti BDL. HAL non ha nessun effetto<br />

sull’entità dell’ apoptosi di colangiociti di ratti normali (risultati non mostrati). La<br />

somministrazione cronica di r-VEGF-A previene l’incremento dell’apoptosi dei colangiociti<br />

indotto da HAL nei ratti BDL (Figura 14).


Proliferazione dei Colangiociti<br />

29<br />

Fig.14<br />

o In sezioni di fegato di ratti BDL + HAL, in numero di colangiociti PCNA- e CK-19positivi<br />

(p


icarbonato stimolato dalla secretina, che invece risultano simili a quelli osservati in ratti<br />

BDL.<br />

o In accordo con altri studi (Kanno N. et al 2000), la secretina incrementa i livelli di<br />

cAMP intracellulare p


colangiociti e cellule endoteliali, che media i loro cambiamenti adattativi durante il danno<br />

epatico.<br />

La proliferazione del Plesso Peribiliare (PBP) comunque avviene successivamente a quella<br />

dell’epitelio biliare (Gaudio E. et al, 1996) Anche recenti ulteriori approfondimenti da parte<br />

del nostro gruppo, in ratti con legatura del dotto biliare principale da 1 settimana (ratti BDL 1<br />

settimana), hanno messo in evidenza che solo i colangiociti (e rari epatociti) esprimono il<br />

PCNA, mentre le cellule endoteliali sono negative per questo antigene di proliferazione. Dopo<br />

2 settimane di BDL, invece, proliferano sia i colangiociti che le cellule endoteliali mostrando<br />

un’alta positività per il PCNA. Anche l’espressione del fattore VIII (un marker delle cellule<br />

endoteliali) aumenta solo dopo 2 settimane di BDL e non dopo una, confermando che<br />

l’espansione del PBP segue in ordine temporale l’incremento della massa dei dotti biliari.<br />

Premesso ciò, è ragionevole supporre che i colangiociti proliferanti modulano la risposta<br />

adattativa del letto vascolare. Con questo background, abbiamo valutato il ruolo del VEGF nel<br />

modulare la patofisiologia dei colangiociti di ratto dopo BDL.<br />

Abbiamo dimostrato che:<br />

1. il VEGFR-2 ed il VEGFR-3 sono presenti in colangiociti normali, e la loro<br />

espressione aumenta dopo BDL;<br />

2. il VEGF-A ed il VEGF-C sono espressi nei colangiociti normali, e la loro espressione<br />

aumenta dopo BDL; inoltre,<br />

3. nel medium di colture primarie di colangiociti normali abbiamo trovato una discreta<br />

quantità di VEGF, che aumenta significativamente nel medium di colangiociti isolati da ratti<br />

BDL.<br />

A questo punto lo studio è proseguito per comprendere se e come il VEGF fosse implicato<br />

nella regolazione della proliferazione dei colangiociti e successivamente nelle interrelazioni<br />

con il plesso peribiliare, indispensabile per sostenere le richieste metaboliche della massa<br />

biliare proliferante.<br />

Per far questo, abbiamo sottoposto gli animali prima alla legatura del dotto biliare (BDL) per<br />

indurre la proliferazione e subito dopo al trattamento cronico con anticorpi anti-VEGF, per 1<br />

settimana, in particolare con anticorpi anti-VEGF-A ed anti-VEGF-C, che legano il dominio<br />

funzionale del VEGF-A e del VEGF-C. Questo trattamento in vivo ha inibito la proliferazione<br />

dei colangiociti indotta da BDL, e quando gli anticorpi venivano somministrati insieme,<br />

l’effetto inibitorio sulla proliferazione era maggiore. Dato che il VEGF-A ed il VEGF-C<br />

attivano meccanismi del segnale simili, ci si potrebbe aspettare che il VEGF-A sia abile a<br />

compensare in caso di blocco del VEGF-C e viceversa.<br />

In realtà noi riscontriamo che non c’è compensazione tra i due fattori, cioè otteniamo lo stesso<br />

effetto inibitorio sia con il VEGF-A che con il VEGF-C; inoltre quando in ratti BDL i due<br />

anticorpi vengono somministrati insieme, si ottiene un effetto inibitorio maggiore.<br />

Colture primarie di epatociti, mettono in evidenza che anche queste cellule secernono il<br />

VEGF, come dimostrato anche da altri autori (LeCouter J et al 2003) (Taniguchi E et al<br />

2001); questo potrebbe far pensare alla possibilità che la crescita dei colangiociti sia regolata<br />

anche da un meccanismo paracrino ad opera degli epatociti; però, a differenza di ciò che<br />

succede nei colangiociti, la secrezione epatocitaria di VEGF non aumenta dopo BDL e non<br />

cambia dopo somministrazione di anticorpi anti-VEGF, per cui noi proponiamo il VEGF,<br />

secreto dai colangiociti, modula, attraverso un meccanismo autocrino, la proliferazione<br />

dell’albero biliare intraepatico. anche se una via paracrina ad opera degli epatociti e<br />

probabilmente di altre cellule epatiche non può essere esclusa. E’ chiaro che ulteriori studi<br />

andranno fatti per individuare la presenza del VEGF in altri tipi cellulari epatici, per<br />

comprendere quali sono le comunicazioni intercellulari, soprattutto in corso di colangipatie.<br />

Inoltre abbiamo trattato ratti normali con r-VEGF-A o r-VEGF-C per una settimana ed<br />

abbiamo riscontrato che questi fattori di crescita determinano un incremento della<br />

31


proliferazione colangiocitaria. Così per valutare direttamente il ruolo ed il meccanismo di<br />

azione mediante il quale il VEGF modula la proliferazione dei colangiociti abbiamo incubato<br />

le cellule NRICC (colture di colangiociti normali di ratto) (Alpini G. et al 2003) (che, come i<br />

colangiociti isolati di fresco esprimono il VEGFR-2 ed il VEGFR-3) con r-VEGF-A o r-<br />

VEGF-C ed abbiamo dimostrato la capacità del VEGF di indurre in vitro la proliferazione dei<br />

colangiociti. Per quanto riguarda la via di trasduzione del segnale coinvolta, sempre nelle<br />

NRICC abbiamo visto che il VEGF induce un incremento dei livelli di IP3 e di Ca 2+<br />

intracellulari, come pure la fosforilazione di PKC- e di Src.<br />

Svariati studi hanno messo in evidenza che anche nelle cellule endoteliali il VEGF induce<br />

l’attivazione della fosfolipasi C gamma (PLC- ), con conseguente rilascio di diacilglicerolo<br />

ed IP3, aumento del Ca 2+ intracellulare ed attivazione di PKC ((Taniguchi E et al 2001)<br />

(McLaughlin AP, et al 2001); anche in queste cellule gli inibitori di PKC ne diminuiscono la<br />

proliferazione (Spyridopoulos I, et al 2002).<br />

Abbiamo inoltre trovato che nei colangiociti isolati il VEGF induce la fosforilazione di<br />

ERK1/2 (ma non di p38 e JNK). Quest’ultimo risultato suggerisce un ruolo chiave delle<br />

isoforme ERK 1/2 delle MAPK nella regolazione della proliferazione dei colangiociti, in<br />

quanto l’attivazione di queste chinasi avviene anche ad opera di altri fattori che inducono la<br />

proliferazione delle cellule biliari, come ad esempio gli estrogeni e l’ IGF-1 (Alvaro D. et al<br />

2000; 2001).<br />

Abbiamo riscontrato che nelle NRICC, il VEGF incrementa la fosforilazione della tirosina<br />

Tyr 139 di Src, che la regola positivamente (Stephens LR, et al). Src è una proteina adattatrice<br />

legata alle proteine-G accoppiate ai recettori di membrana e la sua attivazione nelle cellule<br />

endoteliali è stata considerata una delle prime fasi dell’attivazione del signaling del VEGF<br />

(Chou MT et al 2002). In generale comunque Src può rappresentare uno dei primi step<br />

dell’attivazione della cascata RAS/RAF/MEK/ERK. I nostri esperimenti indicano che<br />

l’attivazione di Src ad opera del VEGF nei colangiociti, è un evento successivo all’aumento di<br />

IP3 ed alla mobilitazione del Ca2+ , dato che nelle cellule NRICC l’incremento di IP3 e Ca2+<br />

indotto dal VEGF non è influenzato dal PP2, un inibitore specifico di Src.<br />

Questi dati concorrono ad indicare il VEGF come un fattore importante, che, con un<br />

meccanismo autocrino, ha un ruolo chiave nel modulare la risposta proliferativa dei<br />

colangiociti alla colestasi.<br />

Sulla base di questi risultati, è stato molto interessante indagare se e come il<br />

VEGF possa intervenire nella regolazione dei meccanismi che si instaurano a seguito di<br />

interruzzione dell’apporto vascolare arterioso (per esempio ad opera di clamps durante<br />

operazioni chirurgiche, trapianti, o a causa di vere e proprie occlusioni arteriose, etc.), in<br />

corso di colangiopatia.<br />

Abbiamo quindi condotto degli esperimenti su ratti sottoposti a BDL e subito a HAL (Hepatic<br />

Artery Ligation) per una settimana, e ratti sottoposti a BDL + HAL a cui subito veniva<br />

impiantata una minipompa intraperitoneale che continuamente rilasciava dosi costanti di r-<br />

VEGF-A, sempre per una settimana, mettendoli in relazione a ratti con solo BDL.<br />

La legatura dell’arteria epatica blocca tutti gli effetti dovuti alla legatura del dotto biliare<br />

(BDL). Lo studio dimostra infatti che nei ratti BDL, la legatura dell’arteria epatica HAL: (i)<br />

blocca la formazione del plesso peribiliare; (ii) diminuisce l’immunolocalizzazione di<br />

VEGFR-2 e di VEGFR-3 e del VEGF in sezioni di fegato, e la secrezione del VEGF nei<br />

colangiociti. (iii) incrementa l’apoptosi e diminuisce la proliferazione dei colangiociti; (iv)<br />

diminuisce la sintesi di cAMP basale e stimolata da secretina; (v) diminuisce il flusso biliare e<br />

la secrezione di bicarbonato basali e stimolati da secretina.<br />

Tutti gli effetti avversi di HAL sul plesso peribiliare, sull’ espressione e secrezione del VEGF,<br />

e sull’attività proliferativa e secretoria indotta da BDL, sono prevenuti dalla somministrazione<br />

cronica in vivo di r-VEGF.<br />

32


Siccome abbiamo dimostrato che il VEGF non è espresso in condizioni normali, ma<br />

marcatamente espresso e secreto dai colangiociti proliferanti di ratti BDL, (Barbaro B. et al<br />

