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MARIANNA. ISTERIA. Lussuria senza lusso - Società Amici del ...

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52 isteria, lussuria <strong>senza</strong> <strong>lusso</strong><br />

pochi giorni acquistavano da far giustamente disperare <strong>del</strong>la vita <strong>del</strong>la<br />

nostra povera fanciulla. Immobile intieramente, cogli occhi e bocca<br />

violentemente chiusi, colla faccia contratta in mille modi, e spaventevolmente<br />

tumefatta nel di lei collo, sembrava emettere l’ultimo respiro<br />

fra le più crude ambascie, i più fieri stenti. Invano frizioni secche,<br />

oleose, aromatiche, rubefacienti, copette, clisteri sperimentavansi. Nè<br />

miglior fortuna sortivano i salassi alle braccia. In tale urgentissimo<br />

frangente dopo molte perplessità si decide di esperimentare l’ultimo<br />

tentativo, il salasso alla vena ranina. Non <strong>senza</strong> grave stento si arriva<br />

con <strong>del</strong>le forti leve ad aprire la bocca; a sommo stento si afferra pure<br />

con robusta tenaglia l’ingrossata lingua, spasmodicamente tratta nel<br />

fondo <strong>del</strong>le fauci, e dopo molte inutili prove per colpire la vena si incide<br />

la parte inferiore sinistra e muscolare <strong>del</strong>l’organo suddetto. Gli effetti<br />

di tale puntura furono veramente maravigliosi. Mentre correva il<br />

quarto giorno, dacchè per impossibilità di aprire la mascella non avea<br />

più nulla preso, e da tre giorni giaceva senz’altro segno di vita, fuori di<br />

un tardo stentatissimo respiro, appena ritirati gli istromenti l’ammalata<br />

con somma sorpresa di tutti, assorbe da sè, poscia rigetta intinta di<br />

sangue <strong>del</strong>l’acqua tiepida avvicinata alle labbra colla mira di introdurla<br />

artificialmente in bocca. Dopo di ciò detumefacevasi ben presto la<br />

gola, cessava l’ortopnea, aprivansi gli occhi, finalmente parlava. Così<br />

scioglievasi quell’allarmantissimo apparato pel quale eransi all’infelice<br />

amministrati gli ultimi uffici <strong>del</strong>la Religione; così strappavasi per questa<br />

volta dalle fauci di morte già aperte per divorarla.<br />

Avvicinavasi intanto l’ora <strong>del</strong> solito notturno parossismo; già si<br />

prendevano le solite disposizioni, quando l’ammalata in tuono profetico<br />

annuncia, che più non sarebbero comparse le convulsioni, bensì<br />

uno svenimento durevole per sei ore continue. Tale singolare predizione<br />

ebbe invero dal fatto piena conferma. Al suonar <strong>del</strong>la prima mezza<br />

notte <strong>del</strong>l’anno suddetto la fanciulla perde istantaneamente ogni senso,<br />

ogni moto; impercettibile si fa il respiro, debolissima la circolazione.<br />

Nessun’umano mezzo valse per trarla da simile stato, nel quale scioglieva<br />

qualche volta all’insaputa le mani, le portava al capo, e poscia<br />

come un lampo le riconduceva alla pristina immobile posizione. Alle<br />

ore sei <strong>del</strong> mattino, pregressi due o tre sbadigli profondi, l’ammalata<br />

apre gli occhi, la favella ricupera ed ogni primiero sentimento, ma tale<br />

<strong>del</strong>iquio da questo giorno in poi riproducevasi ogni notte e scioglievasi<br />

alle ore precise sopra nominate, beneficamente rimpiazzando così l’or-

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