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Glorioso a formar certe chimere, Che non senza ragione il fan tenere Per matto solennissimo, e sfacciato. Poiché, dell' esser suo dimenticato, Gli è venuto un ridicolo pensiere D'aver il grado di Gonfaloniere, E Capo divenir del Magistrato Or tu, che seco hai l'anima connessa, Avvisanel di grazia, onde al fin s' oda Ch' abbia sì pazza pratica dismessa: Essendo in vero una pazzia ben soda, Che pretenda esser Capo un che la stessa Natura il collocò sotto la coda. 244. - L'Autore si professa e protesta obbligato d' amar Don Ciccio. Ch' io t' ami e riverisca, è tanto vero, Don Ciccio, quanto è ver ch'egli è lucente Il sol, bianca la neve, e 'l carbon nero, E mobile la terra, e 'l foco ardente. E s' alcun susurron poco sincero Ti supponesse mai diversamente, Come a nemico capital del vero, Digli da parte mia, che se ne mente. Ch' io ben conosco, e 'l so d'esser tenuto Più, ch' ad ogni altro, a te, come fecondo Autor del ben, ch'or godo e c' ho goduto; Il so, te lo protesto, e me' n confondo, Però che senza l'opera, e l'aiuto De' pari tuoi, non sarei nato al mondo. 245. - Con Ciccio travagliato dal mal francese. Don Ciccio sempre mai poco avvertito Nel porre in ombra il membro peccatore, 134
Tratto l' altr' ier da un giovanil prurito Entrò nel campo a duellar d'amore: Ma la disgrazia il fe' restar ferito Per man d'un mal francese traditore, E fu con sì grand' impeto investito, Ch' è già presso a lo spasmo il suo dolore. Or mentre in tale stato altrui gli orecchi Assorda con le sue lamentazioni. Muove a pietà di sé giovani, e vecchi: Però che non v' è stil, legge, o ragioni Ond' io possa capir, che 'l C... pecchi, E che poi si puniscano i C... 246. - Al signor canonico Gozzadini, nel punto che partiva dall'Autore per riportarsi a Bologna. Signor, già che ti veggo in su l'arcione Risoluto al viaggio, io te l'augùro Con la mia pastoral benedizione Sino a Bologna e prospero, e sicuro. Ma perché, colà giunto, mi figuro, Ch' avrai più d'una volta l'occasione Di riveder Don Ciccio, io ti scongiuro A fargli per mia parte un rispettone. E presto il troverai là, 've si vede Pendere a quello statuon d'avante, Che su la fonte pubblica risiede. Poiché, s' ei sa resistere a le tante Mie botte, con ragion la gente il crede Un de i sodi C.... di quel gigante. 247. - Don Ciccio il giorno va a spasso e la sera studia. Al signor Lodovico Breni. Don Ciccio ha per istinto naturale 135
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Gli è venuto un ridicolo pensiere<br />
D'aver il grado di Gonfaloniere,<br />
E Capo divenir del Magistrato<br />
Or tu, che seco hai l'anima connessa,<br />
Avvisanel di grazia, onde al f<strong>in</strong> s' oda<br />
Ch' abbia sì pazza pratica dismessa:<br />
Essendo <strong>in</strong> vero una pazzia ben soda,<br />
Che pretenda esser Capo un che la stessa<br />
Natura il collocò sotto la coda.<br />
244. - L'Autore si professa e protesta obbligato<br />
d' amar Don Ciccio.<br />
Ch' io t' ami e riverisca, è tanto vero,<br />
Don Ciccio, quanto è ver ch'egli è lucente<br />
Il sol, bianca la neve, e 'l carbon nero,<br />
E mobile la terra, e 'l foco ardente.<br />
E s' alcun susurron poco s<strong>in</strong>cero<br />
Ti supponesse mai diversamente,<br />
Come a nemico capital del vero,<br />
Digli da parte mia, che se ne mente.<br />
Ch' io ben conosco, e 'l so d'esser tenuto<br />
Più, ch' ad ogni altro, a te, come fecondo<br />
Autor del ben, ch'or godo e c' ho goduto;<br />
Il so, te lo protesto, e me' n confondo,<br />
Però che senza l'opera, e l'aiuto<br />
De' pari tuoi, non sarei nato al mondo.<br />
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Don Ciccio sempre mai poco avvertito<br />
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