2002) i risultati ottenuti con la legatura dell’arteria epatica, ci suggeriscono che l’interruzione<br />

dell’apporto di sangue arterioso ai colangiociti BDL, caratterizzata, d’altronde, dal mancato<br />

sviluppo del plesso peribiliare, compromette la sintesi di VEGF, con conseguente blocco della<br />

proliferazione ed aumento dell’apoptosi. D’altra parte, questo è confermato dal fatto che tutti<br />

gli effetti della legatura dell’arteria epatica sui ratti BDL non si verificano quando c’è la<br />

contemporanea somministrazione cronica in vivo di r-VEGF. Inoltre la dose di r-VEGF<br />

somministrata induce dei livelli sierici di VEGF simili a quelli trovati nei ratti BDL, che sono<br />

significativamente più alti di quelli di ratti normali.<br />

La legatura dell’arteria epatica non ha nessun effetto in fegati di ratti normali confermando<br />

altri studi in cui, questo è stato spiegato con la presenza di arterie accessorie o di anastomosi<br />

tra il PBP ed il sistema portale, che, se necessario, intervengono per supplire all’ interruzione<br />

dell’apporto di sangue attraverso l’arteria epatica (Itai Y et al 1997) (Burczynski FJ et al<br />

1996) (Castaing D et al 1980). Evidentemente, quando i dotti biliari intraepatici proliferano<br />

dopo BDL, l’apporto di sangue attraverso l’arteria epatica diventa fondamentale per<br />

sostentare la massa duttale che si sta espandendo. A questo punto, d’altra parte non si può<br />

escludere che la diminuita espressione e secrezione di VEGF in ratti BDL + HAL sia una<br />

conseguenza della diminuita proliferazione dei dotti a causa del diminuito afflusso di sangue.<br />

In ogni caso, comunque, la ridotta sintesi e quindi il minor rilascio di VEGF da parte dei<br />

colangiociti, gioca un ruolo importante nel compromettere la proliferazione e l’aumento della<br />

secrezione duttale indotte da BDL.<br />

CONCLUSIONI<br />

In conclusione, il nostro studio indica che il VEGF, con un meccanismo autocrino, ha un<br />

ruolo chiave nel modulare la risposta proliferativa dei colangiociti alla colestasi. In altre<br />

parole, lo studio ci indica l’attivazione del sistema del VEGF come un meccanismo protettivo<br />

durante il danno epatico sperimentale, suggerendo che la regolazione della sintesi o della<br />

secrezione epatica di VEGF, può rappresentare un’importante potenziale strategia terapeutica<br />

di controllo del bilancio proliferazione/perdita dei colangiociti nel corso di colangiopatie.<br />

Questo studio ha delle notevoli implicazioni cliniche dato che lesioni ischemiche dei dotti<br />

biliari sono considerate possibili cause di disordini colestatici, in particolare dopo trapianto di<br />

fegato, operazioni chirurgiche epatiche e chemioterapia intra-arteriosa (Kirkin V, et al 2001)<br />

(Fort P, et al 1985)<br />

Durante il trapianto di fegato, infatti, i colangiociti sono bersaglio di danni ischemici,<br />

purtroppo non sempre reversibili, associati sia al processo di ischemia-riperfusione, che<br />

proprio a lesioni chirurgiche dell’arteria epatica (Batts KP et al 1998) (Ben-Ari Z et al 2003).<br />

Anche durante le malattie colestatiche croniche, soprattutto nella colangite sclerosante<br />

primaria, lesioni dell’arteria epatica o delle sue diramazioni, sono considerate una delle<br />

principali cause del danno dei dotti biliari e della colestasi correlata (Siegel EG et al 1998).<br />

Questo studio, quindi può servire come background sperimentale per comprendere meglio la<br />

patofisiologia dei colangiociti nelle malattie colestatiche, in relazione al supporto vascolare<br />

arterioso.<br />

Gli effetti benefici del VEGF sono quindi da prendere in considerazione nel management di<br />

queste condizioni patologiche.<br />

La questione è delicata dal momento che il VEGF è uno dei fattori di crescita principali<br />

implicati nell’angiogenesi e, come si evince anche dal nostro studio, un fattore che promuove<br />

intensamente la proliferazione cellulare.<br />

Sono in continua crescita gli studi per poter trovare dei farmaci anti-angiogenetici e<br />

specificatamente anticorpi anti-VEGF o recettori solubili che impediscono il normale legame<br />

del VEGF ai suoi recettori, oppure farmaci anti tirosina chinatici, per contrastare la crescita<br />

33


neoplastica. D’altra parte esistono sempre nuovi metodi per stimolare la produzione di VEGF<br />

o proprio per veicolare questo fattore in tessuti ischemici per stimolarne la<br />

neovascolarizzazione.<br />

Il dilemma è sempre quello di poter trovare un bilanciamento tra proliferazione ed apoptosi.<br />

34


II PARTE<br />

INTRODUZIONE<br />

Più di un secolo fa la ricerca sull’angiogenesi portò all’osservazione che la crescita dei tumori<br />

umani è spesso accompagnata da un aumento della rete vascolare. L’esistenza di fattori<br />

prodotti dal tumore capaci di promuovere la formazione e la crescita di nuovi vasi è un passo<br />

cruciale per la crescita tumorale sostenuta da una rete vascolare che cresce di pari passo col<br />

tumore stesso..<br />

Il ruolo del VEGF e della neogenesi vascolare nella crescita neoplastica é attualmente oggetto<br />

di numerose ricerche ma nulla, riguardo a questo, é conosciuto sul colangiocarcinoma. D’altra<br />

parte l’aver osservato che il VEGF è un fattore che interviene nella proliferazione dei<br />

colangiociti sarà interessante andare ad osservare come esso moduli la crescita del<br />

colangiocarcinoma.<br />

Avendo già cominciato ad osservare l’espressione di recettori per il 17β-estradiolo e per<br />

l’IGF1, ho continuato a studiare la proliferazione del colangiocarcinoma ad opera dell’ l’IGF1<br />

e degli estrogeni (EE), già evidenziati essere dei modulatori positivi della crescita<br />

colangiocitaria, risultati che illustrerò nella seconda parte di questa tesi.<br />

Questo studio getterà ulteriori basi allo studio successivo del ruolo del VEGF, diretto ed in<br />

cooperazione con gli altri fattori di crescita, tra cui IGF1 ed EE, nella modulazione della<br />

crescita della massa tumorale.<br />

COLANGIOCARCINOMA<br />

Il colangiocarcinoma è un adenocarcinoma, che origina dai colangiociti. Esso costituisce<br />

attualmente una sfida sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico, rappresentando una<br />

delle neoplasie a prognosi più infausta<br />

Dal punto di vista anatomico il colangiocarcinoma può essere classificato in due forme, intra<br />

ed extraepatica e dal punto di vista morfologico può essere suddiviso in 3 tipi: (I) formante<br />

massa, (II) a crescita periduttale e (III) a crescita intraduttale.(Gores GJ, 2003).<br />

Il colangiocarcinoma è contraddistinto da una condizione di infiammazione cronica,<br />

associata ad una parziale ostruzione del flusso biliare, che, dopo un certo periodo di latenza,<br />

risulta in grado di scatenare il processo carcinogenetico.<br />

Un ruolo chiave nel processo carcinogenetico sarebbe svolto dall’ossido nitrico, l’eccessiva<br />

produzione del quale, determinata dall’induzione, ad opera delle citochine pro-infiammatorie<br />

(TNF-α, IL-6 etc.), dell’ossido nitrico sintetasi inducibile, determinerebbe un danno<br />

ossidativo a carico del DNA dei colangiociti (Park J et al, 1999)<br />

Il colangiocarcinoma è oggi considerato una neoplasia “fatale”, essendo diagnosticato per lo<br />

più tardivamente quando le terapie attualmente disponibili sono applicabili soltanto nella metà<br />

dei pazienti.<br />

Esso si caratterizza per una notevole resistenza ai comuni chemioterapici tanto che non esiste<br />

attualmente alcun trattamento capace di rallentarne la progressione. (Blendis L et al 2004).<br />

Nell’ultima decade sono stati portati a termine numerosi studi volti ad individuare le<br />

alterazioni molecolari ed i geni interessati nella trasformazione neoplastica dei colangiociti e<br />

quindi, successivamente, una terapia rivolta contro specifici targets molecolari.<br />

Le mutazioni del gene K-ras, ad esempio, sono risultate più frequenti nella forma ilare mentre<br />

quelle dell’oncogene BRAF, dell’oncosoppressore DCP4/Smad4 (un importante componente<br />

a valle della cascata del fattore di crescita TGF-β), di p53 e p16 sono prevalenti nelle forme<br />

distali. Inoltre, studi di immunoistochimica hanno mostrato che i recettori ad attività<br />

tirosinchinasica Erb-B2 e Met, l’aspartil(asparaginil)β-idrossilasi, una proteina implicata nella<br />

migrazione cellulare, e la ciclina D1 risultano overespressi nel colangiocarcinoma mentre il<br />

recettore Fas e quelli della β catenina e della caderina E risultano down-regolati, favorendo<br />

35


così l’escape delle cellule tumorali dalla sorveglianza immune e l’adesione a distanza (Gores<br />

GJ, 2003). Nell’ultimo anno un interesse crescente hanno suscitato un gruppo di proteine<br />

altamente glicosilate, denominate mucine, l’espressione immunoistochimica di alcune (MUC1<br />

e MUC4) e sierica di altre (MUC5AC) è stata correlata ad una prognosi peggiore del<br />

colangiocarcinoma, mentre l’espressione di altre, come ad esempio MUC2, ad una prognosi<br />

più favorevole. Sulla base di queste scoperte, sono stati condotti in vivo e in vitro diversi<br />

studi preclinici basati sull’impiego di inibitori di specifici targets molecolari, come ad<br />

esempio il celecoxib,un inibitore selettivo della COX-2, che è stato sperimentato sia su linee<br />

cellulari umane che di ratto, ottenendo una inibizione dose-dipendente della crescita e<br />

un’induzione dell’apoptosi delle cellule di colangiocarcinoma (Gores GJ, 2003).<br />

