n° 01 - 2007 - CERVELLO - Maria Corgna
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LA MEDICINA BIOLOGICA GENNAIO - MARZO <strong>2007</strong><br />
l'attività cerebrale con la tomografia ad emissione di positroni (PET), tecnica<br />
in grado di valutare e misurare il grado di attività delle aree produttrici<br />
di endorfine. Le endorfine – gli analoghi biologici della morfina<br />
– sono sedativi endogeni, si legano a recettori neurali inibendo la trasmissione<br />
del segnale tra neuroni e, quindi, spegnendo la percezione dello<br />
stimolo doloroso. I ricercatori hanno rilevato con la PET un aumento<br />
di produzione degli oppiodi endogeni, identificando anche le aree del Sistema<br />
Nervoso su cui le endorfine esercitano l'effetto placebo. A riprova<br />
del fatto che è la somministrazione del placebo ad indurre un effetto<br />
antidolorifico, i ricercatori hanno aumentato progressivamente l'intensità<br />
dello stimolo algogeno dimostrando che – somministrando placebo<br />
– la soglia del dolore aumenta, pur se con differenze individuali.<br />
In altri termini, per far avvertire ai soggetti lo stesso livello di dolore<br />
avvertito prima della somministrazione del placebo, l'intensità dello stimolo<br />
doloroso deve essere più alta. Gli esperti hanno, inoltre, dimostrato<br />
che il placebo non produce la stessa efficacia su tutti: in alcuni determina<br />
un forte innalzamento della soglia del dolore, in altri un aumento<br />
più contenuto. Poiché questi studi hanno coinvolto solo individui sani, il<br />
prossimo passo – hanno precisato gli studiosi – sarà quello di indagare<br />
se i meccanismi chimici dell'effetto placebo siano esattamente gli stessi<br />
anche in pazienti che veramente presentano un trigger algico, anche<br />
cronico, per avere una visione più completa del fenomeno. Con queste<br />
informazioni – concludono gli esperti – si potrà migliorare l'uso di terapie<br />
cognitive e psicologiche contro il dolore cronico.<br />
48<br />
ANSA - ROMA 24/08/2005, 09:51<br />
Il più fedele aiutante dei prestigiatori? La regione del cervello deputata<br />
alla concentrazione. Questa, di fatto, impedisce agli spettatori di scoprirne<br />
i trucchi proprio quando sono concentratissimi sulle loro mosse. In uno<br />
studio pubblicato sulla rivista Cerebral Cortex, gli scienziati dell'University<br />
College di Londra, coordinati da Nilli Lavie, sostengono che un eccesso<br />
di concentrazione potrebbe ostacolare la percezione visiva, piuttosto<br />
che agevolarla. Un eccesso di concentrazione impedirebbe di notare<br />
anche cambiamenti evidenti nell'ambiente circostante, come un semaforo<br />
che diviene rosso mentre si passa con l'auto. La causa di ciò,<br />
secondo la loro scoperta del tutto inattesa, è che l'area cerebrale da cui<br />
dipende la concentrazione ha anche un ruolo chiave, finora sconosciuto,<br />
nella percezione visiva dei cambiamenti ambientali. Quest'area si<br />
localizza sulla corteccia parietale destra; pur non avendo nulla a che vedere<br />
con la corteccia visiva (occipitale),<br />
gli psicologi dell'ateneo<br />
britannico hanno scoperto<br />
che è indispensabile alla percezione<br />
di cambiamenti nell'ambiente<br />
che è sotto i nostri<br />
occhi. Infatti, quando gli psicologi<br />
con la Stimolazione Magnetica<br />
Transcranica (TMS) hanno<br />
inattivato questa regione cerebrale<br />
in un gruppo di indivi-<br />
Il prestigiatore dell’artista russo<br />
Serghej Potapenko (1962 – 2003).<br />
dui, il campione ha perso la possibilità<br />
di vedere anche cambia-<br />
menti macroscopici che avvenivano sotto i propri occhi. La stessa defaillance,<br />
secondo Lavie, si potrebbe verificare ogni volta che ci si concentra<br />
troppo intensamente su qualcosa, al punto da sfruttare al massimo<br />
la nostra capacità di elaborazione della corteccia parietale. Questo<br />
sforzo renderebbe quest'area temporaneamente inservibile per prestare<br />
attenzione a cose nuove e addirittura a cambiamenti drastici dell'ambiente<br />
circostante, impedendo di notarli. "Poiché il lobo parietale non è<br />
parte della corteccia visiva – riferisce Lavie – all'inizio ci è sembrato sorprendente<br />
che tale regione fosse critica per la consapevolezza visiva<br />
oltre che per la concentrazione, funzione per cui è nota da tempo". Questi<br />
risultati, ha concluso l'esperto, spiegano perché ci lasciamo facilmente<br />
ingannare dai trucchi di un prestigiatore: "se ti stai concentrando troppo<br />
su quel che sta facendo la sua mano sinistra, non puoi notare nel frattempo<br />
quel che invece sta combinando la sua mano destra".<br />
ANSA - ROMA 24/08/2005, 09:52<br />
Occidentali e orientali vedono il mondo in modo diverso, dando peso a<br />
differenti aspetti della stessa realtà. E' quanto dimostrato da Richard Nisbett<br />
dell'Università del Michigan ad Ann Arbor, in un lavoro pubblicato<br />
sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). Di fronte alla<br />
stessa immagine un gruppo di americani si concentra più su dettagli e<br />
oggetti in primo piano, mentre un gruppo di cinesi ha una visione più complessiva<br />
della foto, concentrandosi maggiormente sul contesto generale<br />
in cui gli oggetti sono ripresi, piuttosto che sugli oggetti stessi.<br />
"Vi sono molte evidenze aneddotiche di come occidentali ed orientali ab-