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predire il futuro stesso. Non le invenzioni o le innovazioni sono al centro dei loro lavori, ma le<br />
tematiche, il pensiero, lo sfaldamento della società (Ballard) o della realtà stessa (Dick).<br />
E’ ovviamente la caratura intellettuale e universale delle opere che differenzia il vero scrittore<br />
dallo scribacchino pagato a parola 1, limitato al suo presente, incapace di comunicare con il<br />
futuro; talento di cui Dick e Ballard sono ampiamente in possesso.<br />
Com’è possibile, altrimenti, che un romanzo come Il condominio, di neanche 200 pagine, scritto<br />
ormai trentacinque anni fa, riesca a conservare tutt’oggi non solo la carica profetica e<br />
destabilizzante dell’epoca, ma una ancora maggiore violenza letteraria, una incredibile capacità<br />
di inquietare il lettore facendogli tremare i polsi mentre legge seduto su un divano nel proprio<br />
condominio, portandolo a rendersi a mano a mano conto del fatto che anche la sua vita va in<br />
quella disperata direzione?<br />
La distopia è quasi per definizione una forma letteraria di analisi del presente, da Orwell in poi.<br />
Se la fantascienza deve quindi parlare del presente, attraverso l’esasperazione e il parossismo dei<br />
nodi del momento, essa si ritrova a narrare eventi solo apparentemente lontani. Lontananza<br />
non per forza temporale, ma spesso solo mentale. Il cambio del punto d’osservazione,<br />
dell’oggetto osservato, lo spostamento della visuale dello spettatore, viene posto da Ballard<br />
all’interno del corpo uomomacchina, anche attraverso immagini rubate al passato,<br />
all’immaginario collettivo, rimasticato, rigurgitato, poi sputato su un piatto o uno schermo.<br />
Non ha quindi importanza se la letteratura di fantascienza non ha ipotizzato il computer<br />
portatile, non è importante l’oggetto in sé, è importante il concetto mentale del cambiamento<br />
dell’uomo. Ormai anestetizzato alla violenza, incapace di vivere il corpo.<br />
Marc Augè, l’antropologo che ha teorizzato i non-luoghi, parlando del non-futuro dice che è<br />
stata proprio questa mancanza di preveggenza della letteratura speculativa o hard core di<br />
fantascienza a essere il primo sintomo del crollo delle utopie.<br />
Io ritengo che non abbia importanza la mancanza o meno della precisione scientifica. Il crollo<br />
delle utopie è cominciato quando l’uomo ha visto il proprio riflesso nell’acqua, quando si è<br />
accorto non dell’altro, ma di sé stesso. E si è spaventato.<br />
Ballard ha visto le persone attorno a sé rallentare di fronte ad un incidente automobilistico 2, in<br />
un incontrollato senso di voyerismo, come tanti soldatini addestrati da Andy Warhol, incapaci di<br />
non guardare, di non spiare, di non voler, sull’altro piatto della bilancia, apparire.<br />
Se qualcuno spia, qualcuno deve essere spiato, non ha importanza che questi sia cosciente o<br />
meno dell’essere oggetto dell’osservazione; il gioco è truccato da entrambi i lati, il principio di<br />
indeterminazione di Heisenberg fallisce davanti all’uomo, osservatore e osservato, chiunque<br />
accetti le regole del gioco sa di poter e dover barare, credere che ciò che vede sia/è vero e ciò<br />
che fa è egualmente vero. I copioni svaniscono dietro gli specchi, il teatro viene portato<br />
all’estrema conseguenza del reale. E più ciò che appare è parossistico ed estremo, e più sembra<br />
reale, più l’erotico sogno del protagonista di Crash diventa vivo: non più solo sogno, ma illusione<br />
della realtà.<br />
1 Anche se è importante ricordare che molti degli autori citati in quest’articolo, proprio per la scelta di fare letteratura<br />
fantastica, sono stati pagati a parola dalle riviste specialistiche del ‘900, molte delle quali adottavano proprio questo<br />
metodo di pagamento. Basti pensare che anche uno dei principali bestseller mondiali come Stephen King inizialmente<br />
veniva pagato a metro. Il disprezzo di chi scrive è verso coloro che, pagati a parola per dire solo vaghezze, riescono<br />
anche ad allungare il brodo.<br />
2 Già Filippo Tommaso Marinetti, capostipite letterario del Futurismo italiano, tesseva l’elogio dell’incidente d’auto, e<br />
non in un testo qualsiasi, ma addirittura nel Manifesto del Futurismo: “Pel disgusto, mi scaraventai colle ruote all’aria<br />
in un fossato... Oh! materno fossato, quasi pieno di un’acqua fangosa! Bel fossato d’officina! Io gustai avidamente la<br />
tua melma fortificante, che mi ricordò la santa mammella nera della mia nutrice sudanese... Quando mi sollevai - cencio<br />
sozzo e puzzolente - di sotto la macchina capovolta, io mi sentii attraversare il cuore, deliziosamente, dal ferro<br />
arroventato della gioia!” Elogio altrettanto erotico quanto quello ballardiano, anche se in chiave epica più che<br />
pornografica.<br />
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