RUOLO <strong>DI</strong> ESTROGENI E IGF-1 NELLA PATOLOGIA DEI COLANGIOCITI<br />

I colangiociti costituiscono il bersaglio del danno in un gruppo di malattie colestatiche<br />

croniche (colangiopatie) recentemente classificate come “Sindrome da vanificazione dei dotti<br />

biliari” (Boyer JL et al 1997). Tali malattie, infatti, si caratterizzano per la progressiva<br />

distruzione dei dotti biliari intraepatici evolvente, nelle fasi terminali, verso una grave<br />

condizione duttopenica. La cirrosi biliare primitiva (CBP) e la colangite sclerosante primitiva<br />

(CSP) sono le patologie maggiormente responsabili della sindrome da vanificazione dei dotti<br />

biliari nell’uomo. Il colangiocarcinoma e la formazione delle cisti epatiche in corso di<br />

ADPKD sono altre due manifestazioni patologiche originanti dai colangiociti che mettono in<br />

evidenza quanto sia fondamentale il controllo dei processi proliferativi ed apoptotici a carico<br />

dei colangiociti. La proliferazione dei colangiociti, come meccanismo di riparazione del<br />

danno si verifica in molte, se non in tutte, le condizioni di danno epatico e, secondo il<br />

pensiero emergente, potrebbe influenzare l’anatomia e la fisiopatologia dell’intero fegato, in<br />

quanto i colangiociti proliferanti, producono e secernono diverse citochine, fattori di crescita,<br />

neuropeptidi ed ormoni, attraverso i quali si instaura un cross-talk tra i colangiociti e le altre<br />

cellule parenchimali e mesenchimali epatiche (vedi introduzione I parte). La CBP è la più<br />

frequente delle colangiopatie duttopeniche acquisite ed attualmente è considerata una malattia<br />

a dimorfismo sessuale colpendo specificatamente le donne ed insorgendo prevalentemente nel<br />

periodo peri-post menopausale. Recentemente, inoltre, è emerso che la terapia sostitutiva<br />

estrogenica esercita effetti favorevoli sulla progressione della malattia. La malattia policistica<br />

epatica in corso di ADPKD, al contrario, è fortemente influenzata nella sua insorgenza e<br />

progressione dallo stimolo estrogenico. Da queste evidenze è nato da tempo l’interesse per lo<br />

studio della regolazione da parte degli estrogeni della proliferazione dei dotti biliari.<br />

Il nostro gruppo ha recentemente dimostrato che gli estrogeni svolgono un ruolo importante<br />

nel favorire la proliferazione dei colangiociti. Nei ratti BDL esiste un forte aumento<br />

dell’espressione dei recettori degli estrogeni, inoltre, la proliferazione indotta durante BDL<br />

regredisce marcatamente nei ratti BDL trattati con antagonisti dei recettori per gli estrogeni<br />

(tamoxifen ed Ici) o sottoposti ad ovariectomia (Alvaro D. et al 2000, 2002). Gli estrogeni<br />

agirebbero sia in maniera diretta (genomica), che indiretta (non genomica) con attivazione<br />

delle vie intracellulari (Ras/Raf/Erk) che sono tipiche dei fattori di crescita (Alvaro D. et al<br />

2002). Gli estrogeni potrebbero, quindi, agire sulla proliferazione dei colangiociti potenziando<br />

l’effetto dei fattori di crescita. Tra i vari fattori di crescita l’IGF1 è sicuramente il più<br />

interessante sia perché il fegato ne è la principale sede di produzione, sia perché una serie di<br />

studi condotti su cellule che esprimono recettori degli estrogeni hanno dimostrato l’effetto di<br />

potenziamento tra estrogeni ed IGF-1 sulla modulazione di proliferazione, apoptosi cellulare e<br />

differenziazione tissutale. In aggiunta l’IGF1 è stato recentemente molto studiato nella<br />

patologia neoplastica e i suoi livelli sierici sono strettamente correlati con la rapidità di<br />

crescita di vari tumori come quello della mammella e del pancreas. Alte concentrazioni<br />

sieriche di IGF-1, in aggiunta, sono associate ad aumentato rischio di cancro della mammella,<br />

36


della prostata, del colon-retto, del pancreas e del polmone (Zhou J et al, 2001, Kaaks R et al,<br />

2000, Ma J et al, 1999, Yu H, et al 1999, Lin Y et al 2004).<br />

L’IGF1 agisce tramite specifici recettori (IGF-R) e i suoi effetti sono mediati da proteine di<br />

legame (IGFBP) che possono agire indipendentemente dal legame con IGF-1 (Jones JI 1995).<br />

I recettori per IGF1 hanno struttura eterotetramerica (Ullrich A et al, 1986, Kuiper GG et al<br />

1996) e sono collegati a diverse vie di trasduzione del segnale come ad esempio quella delle<br />

docking proteins IRS e PI3 chinase/Akt e la cascata di Shc, Ras, Raf, Erk attraverso le quali<br />

è in grado di modulare la crescita, la differenziazione, la proliferazione e l’apoptosi delle<br />

cellule (Shelton JG et al, 2004)<br />

In diversi tumori è stato dimostrato come l’azione del IGF1 e del suo recettore, iperespresso<br />

nella cellula neoplastica, risulta sganciata dalla controregolazione da parte di IGFBP così da<br />

costituire un loop che automantiene la proliferazione cellulare neoplastica (Scharf JG et al,<br />

2003). In varie cellule è stata dimostrata un’azione sinergistica tra estrogeni e IGF1 (Stoica A<br />

et al, 2000) e, sebbene nel gene per IGF1 non sia stato mai trovato nessun “responsive<br />

element” agli estrogeni, è noto che gli estrogeni promuovono una induzione dose e tempo<br />

dipendente della risposta cellulare all’IGF1, (Kahlert S et al, 2000) dato questo dimostrato sia<br />

in organi sessuali (Zhou J et al , 2001) che in altri, come ad esempio negli osteoblasti<br />

(Kassem M et al 1998) e nel cervello (Cardona-Gomez GP et al 2001). Abbiamo<br />

recentemente dimostrato che gli estrogeni e l’IGF-1 svolgono un ruolo cruciale nel modulare<br />

la proliferazione dei colangiociti normali. Estrogeni ed IGF1, infatti, stimolano marcatamente<br />

la proliferazione dei colangiociti, ne inibiscono l’apoptosi ed esercitano effetti additivi<br />

(Alvaro D. et al 2005).<br />

SCOPO DELLA RICERCA<br />

Lo scopo generale del presente studio è quello di valutare il ruolo e i meccanismi di<br />

trasduzione del segnale attraverso cui estrogeni ed IGF1 modulano la proliferazione delle<br />

cellule di colangiocarcinoma e di valutare possibili interazioni tra estrogeni ed IGF1. Il fine<br />

ultimo è di verificare se il blocco della funzione estrogenica e/o di IGF1 possa rappresentare<br />

una strategia terapeutica per tale neoplasia.<br />

Scopi specifici<br />

1) indagare l’espressione dei recettori degli estrogeni (ER-α, ER-β) e dell’ IGF-1 (IGF1-R) in<br />

biopsie epatiche di pazienti affetti da colangiocarcinoma intraepatico;<br />

2) valutare l’espressione di ER-α, ER-β, IGF-1R, IGF-1 da parte di cellule appartenenti ad<br />

una linea cellulare (HuH-28) derivante da cellule di colangiocarcinoma umano intraepatico;<br />

3) valutare gli effetti di estrogeni ed IGF1 sulle capacità proliferative della linea HUH-28;<br />

4) valutare le vie di transduzione intracellulare del segnale attraverso cui IGF1 ed estrogeni<br />

modulano la proliferazione e l’apoptosi delle cellule di colangiocarcinoma umano e se c’è una<br />

costituitiva iperattivazione di queste vie nel colangiocarcinoma umano;<br />

5) valutare se IGF1 ed estrogeni svolgono un effetto additivo sulla proliferazione ed apoptosi<br />

di linee cellulari derivate da colangiocarcinoma umano interagendo sinergisticamente a vari<br />

livelli delle vie di transduzione del segnale.<br />

6) valutare se la transfezione di oligonucleotidi antisenso per il recettore di IGF1 è in grado di<br />

rallentare o bloccare la crescita di linee cellulari derivate dal colangiocarcinoma umano .<br />

37


METODOLOGIA SPERIMENTALE<br />

Materiali<br />

I reagenti sono stati acquistati dalla Sigma (St. Louis, Mo) o come altrimenti specificato. I<br />

terreni di coltura e il siero per le colture cellulari sono stati acquistati dalla Gibco-InVitrogen<br />

(Gaithersburg, mD). L’anticorpo bloccante l’IGF-1R, αIR3, è stato acquistato dalla<br />

Oncogene-DBA (DBA Italia, srl, Segrate, Milano, Italia).<br />

Microscopia Ottica e Immunoistochimica del colangiocarcinoma umano<br />

Lo studio è stato effettuato su 18 pazienti ( 9F, età 60-75 e 9M, età 63-73 anni) affetti da<br />

colangiocarcinoma intraepatico presentantesi come unica massa all’interno del fegato. Di<br />

questi, 10/18 erano stati sottoposti a biopsia epatica ecoguidata, mentre i restanti 8 pazienti a<br />

resezione chirurgica (4 pazienti) o trapianto epatico (4 pazienti). Come controlli normali sono<br />

state usate 10 biopsie epatiche di pazienti con istologia normale (5F, età 58-69 e 5M, età 60-<br />

72) sottoposti a laparotomia. I frammenti di fegato (0.5 cm) sono stati fissati in formalina al<br />

10% per 2-4 h ed inclusi in paraffina a bassa temperatura di fusione (55-57°C) dopodichè<br />

sono state ricavate sezioni di 3-4 µm colorate con ematossilina - eosina e con tricromica di<br />

