MARIANNA. ISTERIA. Lussuria senza lusso - Società Amici del ...
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il testo originale integrale del 1834 47 mero di sanguisughe! Succedeva una febbre intermittente quotidiana che dopo un trimestre cedeva spontaneamente. Nè qui tutto: al principiar del mese di luglio 1810 nuovo fenomeno si appalesa non meno de’ primi straordinario. Subitaneo deliquio invade la nostra paziente che sembra perciò agli estinti trapassata. Non senso, non moto qualunque osservasi; e freddissima, pallidissima, immobile resta nel proprio letto insensibile. Ma quando l’amorosa madre, i parenti, i curiosi accorsi sull’estinta salma piangevano amaramente, ella ricupera ancora i sensi e la maravigliata turba riconsola. Tale deliquio si riproduce ancora nel giorno susseguente, e cosi in tutti gli altri per dieciotto mesi successivi, tenendo sempre esattissimamente un uguale periodo, incominciando cioè precisamente alle ore vent’una italiane, e terminando in punto alle ore ventidue di ciascun giorno. Poco tempo dopo, vale a dire, verso la metà dello stesso mese di luglio, terminato appena l’accesso convulsivo, la nostra povera vittima percepisce come una vampa di freddo che partendo dal piede sinistro ascende lungo la gamba, la coscia, il ventre, e va a terminare alla regione dello stomaco; all’istante si manifesta allora un fortissimo singhiozzo che dura assai molesto sino a mezzo giorno rimette per due ore precise, poscia ripiglia sino all’ora del deliquio, e dopo di questo sino alla mezzanotte; epoca in cui subentra il notturno parossismo. Uguali fenomeni si riproducono nel giorno susseguente, e così per tre mesi continui, sempre a suono d’orologio mostrandosi la convulsione, il frigorifero vapore, il singhiozzo, la calma, il nuovo singhiozzo ed il deliquio. Per tal modo l’infelice fanciulla nelle ventiquattro non avea che due ore di calma, consacrate per lo più al sonno ed all’ordinario scarsissimo alimento, consistente il più delle volte in un pantrito con un uovo e qualche cucchiaio di vino. Invano suggerivansi, ed invano adoperavansi i più vantati rimedi per calmare almeno la permanente diafragmatica convulsione più d’ogni altra molestissima; chè tutto era infruttuoso. Finalmente una larga dose di muschio ottiene l’intento, e la Besana con somma gioia per molte ore sì del giorno che della notte ricupera la sospirata calma. La tregua però era ancora d’assai corta durata. Al principiare del novembre la solita sensazione di freddo, che da qualche giorno faceva pur tregua, si riproduce al piede sinistro, ascende, e risparmiato il diafragma, portasi al padiglione esterno dell’orecchio sinistro; tosto insorge un dolore spasmodico violentissimo a detta parte, e questo,
48 isteria, lussuria senza lusso a somiglianza del singhiozzo, dura continuo, meno il tempo del deliquio, delle due pomeridiane ore, e della convulsione; ed a somiglianza del singhiozzo nei giorni che seguitano si riproduce. I lamenti dell’inferma per tali crudelissimi tormenti erano così permanenti che fortemente commosso ne restava il più duro cuore. Lagrime di pietà, di compassione sgorgavano dagli occhi della numerosa turba, che maravigliata recavasi ad osservare così strani fenomeni. All’apparire dello spasimo facevasi l’orecchio esterno di un color di porpora, tremava in ogni senso, e sembrava impicciolirsi: compresso o fortemente fra le dita strofinato aveasi momentaneo sollievo; ma i dolori poscia più violenti ridestavansi. Intanto l’orecchio destro restava immune e scevro da ogni dolore, da ogni organica alterazione. Dopo quattro intiere settimane, cessato appena l’accesso convulsivo, la singolare frigorifera. sensazione percorre un altro cammino, e si porta alle estremità superiori; ben tosto invece dello spasimo dell’orecchio si manifesta un dolore alla punta delle dita delle due mani anch’esso tormentoso, insoffribile. Sembrava all’ammalata ora che numerose spille le fossero nelle dita infitte, ora che rovente ferro lentamente sulle medesime strisciasse, ora finalmente che una strettissima morsa le schiacciasse fieramente. Simili