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Don Ciccio, ch' è in amor perduto affatto,
Stando con la sua donna un dì soletto,
De l'ardor, che per lei nudria nel petto,
Si mise tutto a raccontarle il fatto.
Ma perché nel gestir fece un cert' atto,
Ch' era espressivo di carnale affetto,
Pres' ella una padella, e con dispetto
Glie la dié su la chierica di piatto.
Allora uscendo insucidito, e brutto
Fuori del cucinevole conflitto:
-Ahimè, disse, a qual segno io son redutto:
Or che v' è la padella, e che l'afflitto
E misero mio core è già distrutto,:
Ben a ragion mi si può dir: - Sei fritto.
196. - Per Don Ciccio, che stampa un volume
di consigli criminali col suo ritratto
nel frontispizio.
Don Ciccio ha sotto il torchio un volumaccio
Di certi suoi consigli criminali
Da far trasecolare i curiali,
E rimaner confuso il Farinaccio.
Ma temendo però del poco spaccio,
Come succede a l' opre dozzinali,
Vi fa con le fattezze naturali
Stampar sul primo foglio il suo mustaccio:
Così talora il cerretan vediamo,
Che i circostanti ad accostarsi affretta
Con un scimiotto, e se ne val per amo.
Così l'uccellatore i tordi alletta
Col zimbel d' un allocco, o col richiamo
Talor d' una ridicola civetta.
197. - Don Ciccio risoluto di lasciar la patria.
Disse un giorno Don Ciccio al genitore
Ch' in patria gli parea d' esser negletto,
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