Masson. Per effettuare l’immunoistochimica, le sezioni sono state montate su vetrini ricoperti<br />

con poly-L-lisina allo 0.1%. Dopo la deparaffinizzazione, l’attività perossidasica endogena è<br />

stata bloccata mediante incubazione per 30 min in perossido di idrogeno metanolico (2,5%).<br />

Successivamente è stata bloccata la biotina endogena con un kit apposito (code X0590; Dako,<br />

Copenhagen, Denmark) secondo le indicazioni del fornitore. Le sezioni sono state poi reidradate<br />

in alcool e lavate con PBS ( pH 7.4 ) prima di applicare l’anticorpo primario. Le sezioni sono<br />

state incubate O.N. a 4°C con i seguenti anticorpi: a) anticorpo monoclonale anti-citocheratina<br />

19 (CK-19 ; Dako, Copenhagen, Denmark), PCNA (Dako, PC10); anti-ERalpha (un cocktail di<br />

tre anticorpi monoclonali: SC-314, D-12, F-10, ognuno in proporzione del 33%; diluizione<br />

1:100; Santa Cruz Inc, CA, USA); c)anticorpo monoclonale anti-ER-β (GenTex, San Antonio,<br />

Texas, USA); d) anti-IGF-I (Santa Cruz, Inc., CA, USA; diluito 1:70); e) anti-IGF1-R (Santa<br />

Cruz, Inc., USA; diluito 1:80). Dopo i lavagi iI campioni sono stati poi lavati con PBS ed<br />

incubati per 10 min a temperatura ambiente con anticorpo secondario biotinilato (Dako LSAB<br />

Plus System , HRP, code K0690, Milano, Italia ), e sviluppati con 3-3’ diaminobenzidina<br />

(DAB). Per tutte le immunoreazioni sono stati inclusi controlli negativi e positivi. Lo studio<br />

al microscopio ottico e l’analisi immunoistochimica sono stati condotti con microscopio<br />

ottico Olympus BX-5 1 (Tokyo, Japan) e videocamera Olympus BX-5 LM (Spot Insight,<br />

Diagnostic Instrument, Inc Sterling Heights, MI) e processate con un Sistema di analisi<br />

d’immagine (IAS - Delta Sistemi, Roma- Italia). Sia lo studio al microscopio ottico che quello<br />

immunoistochimico sono stati condotti indipendentemente da tre patologi . L’espressione<br />

immunoistochimica di ER-α e ER-β è stata valutata come precedentemente descritto (Alvaro<br />

d. et al 2004). Brevemente, 6 vetrini sono stati analizzati per ciascun campione di fegato<br />

normale e colangiocarcinoma. I colangiociti neoplastici o normali sono stati conteggiati in<br />

maniera random, in 6 campi non sovrapposti (magnificazione 20X) per ogni vetrino e i dati<br />

espressi come % di cellule positive. L’uso di materiale umano è stato approvato dall’apposito<br />

comitato locale istituzionale.<br />

Linee cellulari neoplastiche<br />

Le cellule Mz-ChA-1 (originanti dalla colecisti) sono state donate dal Dr. J.G. Fitz<br />

(Università del Texas, Southwest Medical Center, Dallas, TX). Le cellule di<br />

colangiocarcinoma HuH-28 (originanti dai dotti biliari intraepatici) (Knuth A et al 1985) e le<br />

cellule TFK-1 (originanti dai dotti biliari extraepatici) (Kusaka Y et al 1988; Saijyo S et al<br />

38


1995) sono state acquistate dalla Cancer Cell Repository, Tohoku University, Japan. Le<br />

cellule Mz-ChA-1, TFK-1 e HuH-28 sono state mantenute in terreno CRML 1066. La linea di<br />

HCC umano Alex (PRF/PLC/5) è stata donata dal Prof. R. Mazzanti (Università di Firenze,<br />

Italia) ed è stata conservata in terreno MEM Eagle. La linea cellulare SW 480 di<br />

coloncarcinoma umano (donata dal Dr. E. Porfiri Università Politecnica di Ancona, Italia) è<br />

stata coltivata in terreno di Leibovitiz L15. La linea cellulare MCF7 (donata dal Prof. Filetti<br />

Policlinico Umberto I Roma) è stata coltivata in terreno RPMI. Ai terreni di coltura veniva<br />

aggiunto siero fetale bovino al 10% ed antibiotici all’1%.<br />

Proliferazione ed apoptosi<br />

Gli studi in vitro sono stati condotti sulla linea cellulare di colangiocarcinoma umano<br />

intraepatico HuH-28. Le cellule sono state mantenute in terreno CMRL contenente il 10% di<br />

siero fetale bovino, oltre che antibiotici. Per valutare l’effetto di 17β-estradiolo o IGF1 sulla<br />

proliferazione e sull’apoptosi, le cellule HuH-28 sono state private di siero per 48h (controlli=<br />

C) e poi trattate nuovamente con siero, 17β-estradiolo, IGF1 e/o antagonisti recettoriali, per<br />

ulteriori 48h. In dettaglio, il terreno delle cellule è stato rimpiazzato con terreno fresco senza o<br />

con siero dove sono stati poi aggiunti gli agenti testati. La proliferazione cellulare è stata<br />

saggiata mediante il kit colorimetrico CellTiter 96 Aqueous Non-Radioactive Cell<br />

Proliferation Assay, MTS Kit, (Promega, Madison, WI), seguendo le istruzioni del fornitore.<br />

L’indice di proliferazione è stato calcolato come rapporto (x 100) tra il numero delle cellule<br />

(MTS assay) sotto condizioni di stimolo e non (Controlli). La proliferazione è stata anche<br />

valutata mediante l’espressione proteica di PCNA (western-blot) o mediante l’incorporazione<br />

di Timidina Triziata nel DNA come precedentemente descritto.<br />

L’apoptosi è stata valutata mediante un kit colorimetrico per la caspasi 3 (Sigma), basato<br />

sull’idrolisi del peptide substrato acetyl-Asp-Glu-Val-Asp p-nitroanilide (Ac-DEVD-pNA) ad<br />

opera della caspasi 3 dei campioni da saggiare, risultante nel rilascio di p-nitroanilina (pNA)<br />

colorata. Per questo saggio, le cellule sono state lisate nell’appropriato lysis buffer prodotto<br />

dal fornitore (50mM HEPES, pH 7.4, 5mM CHAPS, 5mM DTT ). La concentrazione di pNA<br />

rilasciata dal substrato è stata ricavata dai valori di assorbanza a 405 nm. L’attività della<br />

caspasi 3 è stata espressa come variazione percentuale rispetto ai controlli.<br />

Analisi Western-Blot<br />

Per l’analisi western-blot, le procedure sono le stesse descritte in parte I, usando i seguenti<br />

anticorpi primari ( Santa Cruz): 1) anti-PCNA: anticorpo monoclonale di topo (1:300); 2)<br />

anti-IGF1: anticorpo policlonale di capra (1:100); 3) anti-IGF1-Rb: anticorpo policlonale di<br />

coniglio (1:400 ); 4) anti-ER-α: anticorpo policlonale di coniglio (1:200); 5) anti-ER-β:<br />

anticorpo policlonale di coniglio (1:200); 6) anti-tERK: anticorpo policlonale di coniglio<br />

(1:1000); 7) anti-pERK: anticorpo monoclonale di topo (1:800); 7) anti-AKT: anticorpo<br />

monoclonale di topo (1:200 ); 8) anti-pAKT: anticorpo policlonale di coniglio (1:300 ).<br />

Come anticorpi secondari sono stati utilizzati: anti-mouse IgG (1:2000 Sigma), anti-rabbit<br />

IgG (1:10.000; Sigma), anti-capra IgG (1:10.000 Sigma), o anti-chicken IgG (1:10.000<br />

Chemicon),tutti coniugati alla per ossidasi. L’intensità delle bande è stata determinata con<br />

scansione videodensometrica (Ultra Violet Products, Cambridge, England ) ed espressa come<br />

unità arbitrarie normalizzate per l’espressione di β-actina ( i.e. proteina testata /β-actina x<br />

100 ).<br />

Analisi RT-PCR di ER nelle linee cellulari<br />

L’RNA totale delle cellule è stato estratto mediante il kit Micro-Fast Track II (Invitrogen, San<br />

Diego, CA) secondo le istruzioni del fornitore. L’RNA totale (1 µg) è stato retrotrascritto<br />

madiante la trascrittasi inversa AMV (Roche diagnostics, Mannheim, Germania). I primers per<br />

ER-α 5’-AAGGAGACTCGCTACTGT-3’(senso) e 5’-TCAAAGATCTCCACCATGCC-3’<br />

39


(antisenso) (Inoue S. et al 1996), sono stati sintetizzati dalla Invitrogen corporation. La<br />

gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi (GAPDH) è stata usata come “housekeeping” gene. La PCR<br />

è stata condotta nelle seguenti condizioni: 30 cicli di 1 min. a 94°C, 1 min. a 57°C e 2 min. a 72<br />

°C.<br />

Transfezione delle cellule HuH-28 con oligonucletidi fosforotioati antisenso per IGF1-R<br />

Oligonucletidi fosfotioati antisenso (S-ODN) per il codone 2-7 della sequenza del<br />

prepropeptide del recettore dell’IGF-I (Muller M. et al, 1998; Ullrich A. et al 1986), senso e<br />

oligonucleotidi di controllo mismatch sono stati acquistati dalla Invitrogen (Invitrogen S.R.L<br />

San Giuliano Milanese, Milano, Italia). Le sequenze utilizzate corrispondono a 5’-TCC TCC<br />

GGA GCC AGA CTT-3’ (antisenso), 5’-AAG TCT GGC TCC GGA GGA-3’ (senso), 5’-<br />

TGA GCC CTC CTC CGT AGA-3’ (mismatch 1) e 5’-CTC TGA GCC AGA CGT CTC-3’<br />

(mismatch 2). Le cellule HuH-28 sono state mantenute in terreno CMRL 1066 addizionato<br />

con penicillina-streptomicina-glutamina 1% + siero fetale bovino 10% (Invitrogen). Secondo<br />

l’apposito protocollo, un giorno prima della transfezione, le cellule HuH-28 sono state<br />

piastrate nel terreno di coltura (10% siero fetale bovino + 0.5% antibiotici) per ottenere il<br />

