MARIANNA. ISTERIA. Lussuria senza lusso - Società Amici del ...
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il testo originale integrale del 1834 43 taccare l’esofago, impedendo la deglutizione e rialzando le parti, come se corpo straniero fosse per entro al canale introdotto. Quando questo fiero tormento portavasi altrove cessava all’istante il meteorismo, il quale, come un baleno ricompariva sì tosto che il dolore ritornava alla più comune sede del ventre. Mirabilissima cosa era il vedere come siffatto spasimo nello spazio di un quarto d’ora passasse dal ventre alla testa, dalla testa alla gola, quindi all’estremità prima superiori, poscia inferiori, finalmente al ventre ancora. Tutto ciò che l’arte suggeriva fu messo in uso, ma senza il benchè minimo vantaggio, e spesso con maggior danno dell’ammalata. Nella seguente estate dopo una febbre erratica d’indole intermittente, cessato lo spasimo sopra descritto, veniva la paziente repentinamente assalita da totale avversione ai cibi ed alle bevande, e da assoluta impossibilità di deglutire. Invano a lei offrivansi i più svariati cibi, le più gradite bevande; invano esperimentavansi mille e mille mezzi onde toglierla da sì pericoloso stato. Che se pure, vinta da pressanti preci sforzavasi di riavere alcun che nella bocca, veniva l’introdotto cibo tosto con somma violenza respinto dalle fauci. Il perchè era giuoco forza abbandonare ogni tentativo, e cercare di mantenere in vita l’inferma mediante alcuni clisteri col brodo di pane preparati. Nel corso di tre mesi e mezzo circa più di cento di sifatti clisteri vennero dall’ammalata ricevuti, senza emettere una sola goccia di liquido, chiuso mantenendosi costantemente, e per tutto questo tempo l’alvo. Finalmente dopo l’astinenza di tal tempo, essendo l’inferma tormentata da sete fortissima, chiede ed ottiene dell’acqua, e questa, con somma gioia di tutti, senza difficoltà inghiottisce. Da tale momento ebbe fine la disfagìa, e dei cibi l’avversione; da questo momento cominciò ancora a prendere qualche alimento, sempre però con tale tenuità da meravigliarsi come restasse in vita. L’alvo poco dopo scioglievasi pure spontaneamente; ma sopraggiungeva a sua vece una totale soppressione d’orina. Il giorno dieci agosto manifestavansi tutti i sintomi di una Nefritide, i quali dietro apposito trattamento rimettevano bensì in pochi giorni, ma lasciavano dietro di sè una totale soppressione dell’orinosa secrezione. L’infelice impertanto dal giorno sopradetto fino al dieci di maggio successivo emise neppur stilla d’orina e solo le feci mostravansi più liquide alquanto del solito. Dopo tale epoca la funzione dei reni ristabilivasi gradatamente; le orine venivano raccolte di nuovo in vescica ed emanate spontaneamente.
44 isteria, lussuria senza lusso Intanto il convulsivo parossismo riproducevasi sempre ogni sera all’ora precisa della mezzanotte e scioglievasi quasi repentinamente alle ore otto del mattino. La singolarità di simili fenomeni chiamava già l’attenzione e le visite di molti medici e chirurghi fra i quali il signor professore Ragazzoni, i dottori Zanoja, Baratta, De Bonis ec. ec. oltre ai soliti curanti Dott. Peretti, Vidini e chirurgo Cavalli. I vari rimedi però da vari proposti ed esprimentati, e lo stesso settone alla nuca, mantenuto supurante per tre mesi non riuscivano di alcun sensibile giovamento. (Anno 1809 3° di malattia) Così progrediva la bisogna sino al principiare del giugno 1809, epoca nella quale ebbe a soffrire una violenta peripneumonia vinta a stento, e mercè dieci copiose cavate di sangue. Nuova serie di mali nell’estenuato organismo dell’infelice donzella da tal tempo andava pure preparandosi. Le estremità inferiori venivano affette da un crampo indescrivibile, e da un formicolio molestissimo, cagione di nuovi e sempre più neri tormenti; susseguiva un torpore ed un senso di particolar peso pel quale l’ammalata dicevasi fatta di legno, quindi una contrazione spasmodica tetanica di tutti i muscoli; finalmente la totale abolizione del moto nell’arto inferiore destro, poscia nel sinistro. Pochi giorni trascorsi e pregressi i medesimi sintomi si fecero tesi