MARIANNA. ISTERIA. Lussuria senza lusso - Società Amici del ...

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il testo originale integrale del 1834 97 di un ulcera al piede; di altra guarita pure al comparire di tre piccoli tumori alla piegatura del cubito destro. Craton, Montanus, Fabricio d’Hilden, Parco, Mercato, Pisone, Pujati parlano pure dei buoni effetti del cauterio nell’epilessia dipendente da vampe nervose. Marcello Donato (57) narra di un certo signore francese, che affetto da epilessia recavasi nell’Italia per consultare dei rinomati medici. Assalito dai ladri venne ferito, e lasciato come morto sulla strada; fra le molte avea una gran ferita alla fronte, della quale non si vidde guarito, che dopo lungo tempo, e grandissima suppurazione: ma una tale disgrazia operò egregiamente sull’epilessia, che più non comparve. Tissot (58) 20 parla di un epilessia, che incominciava costantemente dalla coscia, e propagavasi sotto forma di aura al capo; un largo vescicante, quindi un fonticolo alla parte affetta la fugavano intieramente. Un larghissimo vescicante al polpaccio della gamba sinistra fugava pure prontamente la singolare convulsione, che nell’ammalata per noi descritta cominciava costantemente da quella parte. L’aura e lo singhiozzo singolarissimi non cessavano nel giovine Anzout se non quando manifestavasi una nodosa gonfiezza all’indice della mano destra, ed a due dita della mano sinistra. Ora come si potrebbe altrimenti spiegare tale fenomeno se non dicendo che quel principio morboso girovagante nel sistema dei nervi, cagione del singhiozzo, dell’aura particolare, erasi a poco per volta depositato nelle articolazioni delle due mani, allorchè per la flessione delle dita veniva nelle medesime rinchiuso? La litotesi, ossia l’inserzione nel luogo ove ha origine l’aura, delle così dette pietre amagonice proposta da Alfonso Le-Roj per guarire la epilessia, tende pure allo scopo di evacuare dal corpo l’irritante principio da noi ammesso come causa di siffatte aure. Hildenbrand ci diceva di aver tentato tale esperimento in un epilettico col mezzo di una sfera di vetro; dopo qualche tempo, essendo scomparso il corpo straniero introdotto al di sotto della cute, ricomparve il male, e riaperta la piaga si rinvenne la sfera vitrea assai molle, e quasi gelatinosa. Chi operò una così meravigliosa dissoluzione? La suesposta spiegazione delle aure, e dei conseguenti fenomeni nervosi ci sembra la più consentanea ai fatti, ed alla verità, nè punto infirmata dalle obiezioni che le si potrebbero opporre, e che sin d’ora 20 N.o.: (56) Decur. III. Ann. II., e Decur. I. Ann. III. = (57) Lib. I. cap. IV. = (58) De l’ Epiles. pag. 256.

98 isteria, lussuria senza lusso noi non ignoriamo. Così ci si dirà che l’azione dei fonticoli, e dei vescicanti si deve alla contro irritazione, che determinano, non all’umore, che effondono. Ma senza ripetere quello che per noi si disse intorno a siffatta irritazione, rifletteremo tale obiezione non essere applicabile ai casi in cui valsero le ligature; a quelli in cui tolte le cause non ricompariva l’accesso; a quelli finalmente in cui il passaggio dell’aura, e lo sviluppo del male veniva impedito dalla flessione delle membra, dalla chiusura della mano. Quivi non vi era alcuna contro irritazione, quivi trattasi di naturale ostacolo opposto al corso della morbosa causa, quivi in una parola l’esplosione dei sintomi epilettici, del singhiozzo, delle convulsioni è senza contraddizione dovuta all’azione di quel quid singolarissimo, che passa da un luogo all’altro. E parlando dei fonticoli, e dei vescicanti se operassero essi quai contro irritanti dovrebbero agire in qualunque siasi parte in cui sono applicati, e tanto più quanto più vicini alla primitiva irritazione, eppure succede il contrario, dappoichè essi non sono coronati da successo se non vengono collocati dove nasce la vampa, o pel quale essa passa. D’altra parte fosse pure l’azione di tali agenti dovuta all’irritazione, essa varrebbe pur sempre a trattenere nelle date parti la morbosa causa, ad impedire il passaggio dall’uno all’altro luogo. Se ciò non fosse, asciugato il fonticolo, qual è l’agente, che riporta l’irritazione al cerebro? Quale è quello, che ridesta la sensazione della circolante vampa, del morboso vapore? L’aura rinascente, si risponderà, è l’irritazione, che trattenuta in pria alle parti dagli escarotici, se ne ritorna al cervello od a qualche altro organo. Ma e chi ha mai definita un irritazione, che rapidissimamente percorre una strada fissa; che viene segnata a dito dal paziente; che si arresta colla flessione dell’arto, con una legatura; che riprende il viaggio tostochè cessa dall’opporvisi il meccanico ostacolo? In quanto a noi non sappiamo farcene un idea. Ma così sia pure. Perchè l’aura dopo più, o meno lungo tempo ricompare ancora, e ricompare dalla primitiva sede? Ora non è più l’irritazione che la produce; non è più l’irritazione che si porta dalla parte al cervello, bensì l’irritante causa, lo morboso volatile umore, che secreto nella parte, passa sotto forma di aura pei cordoni nervosi, e si porta ora nell’uno, ora nell’altro organo. Ma i cordoni nervosi, si soggiunge, non possono prestarsi alla circolazione di qualunque siasi fluido. Rispondere come si dovrebbe ad una tale obiezione ci porterebbe troppo lungi dall’assunto nostro.

