MARIANNA. ISTERIA. Lussuria senza lusso - Società Amici del ...
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icapitolazione <strong>del</strong> caso 19<br />
ranno materia di un possibile lavoro di pensiero sulla di lei imputabilità.<br />
Come in quel 28 febbraio <strong>del</strong> 1807, quando in pieno attacco<br />
convulsivo, la donna incredibilmente si interrompe, scende un attimo<br />
dal letto, chiede il vaso da notte, «depone l’alvo», 27 torna a<br />
letto e riprende il copione <strong>del</strong>la sua crisi nel punto esatto in cui<br />
l’aveva interrotta.<br />
Piccola “prima-donna” di provincia, attira verso di sé le curiosità<br />
di sempre più persone, uomini semplici e dotti, medici e<br />
chirurghi, mostrando come la teatralità <strong>del</strong>l’isteria non sia altro<br />
che il misero sostituto <strong>del</strong> pensiero <strong>del</strong>l’universalità di ogni singolo<br />
atto individuale.<br />
Nel 1809, quando Marianna ha da poco compiuti i diciotto<br />
anni, rafforza la sua notorietà donando alla “piazza di paese” la sua<br />
stessa persona trasformata in marmoreo monumento all’isteria: «…<br />
questa vittima disgraziata convertita vedeasi in una vivente statua».<br />
Nel volgere di poco tempo la paralisi è totale, però svanisce<br />
puntualmente all’ora in cui il palinsesto prevede le crisi convulsive<br />
(solita notte, solita ora).<br />
Il prezzo pagato, per restituire ora all’una ora all’altra parte <strong>del</strong><br />
corpo <strong>del</strong>la «vivente statua» un poco di resto di moto, consiste in<br />
copiose, sistematiche, enormi sottrazioni di sangue.<br />
Poi, verso la fine <strong>del</strong>l’anno, l’impotente Medico decide di abbandonare<br />
Marianna alla totale immobilità.<br />
Nel 1810, a diciannove anni, il programma graduale di annullamento<br />
<strong>del</strong> proprio moto è quindi ormai pienamente compiuto. 28<br />
27 Libera l’intestino dalle feci.<br />
28 La “totale immobilità” di Marianna tuttavia si interrompe:<br />
- nelle crisi convulsive isteriche;<br />
- durante i sogni: «vedevasi allora alzarsi, gestire in infinite e strane guise, adoperarsi<br />
ad ogni possa ora per allontanare l’oggetto temuto, ora per perpetuare la causa <strong>del</strong> suo<br />
buon umore» (le «strane guise», sono evidenti posture miranti a ottenere o mantenere<br />
quella lussuria <strong>senza</strong> <strong>lusso</strong> che imita l’eccitamento e che qui è chiamata «buon umore»);<br />
- quando gira la casa, come sonnambula, per «scoprirvi persone celate» (se ce ne fossero!).<br />
Restituendo a queste azioni la forma <strong>del</strong>la rappresentazione di veri e propri de-