50% di confluenza al momento della transfezione. Gli oligonucletidi antisenso fosforotioati<br />

sono stati transfettati nelle cellule usando il reagente Oligofectamine (Invitrogen). Le cellule<br />

sono state lavate due volte con terreno privo di siero e successivamente incubate con<br />

soluzione S-ODN-oligofectamine a 37°C in incubatore a CO2 per 4 ore (terreno senza siero).<br />

Poi, un terreno contenente il 30% di siero e l’1% di antibiotici è stato aggiunto alle cellule<br />

senza rimuovere la soluzione per la transfezione (30% siero) e, dopo 2 giorni, è stata<br />

analizzata l’espressione proteica di IGF1-R, ER e PCNA.<br />

Analisi Statistica<br />

I dati sono presentati come media aritmetica ± deviazione standard. L’analisi statistica è stata<br />

effettuata usando il test di Fisher. In tutti i casi, è stata considerata significativa una p< 0.05.<br />

RISULTATI<br />

Immunoistochimica per ER, IGF1 e IGF-R in biopsie di colangiocarcinoma umano<br />

I colangiociti dei dotti biliari intraepatici di fegato umano normale (n = 10 biopsie) sono<br />

risultati tutti negativi allo studio immunoistochimico per ER-α, ER-β, IGF1 e IGF1-R (Fig.<br />

1A, 2A). Al contrario, tutti i 18 colangiocarcinomi umani intraepatici hanno mostrato una<br />

marcata positività sia per ER-α che per ER-β che coinvolge rispettivamente l’81.0 ± 3.5 % e<br />

l’82.5 ± 3.7 % delle cellule, con localizzazione sia a livello citoplasmatico che nucleare (Fig.<br />

1B). Le 18 biopsie di colangiocarcinoma umano hanno mostrato una intensa positività sia per<br />

IGF1 che per IGF1-R coinvolgente il 60.8 ± 2.8 % e il 64.4 ± 3.2 % delle cellule<br />

rispettivamete, con localizzazione prevalentemente a livello del citoplasma (Fig. 2B).<br />

40


ER α ER β<br />

A IGF1 IGF1R<br />

B<br />

A<br />

B<br />

41<br />

Normal<br />

human<br />

liver<br />

CC<br />

human<br />

liver<br />

Fig. 1<br />

Fig. 2<br />

Normal<br />

human<br />

liver<br />

CC<br />

human<br />

liver


Analisi Western-blot per ER, IGF1 e IGF1-R in linee cellulari di colangiocarcinoma<br />

umano<br />

L’analisi mediante Western-blot ha mostrato che ER-α è espresso dalla linea HuH-28<br />

(colangiocarcinoma umano intraepatico) ma non dalla linee TFK-1 (colangiocarcinoma<br />

umano extraepatico) e Mz-ChA-1 (carcinoma umano della colecisti) (n=5) (Fig. 3). Mediante<br />

RT-PCR qualitativa il messaggero per ER-α è stato trovato anche nelle linee TFK-1 and Mz-<br />

ChA-1 (Fig. 4) e, per tale motivo, i dati ottenuti mediante western-blot indicano che queste<br />

due linee cellulari non esprimono la proteina recettoriale ER-α o la esprimono a livelli molto<br />

bassi.. La massa proteica di IGF1 e IGF1-R (Fig. 5) (n=5) è risultatata simile nelle cellule<br />

HuH-28 e TFK-1 senza significative differenze rispetto alle linee cellulari derivate da<br />

carcinoma epatocellulare umano (Alex) o coloncarcinoma umano (SW480) usato come<br />

controllo positivo. Al contrario, la linea MZ-ChA-1 ha mostrato una massa proteica di IGF1 e<br />

IGF1-R significativamente più bassa (p< 0.01, n = 5) rispetto a tutte le altre linee cellulari<br />

studiate.<br />

Mcf7 HuH 28 Tfk Mz-cha-1<br />

- Mcf7 Tfk Mz-ch Huh - Mcf7 Tfk Mz-ch Huh<br />

28 28<br />

42<br />

ER α<br />

70 KD<br />

ER β<br />

55 KD<br />

β−actin<br />

42KD<br />

Fig. 3<br />

ER-a<br />

740 bp<br />

GAPDH<br />

223 bp<br />

Fig. 4


SW480 Alex<br />

(Colon) HCC HuH28 Mz-cha-1 Tfk<br />

43<br />

IGF1<br />

7 KD<br />

IGF1R<br />

90 KD<br />

β-actin<br />

42 KD<br />

Fig. 5<br />

Ruolo di estrogeni, IGF1 e dei loro recettori nella modulazione della crescita delle linee<br />

cellulari<br />

Per valutare il ruolo e i meccanismi di azione attraverso cui estrogeni e IGF1 modulano la<br />

proliferazione cellulare e l’apoptosi è stata utilizzata solo una linea cellulare, la HUH 28,<br />

cellule di colangiocarcinoma intraepatico. A tale scopo, le cellule HuH-28 sono state<br />

deprivate di siero per 48h, manovra questa in grado di determinare una diminuzione della<br />

proliferazione pari al 55.6 ± 8% (n = 10) ed un incremento dell’apoptosi del 45 ± 5% (n = 10).<br />

Le cellule HuH-28 deprivate di siero (controlli) sono state poi esposte, per ulteriori 48h, a<br />

siero, 17β-estradiolo, IGF1 e/o antagonisti recettoriali. Nei controlli, l’assenza di siero per<br />

48+48 h ha determinato una diminuzione pari al 75.4 ± 6 % (n = 10) della proliferazione e un<br />

aumento dell’apoptosi pari al 54 ± 4 % (n = 10) rispetto alle stesse cellule HuH-28 messe in<br />

coltura con terreno contenente siero. Gli effetti della deprivazione di siero sulla proliferazione<br />

sono stati anche studiati mediante l’incorporazione di timidina triziata nel DNA che ha<br />

confermato i risultati ottenuti mediante le altre metodiche descritte (dato non mostrato).<br />

Quando le cellule HuH-28 sono state esposte per 48 h agli antagonisti di ER, tamoxifen (1<br />

µM; n = 10) ed Ici 182,780 (1 µM; n = 10), o all’anticorpo bloccante l’IGF1-R, αIR3 (1<br />

µg/ml; n = 10), nessun effetto significativo sulla proliferazione è stato osservato (Fig. 6). La<br />

riammissione di siero per 48 h ha indotto un marcato aumento della proliferazione (+ 67 ± 7<br />

%, n = 10) che è stato inibito (p< 0.01) in misura dell’80% (n = 10) dai due antagonisti di ER,<br />

tamoxifene ed Ici 182,780, e, in misura maggiore (inibizione del 93%) dall’anticorpo<br />

bloccante IGF1-R , αIR3 (n =10; Fig. 6). Questo dato indica che la proliferazione delle cellule<br />

HuH-28 dipende largamente dall’attivazione di ER e/o IGF1-R.<br />

Il 17β-estradiolo (10 nM) o l’IGF1 (10 ng/ml, 1.3 nM) aggiunti per 48h alle cellule HuH-28<br />

messe in coltura in terreno contenente siero non ha indotto un significativo incremento della<br />

proliferazione (1.2 ± 0.9 %, n =5, e 0.5 ± 0.4 %, n =5, rispettivamente). Al contrario, quando<br />

il 17β-estradiolo (10 nM) o l’IGF1 (10 ng/ml, 1.3 nM) sono stati aggiunti per 48h alle cellule<br />

HuH-28 in terreno senza siero (da 48h), essi hanno indotto un significativo incremento della<br />

proliferazione (p< 0.01, n =10) (35.5 ± 2.3 and 26.1 ± 2.3 % rispettivamente), e quando i due<br />

agenti sono stati aggiunti simultaneamente, un ulteriore incremento (48.5 ± 2.7 %) della<br />

proliferazione è stato osservato, che è risultato significativamente (p< 0.05, n = 10) più alto<br />

rispetto a quello indotto dal 17β-estradiolo o dall’IGF1 da soli (i.e. 17β-estradiolo + IGF1 vs<br />

17β-estradiolo o IGF1 da soli = p


concentrazione minima capace di incrementare significativamente la proliferazione è risultata<br />

pari a 1 nM per il 17β-estradiolo (aumento del 7.5 ± 1.1 %; n = 8) e a 1 ng/ml per IGF1<br />

(incremento dell’ 8.4 ± 0.9 %; n = 8). Alte concentrazioni di 17β-estradiolo (100 nM; n = 5 o<br />

IGF1 (100 ng/ml; n = 5) non hanno indotto ulteriori incrementi della proliferazione rispetto<br />

alle concentrazioni usate nello studio (dati non mostrati). Abbiamo anche osservato che<br />

l’anticorpo bloccante l’IGF1-R, αIR3, inibisce l’effetto stimolatorio sulla proliferazione del<br />

17β-estradiolo approssimativamente del 50% (n =5, p


I risultati della proliferazione sono stati confermati valutando l’espressione proteica del<br />

PCNA (western-blot) (Fig. 8) che è risultata aumentata significativamente (p< 0.01) dopo<br />

trattamento con 17β-estradiolo o IGF1 (; n = 6) e, quando i due agenti sono stati aggiunti<br />

simultaneamente al terreno di coltura, la massa proteica di PCNA è risultata ulteriormente<br />

incrementata (p< 0.05) rispetto al trattamento con 17β-estradiolo o IGF1 aggiunti<br />

separatamente (n = 6). In contrasto, l’apoptosi (saggio per la caspasi-3) è stata inibita dal<br />

17β-estradiolo o da IGF1 (p< 0.01 vs controlli, n = 8) ed un ulteriore effetto inibitorio è stato<br />

osservato quando le cellule HuH-28, deprivate di siero, sono state esposte a 17β-estradiolo +<br />