il testo originale integrale <strong>del</strong> 1834 97<br />

di un ulcera al piede; di altra guarita pure al comparire di tre piccoli<br />

tumori alla piegatura <strong>del</strong> cubito destro. Craton, Montanus, Fabricio<br />

d’Hilden, Parco, Mercato, Pisone, Pujati parlano pure dei buoni effetti<br />

<strong>del</strong> cauterio nell’epilessia dipendente da vampe nervose. Marcello<br />

Donato (57) narra di un certo signore francese, che affetto da epilessia<br />

recavasi nell’Italia per consultare dei rinomati medici. Assalito<br />

dai ladri venne ferito, e lasciato come morto sulla strada; fra le molte<br />

avea una gran ferita alla fronte, <strong>del</strong>la quale non si vidde guarito, che<br />

dopo lungo tempo, e grandissima suppurazione: ma una tale disgrazia<br />

operò egregiamente sull’epilessia, che più non comparve. Tissot (58) 20<br />

parla di un epilessia, che incominciava costantemente dalla coscia, e<br />

propagavasi sotto forma di aura al capo; un largo vescicante, quindi un<br />

fonticolo alla parte affetta la fugavano intieramente. Un larghissimo<br />

vescicante al polpaccio <strong>del</strong>la gamba sinistra fugava pure prontamente<br />

la singolare convulsione, che nell’ammalata per noi descritta cominciava<br />

costantemente da quella parte. L’aura e lo singhiozzo singolarissimi<br />

non cessavano nel giovine Anzout se non quando manifestavasi<br />

una nodosa gonfiezza all’indice <strong>del</strong>la mano destra, ed a due dita <strong>del</strong>la<br />

mano sinistra. Ora come si potrebbe altrimenti spiegare tale fenomeno<br />

se non dicendo che quel principio morboso girovagante nel sistema<br />

dei nervi, cagione <strong>del</strong> singhiozzo, <strong>del</strong>l’aura particolare, erasi a poco<br />

per volta depositato nelle articolazioni <strong>del</strong>le due mani, allorchè per la<br />

flessione <strong>del</strong>le dita veniva nelle medesime rinchiuso? La litotesi, ossia<br />

l’inserzione nel luogo ove ha origine l’aura, <strong>del</strong>le così dette pietre amagonice<br />

proposta da Alfonso Le-Roj per guarire la epilessia, tende pure<br />

allo scopo di evacuare dal corpo l’irritante principio da noi ammesso<br />

come causa di siffatte aure. Hildenbrand ci diceva di aver tentato tale<br />

esperimento in un epilettico col mezzo di una sfera di vetro; dopo<br />

qualche tempo, essendo scomparso il corpo straniero introdotto al di<br />

sotto <strong>del</strong>la cute, ricomparve il male, e riaperta la piaga si rinvenne la<br />

sfera vitrea assai molle, e quasi gelatinosa. Chi operò una così meravigliosa<br />

dissoluzione?<br />

La suesposta spiegazione <strong>del</strong>le aure, e dei conseguenti fenomeni<br />

nervosi ci sembra la più consentanea ai fatti, ed alla verità, nè punto<br />

infirmata dalle obiezioni che le si potrebbero opporre, e che sin d’ora<br />

20 N.o.: (56) Decur. III. Ann. II., e Decur. I. Ann. III. = (57) Lib. I. cap. IV. =<br />

(58) De l’ Epiles. pag. 256.

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