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La fantascienza non è più quella di una volta<br />
GIOVANNI FICETOLA<br />
Tempo fa volli fare un gioco. Avevo una serie di riviste scientifiche con me e proposi ad un<br />
amico scrittore, ma quasi digiuno di fantascienza, di darmi dieci idee fantascientifiche.<br />
Rimase a pensare a lungo, io l’osservavo muto cercando di decifrare le espressioni sul suo viso.<br />
Appuntava, mano a mano che gli venivano, le idee su un taccuino, poi ne cancellò alcune,<br />
infine me le lesse.<br />
Dopo la sua esposizione presi le riviste che avevo con me. Ci mettemmo a leggere. Delle dieci<br />
idee che mi aveva esposto, otto erano già contenute in seri articoli scientifici pubblicati nei mesi<br />
precedenti. In alcuni casi (tre per la precisione) i risultati delle équipe scientifiche erano più<br />
avanzati delle idee proposte.<br />
Avevo raggiunto l’obiettivo che speravo: dimostrare che la scienza è nettamente più avanti e<br />
complicata rispetto alla fantascienza speculativa. Ma il risultato ottenuto non era certo<br />
confortante.<br />
In letteratura, la fantascienza è sempre stato un genere profondamente di nicchia, riservato in<br />
molti casi solo ai cosiddetti nerds o comunque, nei casi più fortunati di fenomeno di massa,<br />
sempre ristretto alla singola opera, peraltro quasi sempre esclusivamente di carattere<br />
cinematografico (2001 – Odissea nello Spazio, Guerre stellari, Blade Runner).<br />
Eppure si tratta di un genere tanto ricco di autori quanto, ultimamente, incredibilmente povero<br />
di idee.<br />
Nel momento, infatti, in cui l’idea scientifica scardinata può essere conosciuta solo dagli addetti<br />
ai lavori di uno specifico settore (biomedico, fisico, ecc...), solo gli addetti ai lavori possono<br />
scriverne.<br />
Questo produce un fastidioso cortocircuito che rende tutti letterati. Ma una preparazione<br />
scientifica (nonostante le eccezioni) non apre automaticamente le porte a capacità e talenti<br />
artistico-letterari. Eppure, eccetto una piccola manciata di grandi autori, la cosiddetta space opera<br />
(quella considerata dal grande pubblico l’unica vera fantascienza, cioè le navi spaziali, gli alieni e<br />
i robot) non è certo stata la miglior fantascienza a livello letterario che il XX secolo ha prodotto,<br />
e che è poi approdata nel XXI secolo.<br />
Anzi, i più grandi autori di fantascienza (escludendo Asimov, Van Vogt, Haldeman e Clark)<br />
sono stati spesso estranei alla space opera, ma più legati all’analisi della corsa verso il futuro. Sono<br />
scrittori come Dick, Bradbury, Gibson e, negli ultimi anni, Gaiman e naturalmente Ballard.<br />
Sono scrittori che, in modi differenti, sono pervenuti alla medesima concezione della letteratura<br />
fantascientifica: parlare del futuro per parlare del presente (o del passato). E questo futuro nel<br />
tempo si è fatto sempre più prossimo, ormai presente parallelo, o addirittura già passato.<br />
Dick e Ballard (ma prima di loro quello che probabilmente è il più grande maestro del<br />
fantastico puro, capostipite di tutta la letteratura di genere di matrice anglosassone, H.P.<br />
Lovecraft, senza scomodare un autore non strettamente e puramente fantastico come J.L.<br />
Borges) hanno saputo parlare come pochi del loro presente attraverso il futuro, anzi, andando a<br />
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