IGF1 (p< 0.05 vs 17β-estradiolo o IGF1 da soli; n = 8, Fig. 9).<br />

Espressione<br />

prot.X100 (U.A.)<br />

Apoptosi<br />

(caspasi 3 assay)<br />

b-actin<br />

PCNA<br />

pNa<br />

sviluppata<br />

X100<br />

(U.A.)<br />

0<br />

30<br />

60<br />

C 17β Ε IGF1 17β E+<br />

IGF1<br />

C 17β Ε IGF 17β E+<br />

45<br />

IGF1<br />

Fig. 8<br />

Fig. 9


In Fig. 10 sono mostrate le variazioni dell’espressione proteica dei recettori e delle<br />

proteine del signaling indotte dalla riammissione di siero, da IGF1 o da 17β-estradiolo, nelle<br />

cellule HuH-28 tenute in assenza di siero da 48 h. In associazione all’aumentata espressione<br />

proteica di PCNA, l’aggiunta di siero, di IGF1, di 17β-estradiolo o di IGF1+17β-estradiolo<br />

insieme, determina un aumento dell’espressione proteica di IGF1-R e di ER-α, mentre la<br />

massa proteica di ER-β diminuisce, (p< 0.01 vs controlli senza siero, n =8). In associazione<br />

all’aumento del PCNA, il siero, 17β-estradiolo e l’IGF1 hanno indotto, nelle cellule HUH-28<br />

deprivate di siero un aumento dell’espressione proteica delle forme fosforilate di (p)-AKT e<br />

p-ERK1/2 (p< 0.01 vs controlli, n =8,) e quando le cellule sono state trattate con 17βestradiolo+IGF1,<br />

un ulteriore aumento di p-AKT e p-ERK1/2 è stato osservato (17βestradiolo+IGF1<br />

vs 17β-estradiolo o IGF1 da soli = p


ER-α<br />

70 kD<br />

ER-β<br />

55 kD<br />

IGF1-R<br />

90 kD<br />

t-ERK1/2<br />

p-ERK1/2<br />

t-AKT<br />

56kD<br />

p-AKT<br />

56kD<br />

PCNA<br />

36 KD<br />

C siero 17β Ε IGF 17β E+<br />

IGF1<br />

47<br />

Fig. 10


Transfezione delle cellule HuH-28 con oligonucleotidi antisenso per l’IGF1-R<br />

La trasfezione di oligonucleotidi antisenso (S-ODN) per il recettore dell’IGF-I nelle cellule<br />

HUH-28, che ha determinato la marcata riduzine dell’IGF1R, ha portato ad una riduzione di<br />

circa il 90% (p


Effetto di 17β-estradiolo e IGF1 sulla proliferazione delle linee cellulari con differente<br />

espressione di ER e IGF1-R<br />

Le Fig. 12, fig.13 e fig. 14 mostrano l’effetto di 17β-estradiolo e IGF1 sulla proliferazione<br />

delle cellule HuH-28 rispetto alle cellule MCF7, che costituiscono il prototipo di cellule<br />

responsive agli estrogeni, e delle due altre linee cellulari di colangiocarcinoma, TFK-1<br />

(umano extraepatico) e Mz-ChA-1 (umano della colecisti). Quando il 17β-estradiolo (10 nM)<br />

è stato aggiunto al terreno delle cellule deprivate di siero per 48h esso ha indotto, dopo 48h di<br />

esposizione, un incremento simile della proliferazione delle cellule MCF7 (45.2 ± 3.6 %, n<br />

=10) e HuH-28 (37.4 ± 2.7 %; n =10), entrambi significativamente maggiori (p< 0.01)<br />

rispetto a quelli osservati nelle cellule TFK-1 (15.2 ± 1.7 %, n =10) e Mz-ChA-1 (10.4 ± 1.4<br />

%, n =10). Nelle cellule MCF7, l’effetto proliferativo del 17β-estradiolo è risultato associato<br />

a diminuita espressione proteica di ER-α (p< 0.05 vs controlli, (n =8) e ad invariata<br />

espressione di ER-β (Fig. 12). Questo dato è dissimile rispetto a quello ottenuto nelle cellule<br />

HuH-28, dove l’espressione proteica di ER-α risulta aumentata (p< 0.05 vs controlli, n =8)<br />

mentre quella di ER-β diminuita (p


ER α<br />

ER β<br />

β actin<br />

C 17β−E C 17β−E C 17β−E C 17β−E<br />

MCF7 HUH28 TKK MZ-CHA-1<br />

<strong>DI</strong>SCUSSIONE<br />

50<br />

Fig. 14<br />

I risultati principali dello studio dimostrano che: 1) ER-α, ER-β, IGF1 e IGF-R sono espressi<br />

nel colangiocarcinoma umano intraepatico e nella linea cellulare di colangiocarcinoma umano<br />

intraepatico HuH-28; 2) inibitori di ER e di IGF1-R inibiscono marcatamente la crescita delle<br />

cellule della linea HuH-28 indotta dal siero; 3) il 17β-estradiolo e l’IGF-1 stimolano la<br />

proliferazione ed inibiscono l’apoptosi della linea cellulare HuH-28 ed esercitano effetti<br />

additivi; 4) la risposta proliferativa delle cellule HuH-28 stimolate da 17β-estradiolo e da<br />

IGF-1 è risultata simile a quella osservata nella linea MCF7 (cancro della mammella) ma<br />

maggiore rispetto a quella osservata nelle altre due linee cellulari di colangiocarcinoma (TFK-<br />

1 e Mz-ChA-1) che non esprimono ER-α all’analisi western-blot; 5) la proliferazione delle<br />

cellule HuH-28 indotta da 17β-estradiolo e da IGF-1 è associata ad aumentata espressione<br />

proteica di ER-α, p-ERK1/2, p-AKT ma a diminuita espressione proteica di ER-β; 6) la<br />

trasfezione delle cellule HuH-28 con oligonucleotidi antisenso per IGF1-R ne inibisce<br />

marcatamente la proliferazione. Dapprima abbiamo studiato mediante immunoistochimica<br />

l’espressione di ER, IGF1 e IGF1-R in biopsie epatiche di pazienti affetti da<br />

colangiocarcinoma intraepatico presentantesi come singola lesione nel fegato. Mentre i<br />

colangiociti di fegato normale sono risultati negativi per ER-α, ER-β, IGF-1 ed IGF-1R, più<br />

dell’80% delle cellule di colangiocarcinoma ha mostrato marcata positività sia per ER-α che<br />

ER-β in tutti i diciotto pazienti esaminati, con localizzazione sia a livello citoplasmatico che<br />

nucleare, quest’ultima essendo indicativa di recettori attivati. Inoltre, le cellule di<br />

colangiocarcinoma umano intraepatico hanno mostrato una marcata positività per IGF1 e<br />

IGF1-R con localizzazione prevalentemente a livello citoplasmatico. Le biopsie di<br />

colangiocarcinoma sono state ottenute da donne in post-menopausa o maschi, tutti con valori<br />

di bilirubina nella norma. Questo dovrebbe escludere una eventuale influenza dei livelli sierici<br />

di estrogeni (aumentati in corso di colestasi) sull’espressione immunoistochimica di ER. In<br />

aggiunta i colangiocarcinomi esaminati presentavano diversi gradi di differenziazione.<br />

Tuttavia, nonostante le differenze nel sesso, nell’età e nel grado di differenziazione<br />

l’immunoistochimica ha mostrato caratteristiche molto omogenee suggerendo che l’intensa<br />

positività per ER ed IGF1 rappresenta una tipica caratteristica del colangiocarcinoma. In molti<br />

altri tessuti studiati, ER-α è stato sempre associato ad un’azione positiva sulla modulazione<br />

della proliferazione e della crescita cellulare ad opera degli estrogeni (Diel P. et al 2002;


Bardin A. et al 2004). Per ER-β al contrario, non vi sono attualmente evidenze definitive,<br />

anche a causa dell’alta eterogeneità di questo recettore che potrebbe essere costituito da<br />

differenti varianti di splicing (Girault I et al 2004; Mosselman S et al 1996). Recentemente,<br />

una diminuita espressione di ER-β (sia a livello proteico che di mRNA) o un aumentato<br />

rapporto ER-α/ER-β sono stati descritti nei tessuti neoplastici (carcinoma ovarico, mammario,<br />

della prostata e del colon) rispetto ai tessuti normali (Bardin A, Hoffmann P et al 2004). In<br />

tali tessuti la trasformazione e la progressione neoplastica sono stati associati a<br />

sovraespressione di ER-α e a diminuita espressione di ER-β, suggerendo un ruolo opposto dei<br />

due recettori nella regolazione della crescita delle cellule neoplastiche ad opera degli<br />

estrogeni (Lau KM, et al 2000; Bardin A et al 2004). Nel colangiocarcinoma umano<br />

intraepatico, mentre l’espressione immunoistochimica di ER-β è risultata simile rispetto a<br />

condizioni benigne di proliferazione dei colangiociti come la cirrosi biliare primitiva, la<br />

colangite sclerosante e la cirrosi alcolica, l’espressione di ER-α è risultata 4 volte maggiore<br />

(risultato non mostrato), suggerendo un ruolo di tale recettore nella progressione neoplastica.<br />

Tuttavia, ulteriori studi volti ad investigare le isoforme di ER-β preferenzialmente espresse<br />

durante la proliferazione dei colangiociti, sia neoplastica che non, dovrebbero essere svolti.<br />

Successivamente è stata indagata l’espressione di ER, IGF1e IGF1-R in differenti linee<br />

cellulari di colangiocarcinoma ed è emerso che solo la linea derivata dal colangiocarcinoma<br />

umano intraepatico, HuH-28, è risulatata positiva per ER-α e ER-β (western-blot)<br />

analogamente a quanto osservato nelle biopsie di colangiocarcinoma umano intraepatico. Le<br />

cellule HuH-28, inoltre, esprimono anche IGF1 e IGF1-R ad un livello (western-blot) simile<br />

alle linee cellulari derivate da coloncarcinoma o epatocarcinoma, in cui si ritiene che l’IGF1<br />

svolga un ruolo chiave nella modulazione della crescita neoplastica (Kaaks R, et al 2000;<br />

Scharf JG et al 2003). Per tale ragione abbiamo selezionato le cellule HuH-28 per valutare il<br />

ruolo degli estrogeni e dell’IGF1 nella modulazione della crescita cellulare neoplastica.<br />