doglie progredivano anch’esse, e per due mesi continui, a similitudine del singhiozzo, meno il dolore al dito mignolo sinistro, che qual centro o focolare persisteva anche nelle due ore della solita tregua meridiana, ed aumentando d’intensità sembrava in sè stesso concentrare lo spasimo di tutte le altre. A tutti questi singolarissimi mali i più razionali rimedi opponevansi sì interni che esterni, e dalla classe degli antispamodici, dei rivellenti tratti; ma il tutto inutilmente. L’infelice paziente immobile, incapace da sè a procurarsi qualunque siasi sollievo, con le più lagrimevoli parole gli astanti scongiurava, quando di stringerle fortemente le dita, quando di strofinarle crudamente, quando d’immergerle nell’acqua, quando di untarle ecc. Che se ciò non fugava, divertiva almeno l’insopportabile tormento. Finalmente verso la metà del gennaio 1811 la provvidenza impose fine, e la nostra donzella respirò per qualche giorno. (Anno 1811 5° di malattia) Al principio del successivo febbraio due altri fenomeni presentavansi contemporanei, il vomito e la stitichezza. Quello, previa sempre
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a somiglianza <strong>del</strong> singhiozzo, dura continuo, meno il tempo <strong>del</strong> <strong>del</strong>iquio,<br />
<strong>del</strong>le due pomeridiane ore, e <strong>del</strong>la convulsione; ed a somiglianza<br />
<strong>del</strong> singhiozzo nei giorni che seguitano si riproduce. I lamenti <strong>del</strong>l’inferma<br />
per tali cru<strong>del</strong>issimi tormenti erano così permanenti che fortemente<br />
commosso ne restava il più duro cuore. Lagrime di pietà, di<br />
compassione sgorgavano dagli occhi <strong>del</strong>la numerosa turba, che maravigliata<br />
recavasi ad osservare così strani fenomeni. All’apparire <strong>del</strong>lo<br />
spasimo facevasi l’orecchio esterno di un color di porpora, tremava in<br />
ogni senso, e sembrava impicciolirsi: compresso o fortemente fra le dita<br />
strofinato aveasi momentaneo sollievo; ma i dolori poscia più violenti<br />
ridestavansi. Intanto l’orecchio destro restava immune e scevro da ogni<br />
dolore, da ogni organica alterazione. Dopo quattro intiere settimane,<br />
cessato appena l’accesso convulsivo, la singolare frigorifera. sensazione<br />
percorre un altro cammino, e si porta alle estremità superiori; ben tosto<br />
invece <strong>del</strong>lo spasimo <strong>del</strong>l’orecchio si manifesta un dolore alla punta<br />
<strong>del</strong>le dita <strong>del</strong>le due mani anch’esso tormentoso, insoffribile. Sembrava<br />
all’ammalata ora che numerose spille le fossero nelle dita infitte, ora<br />
che rovente ferro lentamente sulle medesime strisciasse, ora finalmente<br />
che una strettissima morsa le schiacciasse fieramente. Simili doglie<br />
progredivano anch’esse, e per due mesi continui, a similitudine <strong>del</strong><br />
singhiozzo, meno il dolore al dito mignolo sinistro, che qual centro o<br />
focolare persisteva anche nelle due ore <strong>del</strong>la solita tregua meridiana,<br />
ed aumentando d’intensità sembrava in sè stesso concentrare lo spasimo<br />
di tutte le altre. A tutti questi singolarissimi mali i più razionali<br />
rimedi opponevansi sì interni che esterni, e dalla classe degli antispamodici,<br />
dei rivellenti tratti; ma il tutto inutilmente. L’infelice paziente<br />
immobile, incapace da sè a procurarsi qualunque siasi sollievo, con<br />
le più lagrimevoli parole gli astanti scongiurava, quando di stringerle<br />
fortemente le dita, quando di strofinarle crudamente, quando d’immergerle<br />
nell’acqua, quando di untarle ecc. Che se ciò non fugava,<br />
divertiva almeno l’insopportabile tormento. Finalmente verso la metà<br />
<strong>del</strong> gennaio 1811 la provvidenza impose fine, e la nostra donzella respirò<br />
per qualche giorno.<br />
(Anno 1811 5° di malattia)<br />
Al principio <strong>del</strong> successivo febbraio due altri fenomeni presentavansi<br />
contemporanei, il vomito e la stitichezza. Quello, previa sempre