Scarica in formato PDF

Ruota di Genova.
Saputosi che il Duce e i Senatori
De la città di Giano aveano eletto
Don Ciccio, col parer del Consiglietto,
Per un dei lor civili Auditori,
Si lodava in un circol di signori
La scelta di quest' inclito soggetto;
Quando un altro arrivò, che, con dispetto,
Cosi riprese i lor supposti errori:
- Dunque non vi sovvien ch'ognun l'altr' ieri
Lo riponea fra gli uomini più gonzi,
E fra i dottor più deboli e leggeri ?
Quei Senator, degni di marmi e bronzi,
Voller mostrar, ch'oltre gli aranci e i peri,
San colà confettare anche gli stronzi.
20. - L'Autore innamoratosi di Don Ciccio subito
vedutolo, ne manifesta la cagione.
Appena di Don Ciccio io rimirai.
Colà ne la provincia de la Marca,
Quel mostaccion da imperial monarca,
Cui non fu visto pari al mondo mai;
Appena il guardo stupido girai
A quel gaio faccion da patriarca,
Che (come già d'Amor disse il Petrarca)
Ne restai preso, e non me ne guardai.
Così, né so dir come, il traditore
Con quel suo giovial viso leggiadro
M'entrò nel petto, e ne sottrasse il core.
Ma, se rifletto al caso, e ben lo squadro,
Meraviglia non è, non è stupore,
Che mi rubasse il core un volto ladro.
184