Abbiamo dimostrato che la proliferazione delle cellule HuH-28 indotta dal siero è<br />

marcatamente inibita da due differenti antagonisti di ER, tamoxifen (Sampson LK et al 1997)<br />

e Ici 182,780 (Diel P et al 1999), così come dall’anticorpo bloccante l’IGF1-R, αIR3<br />

(Surmacz E et al 2003). Questo effetto è specifico sulla proliferazione indotta dal siero, dal<br />

momento che in assenza di siero, gli antagonisti di ER e IGF1-R non hanno mostrato alcun<br />

effetto. Da ciò deriva che gran parte dell’effetto proliferativo del siero è legato all’attivazione<br />

di ER e/o di IGF1-R. Quando le cellule HuH-28 sono state trattate con IGF1 o 17β-estradiolo,<br />

la proliferazione è stata attivata e l’apoptosi (caspasi 3) inibita, e quando i due agenti sono<br />

stati simultaneamente aggiunti, è stato osservato un effetto additivo. Dato interessante emerso<br />

è che l’anticorpo bloccante IGF1-R, αIR3, è risultato in grado di inibire parzialmente l’effetto<br />

del 17β-estradiolo suggerendo così la partecipazione di IGF1 nella stimolazione della crescita<br />

cellulare neoplastica da parte degli estrogeni. Dal momento che la specificità di αIR3 per<br />

l’IGF1 è assoluta i risultati ottenuti indicano una sinergia tra estrogeni e IGF1 nella<br />

modulazione della crescita del colangiocarcinoma, nell’ambito della quale IGF1-R<br />

giocherebbe un ruolo primario. Questo dato è stato ulteriormente confermato dalla<br />

transfezione delle cellule HuH-28 con oligonucleotidi antisenso per IGF1-R, che ha indotto,<br />

in associazione con la diminuita espressione proteica di IGF1-R, una inibizione<br />

dell’espressione del PCNA pari al 90%, indice questo di una marcata inibizione della<br />

proliferazione cellulare.<br />

Quando sono state comparate le linee cellulari a differente espressione di IGF1-R e ER,<br />

è emerso che le due linee cellulari esprimenti ER-α (MCF7 e HuH-28) hanno mostrato una<br />

maggiore risposta proliferativa agli estrogeni rispetto a linee cellulari (Mz-ChA-1, TFK-1)<br />

che sono risultate negative all’analisi western-blot per ER-α e che il tasso di proliferazione<br />

indotto nelle cellule HuH-28 da 17β-estradiolo è risultato simile a quello della linea MCF7,<br />

che dovrebbe essere considerata a tutti gli effetti il prototipo di cellula responsiva agli<br />

estrogeni (40,41). Questo dato ulteriormente supporta il ruolo di ER-α nella modulazione<br />

51


della crescita neoplastica estrogeno-dipendente. Diversi studi hanno mostrato che la<br />

proliferazione delle cellule MCF7 indotta da 17β-estradiolo o da IGF1 è associata ad una<br />

immutata o diminuita espressione proteica di ER-α e ad una immodificata massa proteica di<br />

ER-β (Maggiolini M, et al 2002; del Rio B et al 2004). Questo è l’opposto di quanto<br />

osservato nelle cellule HuH-28 esposte a 17β-estradiolo, in cui l’espressione proteica di ER-α<br />

aumenta mentre quella di ER-β diminuisce. Una ridotta massa proteica di ER-β è stata inoltre<br />

osservata nelle due linee cellulari di colangiocarcinoma che non esprimono ER-α. Queste<br />

differenze potrebbero essere spiegate tenendo conto che sono state descritte diverse isoforme<br />

di ER-β con diversa azione, differente distribuzione tissutale e differente ruolo nella<br />

modulazione della proliferazione cellulare (Herynk MH et al 2004; Inoue S et al 1996; Girault<br />

I. et al 2004). La proliferazione delle cellule HuH-28 indotta dal siero, da IGF1 o da 17βestradiolo<br />

che è risultata associata ad un aumento di IGF1-R ed ER-α e ad una diminuzione<br />

di ER-β, è in accordo con studi condotti su altre neoplasie, in cui è stata osservata una<br />

correlazione inversa tra crescita cellulare ed espressione di ER-β attribuendo a questo<br />

recettore un effetto antiproliferativo (Lau KM et al 2000).<br />

Per quanto concerne l’IGF1, le cellule MCF7 e HuH-28 hanno mostrato una simile risposta<br />

proliferativa a questo fattore, che è risultata maggiore rispetto alle cellule delle linee TFK-1 e<br />

Mz-ChA-1. Mentre la minore risposta all’IGF1 delle cellule Mz-ChA-1 potrebbe essere<br />

correlata alla bassa espressione proteica di IGF1-R (vedi Fig 5), quella delle cellule TFK-1<br />

potrebbe essere correlata all’assenza di ER-α, data l’azione cooperativa dei due recettori<br />

osservata nei nostri esperimenti come pure avevano riportato studi precedenti (Lau KM et al<br />

2000; Kahlert S et al 2000). Esiste attualmente un grande interesse scientifico nell’indagare la<br />

relazione intercorrente fra IGF1, IGF1-R e cancro, anche a fronte delle elevate concentrazioni<br />

sieriche di IGF1 associate con l’aumentato rischio di cancro della mammella, della prostata,<br />

del colonretto, del pancreas e del polmone (Kaaks Ret al 2000; Scharf JG et al 2003; Shi R et<br />

al 2004; Ma J et al 1999; Yu H et al 1999). L’IGF1 influenza grandemente la proliferazione e<br />

la differenziazione cellulare ed è un potente inibitore dell’apoptosi (Jones JI et al 1995).<br />

L’azione dell’IGF1 è predominantemente mediata attraverso il suo recettore, IGF1R, che è<br />

coinvolto in diversi processi oncogenetici ed è overespresso in molte linee cellulari tumorali<br />

ed in alcuni tumori umani, dove sembrerebbe svolgere un ruolo critico nella transformazione,<br />

cancerogenesi e metastatizzazione. Gli estrogeni sembrerebbero agire in diversi punti critici<br />

della cascata di traduzione del segnale attivata dall’IGF1 regolando sia l’espressione di IGF1-<br />

R, IGF1-BP che di proteine segnale cruciali come IRS1, il principale substrato per la<br />

tirosinchinasi dell’IGF1-R (Kahlert S et al 2000). È stato anche osservato che ER-α e IGF1-R,<br />

una volta attivati da agonisti specifici, coprecipitano, e il loro stato di attivazione<br />

(fosforilazione), così come la relativa cascata del segnale risultano potenziati. Infine, i segnali<br />

attivati da estrogeni e da IGF1 possono convergere in differenti vie di trasduzione che<br />

modulano la proliferazione, includenti quella di ERK e di fosfatidilinositolo-3 chinasi/Akt<br />

(Adesanya O et al 1999; Kassem M et al 1998, Martin MB et al 2000). Nelle cellule HuH-28<br />

l’espressione proteica della forma fosforilata di (p)-ERK1/2 e (p)-AKT è risultata aumentata<br />

sotto lo stimolo proliferativo di IGF1 e del 17β-estradiolo ed un ulteriore incremento è stato<br />

ottenuto quando l’IGF1 e il 17β-estradiolo sono stati aggiunti insieme, suggerendo la<br />

convergenza dei due agenti in vie comuni di trasduzione del segnale.<br />

CONCLUSIONI<br />

In conclusione, il presente studio sottolinea il ruolo degli estrogeni e dell’IGF1 nella<br />

regolazione della crescita del colangiocarcinoma umano e suggerisce che la modulazione di<br />

ER e IGF1-R potrebbe rappresentare una futura strategia terapeutica per il management di<br />

questo tumore.<br />

52


PROSPETTIVE FUTURE<br />

Nell’ambito di un progetto di ricerca più generale in cui indagare se esistono interazioni tra<br />

VEGF-IGF1-ESTROGENI nella modulazione della proliferazione dei dotti biliari, sarà<br />

interessante indagare la modulazione della crescita del colangiocarcinoma, mettendo in<br />

evidenza se, e qualora esistesse, quale sia la sinergia di azione di tali fattori.<br />

Recentemente abbiamo dimostrato l’espressione del VEGF A e del VEGF C e dei loro<br />

recettori nella linea di colangiocarcinoma intraepatico umano HUH 28.<br />

Sono in corso esperimenti per valutare se:<br />

o il 17β-estradiolo e l’IGF-1 possano stimolare la secrezione del VEGF nella linea<br />

cellulare HuH-28;<br />

o inibitori di ER e di IGF-R inibiscano l’espressione del VEGF e dei suoi recettori.<br />

o Inibitori del VEGF possano inibire la proliferazione indotta da 17β-estradiolo e l’IGF-<br />

1.<br />

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involvement in growth regulation. Cancer Res 2000, 60: 3175-3182.<br />

Lin Y, Tamakoshi A, Kikuchi S, Yagyu K, Obata Y, Ishibashi T, Kawamura T, Inaba Y,<br />

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factor binding protein-3, and the risk of pancreatic cancer death. Int J Cancer 2004, 110: 584-<br />

588.<br />

Ma J, Pollak MN, Giovannucci E, Chan JM, Tao Y, Hennekens CH, Stampfer MJ:<br />

Prospective study of colerectal cancer risk in men and plasma levels of insulin-like growth<br />

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61


Maggiolini M, Statti G, Vivacqua A, Gabriele S, Rago V, Loizzo M, Menichini F, Amdo S:<br />

Estrogenic and antiproliferative activities of isoliquiritigenin in MCF7 breast cancer cells. J<br />

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Martin MB, Franke TF, Stoica GE, Chambon P, Katzenellenbogen BS, Stoica BA, McLemore<br />

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Mosselman S, Polman J, Dijkema R: ERβ: identification and characterization of a novel human<br />

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Muller M, Dietel M, Turzynski A, Wiechen, K: Antisense phosphorothioate<br />

oligodeoxynucle-otide down-regulation of the insulin-like growth factor 1 receptor in ovarian<br />

cancer cells. Int J Cancer 1998, 77: 567–71.<br />

Park J, Tadlock L, Gores GJ, Patel T: Inhibition of interleukin 6-mediated mitogen-activated<br />

protein kinase activation attenuates growth of a cholangiocarcinoma cell line. Hepatology<br />

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Matsuno S: Establishment of a new extrahepatic bile duct carcinoma cell line, TFK-1.<br />