e paralitici in pria l’arto destro superiore, quindi il sinistro. Per tal modo la giovine Besana giaceva nel proprio letto supina, cogli arti tesi a guisa di corda, colle dita fortemente piegate, impossibilitata a qualunque siasi movimento, che non partisse dai muscoli del collo, della faccia o dagli organi de’ sensi cerebrali. Per tal modo questa vittima disgraziata convertita vedeasi in una vivente statua. Egli è a maravigliarsi però come simile paralisi scomparisse intieramente durante l’accesso convulsivo, che non cessava dal riprodursi ogni notte sempre co’medesimi sintomi, coll’intensità, coll’eguale durata. Stante l’insufficienza di qualunque siasi razionale rimedio usato per vincere la violenta contrazione e quindi l’inerzia assoluta delle quattro corporee estremità, e malgrado l’apparente prostrazione di forze vennero estratte due libbre di sangue dall’arto inferiore destro. Tale sottrazione, come per incanto e non senza grande meraviglia degli astanti restituiva a quell’arto il movimento. Incoraggiati da tale successo si replicò il salasso al piede
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il testo originale integrale <strong>del</strong> 1834 43<br />
taccare l’esofago, impedendo la deglutizione e rialzando le parti, come<br />
se corpo straniero fosse per entro al canale introdotto. Quando questo<br />
fiero tormento portavasi altrove cessava all’istante il meteorismo, il<br />
quale, come un baleno ricompariva sì tosto che il dolore ritornava alla<br />
più comune sede <strong>del</strong> ventre. Mirabilissima cosa era il vedere come siffatto<br />
spasimo nello spazio di un quarto d’ora passasse dal ventre alla<br />
testa, dalla testa alla gola, quindi all’estremità prima superiori, poscia<br />
inferiori, finalmente al ventre ancora. Tutto ciò che l’arte suggeriva<br />
fu messo in uso, ma <strong>senza</strong> il benchè minimo vantaggio, e spesso con<br />
maggior danno <strong>del</strong>l’ammalata.<br />
Nella seguente estate dopo una febbre erratica d’indole intermittente,<br />
cessato lo spasimo sopra descritto, veniva la paziente repentinamente<br />
assalita da totale avversione ai cibi ed alle bevande, e da assoluta<br />
impossibilità di deglutire. Invano a lei offrivansi i più svariati cibi, le<br />
più gradite bevande; invano esperimentavansi mille e mille mezzi onde<br />
toglierla da sì pericoloso stato. Che se pure, vinta da pressanti preci<br />
sforzavasi di riavere alcun che nella bocca, veniva l’introdotto cibo tosto<br />
con somma violenza respinto dalle fauci. Il perchè era giuoco forza<br />
abbandonare ogni tentativo, e cercare di mantenere in vita l’inferma<br />
mediante alcuni clisteri col brodo di pane preparati. Nel corso di tre<br />
mesi e mezzo circa più di cento di sifatti clisteri vennero dall’ammalata<br />
ricevuti, <strong>senza</strong> emettere una sola goccia di liquido, chiuso mantenendosi<br />
costantemente, e per tutto questo tempo l’alvo. Finalmente dopo<br />
l’astinenza di tal tempo, essendo l’inferma tormentata da sete fortissima,<br />
chiede ed ottiene <strong>del</strong>l’acqua, e questa, con somma gioia di tutti,<br />
<strong>senza</strong> difficoltà inghiottisce. Da tale momento ebbe fine la disfagìa, e<br />
dei cibi l’avversione; da questo momento cominciò ancora a prendere<br />
qualche alimento, sempre però con tale tenuità da meravigliarsi come<br />
restasse in vita. L’alvo poco dopo scioglievasi pure spontaneamente;<br />
ma sopraggiungeva a sua vece una totale soppressione d’orina. Il giorno<br />
dieci agosto manifestavansi tutti i sintomi di una Nefritide, i quali<br />
dietro apposito trattamento rimettevano bensì in pochi giorni, ma<br />
lasciavano dietro di sè una totale soppressione <strong>del</strong>l’orinosa secrezione.<br />
L’infelice impertanto dal giorno sopradetto fino al dieci di maggio<br />
successivo emise neppur stilla d’orina e solo le feci mostravansi più<br />
liquide alquanto <strong>del</strong> solito. Dopo tale epoca la funzione dei reni ristabilivasi<br />
gradatamente; le orine venivano raccolte di nuovo in vescica ed<br />
emanate spontaneamente.