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N° 6 - Giovanni Ficetola

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caratterizzato dall’unità di luogo (vedi il primo capitolo, interamente ambientato nella fattoria dei La<br />

Padine).<br />

Così facendo, Tarantino rinuncia in partenza alla fluidità (e alla fluvialità) narrativa, in favore di un<br />

racconto sincopato che segue sino all’ultimo ogni situazione rappresentata. Più che un gioco di incastri,<br />

assistiamo ad una giustapposizione di “momenti forti” che fanno leva sugli stilemi consolidati del film<br />

di guerra e dello spaghetti western per costruire una sorta di parodia della Storia (prima ancora che una<br />

contro-storia) che, paradossalmente, riesce a dire cose non banali sulla Storia stessa della Seconda<br />

Guerra Mondiale.<br />

La caratteristica della CARICATURA, infatti, è quella di estremizzare e sottolineare i tratti salienti dei<br />

personaggi presi di mira. Hitler, Goebbels, ma anche Churchill, sono palesi caricature nel film; e lo<br />

stesso Aldo Raine interpretato da Brad Pitt è la caricatura (meta)cinematografica di tanti personaggi<br />

eroici da “war movie” (a partire dal Lee Marvin di Quella sporca dozzina). Perché “meta cinematografica”?<br />

Lo vedremo alla fine, se avrete la pazienza di leggermi ancora per un po’…<br />

Uno dei modelli dichiarati di Inglourious Basterds è Quel maledetto treno blindato, film di Enzo Castellari del<br />

1977. Il cameo riservato da Tarantino allo stesso Castellari è lì a dimostrarlo. La riflessione tarantiniana,<br />

dunque, prende sempre le mosse dal cinema preesistente, e in particolare dal cinema di genere, meglio<br />

ancora se “di serie B”. Modelli “bassi” che Tarantino fieramente riprende a ai quali ammicca (come in<br />

Kill Bill con kung fu movie) con la sua messa in scena “alta”, ovvero di elevata qualità attoriale e tecnica.<br />

La differenza è nel “tiro”! Infatti, mentre Kill Bill (e più ancora Death Proof) fa la parodia di un genere<br />

che era già parodia di sé stesso, e si esaurisce fondamentalmente nell’esercizio di stile e nella maniera,<br />

Bastardi senza gloria riesce ad elevare il discorso prendendo il B-movie come punto di partenza, ma non<br />

di arrivo.<br />

Il discorso tarantiniano, insomma, è sempre<br />

meta-cinematografico, ma la riflessione paro-<br />

distica sulla Storia che il regista compie in<br />

questo suo ultimo film è tutt’atro che disprez-<br />

zabile e, per così dire, mette carne sullo sche-<br />

letro del meta-cinema e toglie<br />

auto-referenzialità alla regia. E’ come se il<br />

film acquistasse una dimensione – che po-<br />

tremmo chiamare “profondità” – che nemme-<br />

no il pur riuscito Jackie Brown possedeva. Il<br />

ragionamento sul cinema (emblematico che<br />

l’attentato a Hitler venga progettato proprio La caricatura di Hitler (Martin Wuttke) e dei<br />

in una sala cinematografica) non si pone limiti personaggi storici restituisce di essi tratti più veritieri<br />

di senso, pur senza mai farsi puro gioco di quanto si potrebbe immaginare<br />

intellettuale. Se “una risata vi seppellirà” (celebre<br />

slogan anarchico ottocentesco), allora vale anche: “un film vi brucerà”! La cinefilia tarantiniana, altrove<br />

pretestuosa, si salda qui in un divertito/divertente gioco anti-storico: l’incendio, al cinema, parte da<br />

dietro lo schermo, ed è proprio dallo schermo che Shosanna attua<br />

la sua vendetta, proiettando la propria immagine irridente e fiera.<br />

Un’immagine (cinematografica) che “sopravvive” alla sua stessa<br />

protagonista, dando corpo se vogliamo ad un altro celebre detto:<br />

“il cinema è la morte al lavoro”…<br />

Giocando sapientemente con le aspettative del suo pubblico, ed<br />

evitando di soddisfarle tutte (vedi la liason che non riesce a nascere<br />

tra mademoiselle Mimieux/Shosanna e il soldato tedesco Frederick<br />

Zoller), Tarantino riflette anche sugli stilemi del “war movie”. Se la<br />

maggior parte dei film sulla seconda Guerra Mondiale, più per<br />

political correctness che per altro, si sforzano di mostrare anche dei<br />

Christoph Waltz (Hans Landa): un “nazisti dal cuore buono”, non così fa Tarantino: tutto cade sotto la<br />

meritatissimo premio Oscar sua violenta e sbandierata iconoclastia, altrove assai programmatica,<br />

qui un po’ meno… Non per niente, l’alter ego del regista è<br />

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