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Sampson LK, Vickers SM, Ying W, Phillips JO: Tamoxifen-mediated growth inhibition of<br />

human cholangiocarcinoma. Cancer Research 1997, 57: 1743-1749.<br />

Scharf JG, Braulke T: The role of the IGF axis in hepatocarcinogenesis.<br />

Horm Metab Res 2003, 35: 685-693.<br />

Shelton JG, Steelman LS, White ER, McCubrey JA. Synergy between PI3K/Akt and<br />

Raf/MEK/ERK Pathways in IGF-1R Mediated Cell Cycle Progression and Prevention of<br />

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Shi R, Yu H, McLarty J, Glass J: IGF-I and breast cancer: a meta-analysis. Int J Cancer 2004,<br />

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regulation estrogen receptor-α gene expression. J Cell Biochem 2000, 76: 605–614.<br />

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growth factor I receptor. Oncogene 2003, 2: 6589-6597.<br />

Ullrich A, Gray A, Tam AW, Yang-Feng T, Tsubokawa M, Collins C, Henzel W, Le Bon T,<br />

Kathuria S, Chen E: Insulin-like growth factor I receptor primary structure: comparison with<br />

insulin receptor suggests structural determinants that define functional specificity. EMBO J<br />

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Yu H, Spitz MR, Mistry J, Gu J, Hong WK, Wu X: Plasma levels of insulin-like growth<br />

factor-I and lung cancer risk: a case-control analysis. J Natl Cancer Inst 1999, 91: 151-156<br />

62


Zhou J, Anderson K, Bievre M, Ng S, Bondy CA: Primate mammary gland insulin-like<br />

growth factor system: cellular localization and regulation by sex steroids. J Invest Med 2001,<br />

49: 47-55.<br />

PUBBLICAZIONI EFFETTUATE<br />

NEI TRE ANNI <strong>DI</strong> <strong>DOTTORATO</strong> <strong>DI</strong> RICERCA<br />

anni 2002-2005<br />

1. VEGF STIMULATES CHOLANGIOCYTE PROLIFERATION THROUGH AN<br />

AUTOCRINE MECHANISM BY CA2+-DEPENDENT PHOSPHORYLATION OF<br />

THE SRC/ERK1/2 PATHWAY<br />

Eugenio Gaudio,# , Barbara Barbaro # , Domenico Alvaro, Shannon Glaser, , Heather<br />

Francis,., Yoshiyuki Ueno, Ph., Cynthia J. Meininger, Antonio Franchitto, Paolo Onori,<br />

Marco Marzioni, Silvia Taffetani, Giammarco Fava, George Stoica, Julie Venter, Ramona<br />

Reichenbach, Ryun Summers, Gianfranco Alpini.<br />

# : Dr. Gaudio And Dr. Barbaro B. equally contributed to this study.<br />

“GASTROENTEROLOGY” in press.<br />

2. HEPATIC ARTERY LIGATION causes bile duct loss in BILE DUCT LIGATED<br />

RATS by vegf-dependent mechanisms<br />

Eugenio Gaudio, Barbara Barbaro # , Domenico Alvaro, Shannon Glaser, Heather Francis,<br />

Antonio Franchitto, Paolo Onori, Yoshiyuki Ueno, Marco Marzioni, Giammarco Fava, Julie<br />

Venter, Ramona Reichenbach, Gianfranco Alpini,<br />

# : Dr. Gaudio And Dr. Barbaro equally contributed to this study.<br />

“AMERICAN JOURNAL OF PHISIOLOGY” in press.<br />

3. ESTROGENS AND INSULIN LIKE GROWTH FACTOR 1 MODULATE<br />

NEOPLASTIC CELL GROWTH IN HUMAN CHOLANGIOCARCINOMA.<br />

Domenico Alvaro, Barbara Barbaro # , Antonio Franchitto, Paolo Onori, Shannon S. Glaser,<br />

Gianfranco Alpini, Heather Francis, Luca Marucci, Paola Sterpetti, Veronica Drudi-Metalli,<br />

Stefano Ginanni Corradini, Andrea Onetti Muda, Adolfo F. Attili, Antonio Benedetti, and<br />

Eugenio Gaudio.<br />

63


# : Dr. Alvaro and Dr. Barbaro equally contributed to this study.<br />

Submitted to “American Journal of Pathology”<br />

4. Alvaro D, Metalli VD, Alpini G, Onori P, Franchitto A, Barbaro B, Glaser<br />

SS, Francis H, Cantafora A, Blotta I, Attili AF, Gaudio E.<br />

The intrahepatic biliary epithelium is a target of the growth hormone/insulin like growth<br />

factor 1 axis.<br />

J Hepatol. 2005 Nov;43(5):875-83. Epub 2005 May 31<br />

5. Capitolo 18°: “Nerve regulation of cholangiocyte functions”<br />

BARBARA BARBARO ET AL<br />

IN LIBRO: “ The pathophysiology of Biliary Epithelia.”<br />

Edited by: Alpini G, Alvaro D, Marzioni M, LeSage G and LaRusso N.<br />

Eurekah.com , 2004<br />

6. LeSage GD, Alvaro D, Glaser S, Francis H, Marucci L, Roskams T, Phinizy JL,<br />

Marzioni M, Benedetti A, Taffetani S, Barbaro B, Fava G, Ueno Y, Alpini G.<br />

α-1 adrenergic receptor agonists modulate ductal secretion of bdl rats via ca(2+)- and<br />

pkc-dependent stimulation of cAMP.<br />

HEPATOLOGY. 2004 NOV;40(5):1116-27.<br />

7. Gigliozzi A, Alpini G, Baroni GS, Marucci L, Metalli VD, Glaser SS, Francis H, Mancino<br />

MG, Ueno Y, Barbaro B, Benedetti A, Attili AF, Alvaro D.<br />

Nerve growth factor modulates the proliferative capacity of the intrahepatic biliary<br />

epithelium in experimental cholestasis.<br />

Gastroenterology. 2004 Oct;127(4):1198-209.<br />

8. Baiocchi L, Alpini G, Glaser S, Angelico M, Alvaro D, Francis H, Marzioni M,<br />

Phinizy JL, Barbaro B, LeSage G.<br />

Taurohyodeoxycholate- and tauroursodeoxycholate-induced hypercholeresis is augmented in<br />

bile duct<br />

J HEPATOL. 2003 FEB;38(2):136-47.<br />

ligated rats.<br />

9. Glaser S, Alvaro D, Roskams T, Phinizy JL, Stoica G, Francis H, Ueno Y, Barbaro B,<br />

Marzioni M, Mauldin J, Rashid S, Mancino MG, LeSage G, Alpini G.<br />

Dopaminergic inhibition of secretin-stimulated choleresis by increased PKC-gamma expression and<br />

decrease of PKA activity.<br />

Am J Physiol Gastrointest Liver Physiol. 2003 Apr;284(4):G683-94.<br />

10. Alpini G, Glaser S, Alvaro D, Ueno Y, Marzioni M, Francis H, Baiocchi L, Stati T,<br />

Barbaro B, Phinizy JL, Mauldin J, Lesage G.<br />

Bile acid depletion and repletion regulate cholangiocyte growth and secretion by a<br />

phosphatidylinositol 3-kinase-dependent pathway in rats.<br />

Gastroenterology. 2002 Oct;123(4):1226-37<br />

64


ABSTRACT E PRESENTAZIONI A CONGRESSI INTERNAZIONALI<br />

Barbaro B, Glaser S, Gaudio E, et al. Novel evidence for an autocrine role of VEGF in<br />

the regulation of cholangiocyte proliferation. Gastroenterology 2002; 122:A121.<br />

ORAL PRESENTATION AT THE 53RD ANNUAL MEETING OF THE AASLD<br />

BOSTON, 2002<br />

Barbaro Barbara ET AL<br />

Neutralization of vascular endothelial growth factor c (vegf-c) by chronic administration<br />

of anti-vegf-c antibody inhibits cholangiocyte proliferation and secretin-stimulated ductal<br />

secretion of bile duct ligated (bdl) rats.<br />

ORAL PRESENTATION AT THE ANNUAL MEETING OF AISF:<br />

Insulin like growth factor 1 (igf-1) and estrogens modulate neoplastic cell growth in human<br />

cholangiocarcinoma.<br />

Barbaro B.. et al Feb. 2004<br />

ORAL COMUNICATION AT THE AASLD ANNUAL MEETING IN SAN<br />

FRANCISCO 2005:<br />

Estrogens and igf1 promote the proliferation of hepatic cyst epithelium in in autosomal<br />

dominant polycystic kidney disease (adpkd)<br />

Domenico Alvaro, Paolo Onori, aLESSIA TORRICE, V.CAR<strong>DI</strong>NALE, Barbara barbaro,<br />

Gianfranco Alpini, , Antonio Franchitto, G. BATTISTI, DOUGLAS M. Jefferson, Mario<br />

strazzabosco, Adolfo Francesco Attili and Eugenio Gaudio<br />

Poster AASLD ANNUAL MEETING IN SAN FRANCISCO, 2005:<br />

Bile Salts Regulate Proliferation and Apoptosis of Liver Cells by Modulating the IGF1<br />

System and Estrogen Receptors<br />

Veronica DRU<strong>DI</strong> METALLI*, Barbara BARBARO* Maria Grazia MANCINO*, Vincenzo<br />

CAR<strong>DI</strong>NALE* Alessandra MANCINO*, Alessia TORRICE*, Adolfo F. ATTILI* and<br />

Domenico ALVARO°*.<br />

54rd Annual Meeting of the AASLD Boston, 2003<br />

Insulin Like Growth Factor 1 (Igf-1) And Estrogens Cooperate In Modulating The<br />

Proliferation Of Rat Cholangiocytes By Acting At Both Receptor And Post-Receptor Levels.<br />

Domenico Alvaro, Veronica Drudi-Metalli, Barbara Barbaro, Antonio Augello, Vincenzo<br />

Cardinale, Roberto Tari, Maria Grazia Mancino, Adolfo Francesco Attili,, Shannon Glaser, Jo<br />

Lynne Phinizy, Silvia Taffetani, Heather Francis, Gianfranco Alpini.<br />

65

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