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chiamò presso di sé, e, per invogliarlo alla carriera
ecclesiastica, lo nominò d'improvviso canonico.
Fu in questi primi anni della sua vita giocondissima
che il Lazzarelli conquistò addirittura, col suo
spirito di abatino sdolcinato, colle sue arguzie, il
cuore delle più appetitose gentildonne romane. Fu
allora che si mise a studiare la pittura; fu allora che si
provò a far della critica d'arte e vi riuscì in grazia del
suo gusto squisitissimo; fu allora che si manifestò in
lui la passione per l'archeologia, e l'antiquaria;
passione che gli fece gettare somme vistose in
collezioni di pietre, in corniole, lucerne ed altri
oggetti preziosi, che poi, dall'ignoranza dei
discendenti, andarono dispersi.
Ma ecco d'un tratto, il giovine brioso, accarezzato
da prelati e da matrone, muta di proposito! Rinunzia
il canonicato ad un suo fratello minore; abbandona
alla chetichella la capitale del mondo cattolico, torna
in patria e si ammoglia con una Maria Francesca
Timotelli.
Allora il cardinale Costaguti, legato di Urbino, lo
destinò a Podestà di Urbania; poi l'anno 1649 lo volle
presso di sé in Pesaro come segretario di giustizia di
quella Legazione.
Nel 1654 è già uditore della Rota di Perugia.
L’anno appresso fu nominato dal governatore Mazzarasia
luogotenente generale criminale di Perugia e
provincia umbra. Poi coprì altre cariche importanti
nella provincia picena.
Ed eccoci al punto culminante della sua vita. Un
caso, non certo strano, fa scoprire in lui quella vena
poetica inesauribile, per cui andò meritamente
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