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N° 6 - Giovanni Ficetola

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paesaggio strutturato dai media 6, Ballard fa muovere i suoi protagonisti, la cui natura (sono<br />

personaggi “reali” o produzioni schizofreniche?) viene fatalmente messa in dubbio.<br />

Poco importa, perché il paesaggio stesso è uno strumento con il quale il multiforme<br />

personaggio di T. tenta di razionalizzare e geometrizzare il reale. Si può dire, dunque, che nulla<br />

sia esterno e nulla sia interno in questo impressionante romanzo a frammenti, suddiviso in<br />

“scaglie mentali” dure e allucinate, o morbide e nitide con le loro immagini grottesche,<br />

suggestive, orrorifiche, stranianti.<br />

Chiudiamo allora tentando di rispondere ad una domanda a suo modo “classica”: “La mostra<br />

delle atrocità” si può considerare un romanzo a tutti gli effetti, o è piuttosto una raccolta di<br />

racconti? Io propendo decisamente per il romanzo, visto l’utilizzo dei medesimi personaggi<br />

praticamente in tutti i “racconti” e il personaggio unificatore/disgregatore d T. ad attraversare<br />

l’opera come un inquietante filo rosso spezzato qua e là e riannodato volta a volta. 7 “La mostra<br />

delle atrocità” è affascinante proprio per la capacità di riannodare i fili che esige dal lettore che,<br />

lungi dal sentirsi vittima dell’esplosione della narrazione classica, deve piuttosto mettersi in<br />

gioco ancora più pesantemente e decisamente per fare la stessa cosa che fanno i personaggi<br />

ballardiani: cercare senso in un paesaggio interno/esterno (anche al lettore!) nel quale i punti di<br />

riferimento crollano uno dopo l’altro, e le simmetrie e le geometrie che emergono non possono<br />

non risultare inquietanti e disturbanti.<br />

E’ ad ogni modo impressionante la quantità di temi e di rimandi ad opere<br />

successive dello tesso Ballard presenti ne La mostra delle atrocità. Il perso-<br />

naggio di Vaughan, oscuro co-protagonista del futuro Crash, compare<br />

qui per la prima volta; e in molte pagine emerge il ricordo della prigionia<br />

del giovane Ballard a Shangai, che sarà la materia principale di L’Impero<br />

del Sole (1984).<br />

La mostra delle atrocità è, a mio parere, un consapevole punto di snodo<br />

nella produzione ballardiana, un punto che contiene molti altri punti,<br />

esattamente come il personaggio di T. contiene molti altri personaggi,<br />

forse tutte le facce di una psicosi galoppante. La psicosi del mondo contemporaneo.<br />

6 “Nell’epoca attuale” – scrive Ballard introducendo il decimo capitolo del libro, Piano per l’assassinio di Jacqueline<br />

Kennedy – “il paesaggio dei media è una mappa in cerca di un territorio. Le nostre menti sono inondate da una massa<br />

impressionante di immagini sensazionali e spesso tossiche, molte delle quali hanno un contenuto inventato. Come fare a<br />

trarre un senso da questo flusso incessante di informazione e di pubblicità, di notizie e di intrattenimento, in cui le<br />

campagne presidenziali e i viaggi sulla Luna sono indistinguibili dal lancio di una nuova merendina o dell’ultimo<br />

deodorante?” Ebbene, La mostra delle atrocità potrebbe in effetti essere visto come il tentativo di strutturare un vero e<br />

proprio (inquietante) “paesaggio dei media”. La natura tutta mentale, cerebrale, di tale paesaggio, non fa che arricchire<br />

il nostro discorso sulla dialettica interno/esterno in questo mirabolante libro. E il fatto che la maggior parte dei<br />

personaggi sia di fatto impegnata a cercare un senso in ciò che accade (o in ciò che si pensa accada…) è il tentativo di<br />

trovare risposta alla inquietante domanda ballardiana che chiude la citazione testé riportata.<br />

7 Va però detto che la storia compositiva dell’opera parla chiaro: Ballard accorpò alla fine degli anni Sessanta alcune<br />

“condensed novels” scritte negli anni precedenti (e in certi casi già pubblicate su riviste di fantascienza o di letteratura<br />

in generale). Una certa natura frammentaria del romanzo va perciò riconosciuta.<br />

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