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N° 6 - Giovanni Ficetola

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CRITICA CINEMATOGRAFICA<br />

La tragedia fuori campo dei fratelli Coen<br />

ROBERTO MANDILE<br />

L’ultimo film dei fratelli Coen, al di sotto della forte impronta autobiografica, rappresenta<br />

probabilmente una delle prove più mature del loro cinema. Raccontando le vicende che ruotano<br />

attorno a Larry Gopnik, professore universitario di fisica nel Midwest degli anni ’60 e soprattutto<br />

membro della comunità ebraica locale, il film ripropone alcuni dei temi più cari ai due autori americani:<br />

l’imprevedibiltà con cui le cose accadono e l’impossibilità di decidere la propria sorte. Larry è infatti<br />

involontario protagonista di situazioni che, fin dall’inizio, non sa gestire, sia nella professione sia nella<br />

vita privata. Da un lato infatti aspetta il passaggio in ruolo, messo in forse da alcune lettere anonime che<br />

lo diffamano (si scoprirà poi l’identità dell’estensore), e si trova a fare i conti, senza saper prendere una<br />

decisione chiara, con le irricevibili (almeno inizialmente) richieste, accompagnate da tentativi di<br />

corruzione, di uno studente coreano che vorrebbe modificato il pessimo voto ottenuto nell’esame di<br />

fisica. Dall’altro è soprattutto la sua famiglia ad essere sostenuta su basi già fragili e che nel film<br />

diventano sempre più instabili: alle difficoltà di relazione con i figli, superficiali, cinici e in perenne lite<br />

tra di loro, si aggiungono la scoperta del tradimento della moglie con un suo collega, che morirà in un<br />

fatale incidente stradale, e la convivenza forzata con il fratello. In tutto questo Larry, come Giobbe,<br />

sopporta ma, senza il conforto della fede, non può fare a meno di interrogarsi sui limiti e sul senso di<br />

quanto gli è stato destinato. Non per caso infatti il prota-<br />

gonista si ritrova più volte a dire: “Non ho fatto niente”<br />

e confessa candidamente di non essersi reso conto di come<br />

sia stato possibile che tutte le sue certezze siano state capo-<br />

volte.<br />

Il film procede con un ritmo alterno, giocando abilmente<br />

su una sapiente successione di pieni e di vuoti, di momenti<br />

di accelerazione del ritmo narrativo e di istanti di pausa<br />

riflessiva: un’alternanza che, come si vede nella sequenza<br />

iniziale che monta in alternato la visita di Larry dal medico Il prof. Larry Gopnik (Michael Stuhlbarg)<br />

e il sequestro a scuola di una radio che il figlio sta ascoltan-<br />

do durante la lezione, fa ricorso alla musica e alla regia per scandire il fatale susseguirsi di eventi ai quali<br />

assistiamo con la stessa espressione, tra l’attonito e il vittimistico, tra l’interrogativo e il rassegnato, che<br />

si dipinge sul volto del protagonista, interpretato dall’ottimo Michael Stuhlbarg. È proprio la banale<br />

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