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N° 6 - Giovanni Ficetola

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compostezza sulle protesi meccaniche e sulle lamiere contorte delle automobili, sulle cicatrici<br />

del malsano Vaughan, sui dettagli (giustappunto, sessualizzati) di carrozzerie e interni.<br />

“Crash” è il film che porta a compimento la riflessione del regista sul tema della MUTAZIONE:<br />

corpi instabili, che mutano o vengono trasformati da agenti esterni misteriosi (come già nel<br />

“Demone sotto la pelle” e in “Videodrome”, oltre che, ovviamente, nella “Mosca”) sono<br />

sempre stati al centro dei suoi interessi. Con “Crash”, però, il passo avanti è considerevole: qui<br />

la mutazione ha una sorta di allucinante base storica, giacché – come in Ballard – prende le<br />

mosse dalla necessaria constatazione che l’Uomo, dalla Rivoluzione Industriale in avanti, si è<br />

trovato a fare i conti con la propria sempre crescente DIPENDENZA dalle macchine (di cui<br />

l’automobile non è che una forma possibile) 5.<br />

La sessualità in “Crash”<br />

Corpi come carrozzerie incidentate d’automobili, ferite come le lacerazioni della lamiera.<br />

Un universo alienato e straniante, nel quale il sesso non è coronamento dei rapporti umani, ma pura<br />

mediazione, come l’interfaccia di guida (leggasi “volante”) di una macchina…<br />

Lo svilupparsi di una sessualità che non può prescindere dal contatto con l’automobile, e la<br />

connessione tra elementi corporei organici (carne, tessuti) ed elementi metallici viene portata in<br />

“Crash” alle estreme conseguenze, e senza neanche un accenno di “fantascienza”. Come<br />

vedremo meglio nel paragrafo successivo, il cinema di Cronenberg si affranca decisamente dai<br />

generi e diviene da una parte più autoreferenziale, e dall’altra più perversamente “realistico”.<br />

E’ interessante notare come ciò sia avvenuto anche e soprattutto grazie al confronto con due<br />

grandi autori come Burroughs e Ballard. La letteratura ha causato, a sua volta, una mutazione<br />

nel cinema cronenberghiano, affinandolo ulteriormente e fornendogli due dei più poderosi<br />

argomenti di riflessione per immagini: il rapporto corpo-macchina e la scissione mente-corpo,<br />

che origina il delirio. Le lacerazioni della carne, insomma, lungi dallo scomparire, si<br />

intensificano addirittura e invadono i territori psichici, della sessualità, della vita relazionale (si<br />

pensi al protagonista di “Pasto nudo”, che uccide sua moglie come già Burroughs nel tentativo,<br />

giocoso, di replicare l’impresa di Guglielmo Tell: colpire un bicchiere sulla sua testa. Oppure<br />

all’insinuarsi del luciferino Robert Vaughan nella vita – soprattutto sessuale! – dei protagonisti<br />

di “Crash”).<br />

5 Anche nel cinema di James Cameron è molto interessante la trattazione del rapporto uomo-macchina, che fin dai tempi<br />

di Terminator (1984) è il tema-principe del regista. Anche lavori successivi come The Abyss (1989), Terminator 2<br />

(1991), Titanic (1997) e persino il recentissimo e chiacchierato Avatar (2009) recano il segno di questa tematica. In<br />

Cameron, però, essa non viene caricata di problematiche sessuali, e solo in The Abyss viene accarezzato il concetto di<br />

mutazione, prevedendo il film la messa in scena di una creatura aliena dal corpo fatto letteralmente d’acqua. Un nuovo<br />

modo di combinare le molecole d’acqua che si avvicina, parzialmente, alle ossessioni cronenberghiane, senza però<br />

averne la gelida perfezione. Cameron è, del resto, un narratore assai più disteso, laddove invece Cronenberg è un<br />

indagatore inesausto e ossessivo: non è un caso se, a livello di racconto puro e semplice, certi film di Cronenberg<br />

paiono in un certo senso “fermi”, bloccati nell’insistenza su temi e “figure” ricorrenti. “Crash” ne è un esempio, col suo<br />

fluire liquido e col suo girare attorno ai perversi esperimenti di Vaughan; “Pasto nudo” ed “eXistenZ” ne sono però gli<br />

esempi principali, anche a livello squisitamente narrativo.<br />

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