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N° 6 - Giovanni Ficetola

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cinema. E proprio questo mito Mann intende smontare, raccontando con nudo realismo la<br />

morte del protagonista. Il cinema ha insomma creato una realtà diversa, che però, sembra<br />

avvertirci Mann, ha (è bene che abbia) un suo spazio limitato: all’interno del cinema nessuno<br />

riconosce Dillinger, che può essere assimilato ai gangster dei film, elevato alla stessa eroica<br />

dimensione del grande schermo. Ma, al di fuori della realtà alternativa del cinema, c’è la vera<br />

realtà, nella quale valgono altre regole, molto meno<br />

romantiche. Mann, incaricandosi di restituire il gangster a<br />

questa realtà, non si sottrae dunque dal proporre una<br />

riflessione sul ruolo del cinema, il cui potere di suggestionare<br />

e di deformare la verità è fondato sulla sua ricerca di<br />

verosimiglianza: il regista non emette sentenze, né fa prediche<br />

sulla capacità di alterare la Storia, consapevole forse<br />

dell’inevitabilità di un’operazione costituzionalmente ambigua<br />

qual è quella di mettere in scena (in fondo, si potrebbe<br />

persino dire che basta il volto fascinoso di Johnny Depp<br />

a incrinare qualunque intento di smitizzazione del gangster romantico 2). Sembra per certi versi<br />

di poter ritrovare traccia della lezione di John Ford, del suo celeberrimo “When the legend<br />

becomes fact, print the legend” (“Quando la leggenda diventa realtà, stampa la leggenda”) de<br />

L’uomo che uccise Liberty Valance (1962): anche quando si vuole ridimensionare il mito, questo<br />

finisce fatalmente per imporsi, l’epica vince comunque, perché ha una forza narrativa superiore<br />

alla cronaca e perché la Storia è un viluppo inestricabile di autenticità e finzione, di realtà e<br />

racconto della realtà. La verità, al cinema, è questione di punti di vista (ancora una volta l’ha<br />

insegnato Ford, il più epico e il più antieroico dei registi americani) e non a caso sugli sguardi<br />

Mann rivolge continuamente la macchina da presa, nel tentativo di far emergere la verità,<br />

qualunque essa sia, nel modo più diretto (e più ambiguo) possibile.<br />

Riassumendo dunque possiamo dire che se il cinema in Tarantino è la realtà, l’unica e possibile<br />

dimensione di verità che, nella costruzione di una storia, sia accessibile agli spettatori, ma anche<br />

al regista, in Mann il cinema è un’altra realtà che stabilisce un rapporto problematico (e talvolta<br />

conflittuale) con la vera realtà. In entrambi i registi ad ogni modo colpisce la volontà di svelare,<br />

attraverso il racconto di una storia, le infinite potenzialità creative o addirittura manipolative del<br />

cinema ed è anzi sorprendente osservare, a questo riguardo, come Bastardi senza gloria, che<br />

reinventa la Storia, sia fondato su una sceneggiatura più compatta e più organica di Nemico<br />

pubblico, che invece si propone di ricostruire la Storia. Ma anche questo, a ben vedere, è<br />

inevitabile. Che Mann scelga di raccontare episodi in fondo autonomi o comunque non sempre<br />

rigidamente connessi tra di loro è forse sintomatico di una certa sfiducia di fondo nella<br />

possibilità di venire a capo della verità senza assumere un punto di vista: rinunciando a una<br />

prospettiva unica e anzi moltiplicando i punti di vista (i due antagonisti, Dillinger e Purvis, non<br />

riescono a guardarsi negli occhi nemmeno nel momento supremo, quando la loro condizione di<br />

nemici perde di senso), il regista ci fa intuire le potenzialità deformanti del cinema (dal realismo<br />

all’iperrealismo il passo è breve) anche e forse soprattutto quando non vuole schierarsi. Per<br />

contro la ferrea struttura narrativa di Bastardi senza gloria, diviso in capitoli, come già altri film di<br />

Tarantino, è indice di una presenza palpabile del regista: il suo sguardo è cioè lo sguardo<br />

2 Sugli effetti di ambiguità innescati dal contrasto tra la bellezza degli attori quando e la discutibile statura morale dei<br />

personaggi che interpretano di recente è intervenuto Pierluigi Battista in un paio di articoli: cfr. Quei volti troppo belli<br />

per il Male, «Corriere della sera» 13 novembre 2009, p. 53 (dedicato in particolare al film La prima linea di Renato De<br />

Maria con Riccardo Scamarcio nei panni del terrorista Sergio Segio e Giovanna Mezzogiorno in quelli della sua<br />

compagna Susanna Ronconi) e Vallanzasca e i criminali «sexy». Se al cinema diventano tutti eroi, «Corriere della sera»<br />

14 gennaio 2010, p. 27 (con una veduta più ampia, a partire dal film che Michele Placido sta girando su Renato<br />

Vallenzasca, interpretato da Kim Rossi Stuart; si fa cenno appunto anche al John Dillinger di Johnny Depp).<br />

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