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N° 6 - Giovanni Ficetola

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iniziale eticamente critica a un’altra che non appare né migliore né peggiore, essendone, per<br />

molti versi, la conseguenza diretta e ovvia.<br />

Ballard conduce cioè una disamina delle condizioni di vita che si determinano in una società in<br />

cui la tecnologia sembra aver sostituito la natura. Ma, si badi, non c’è nostalgia elegiaca per un<br />

ipotetico tempo perduto 5, bensì la lucida constatazione degli effetti di una caduta rispetto a una<br />

situazione di partenza che è presentata nella sua oggettiva e fredda evidenza: nel percorso che,<br />

da un banale black-out, conduce alla rovina del condominio la natura tende a rioccupare gli<br />

spazi che la tecnologia ha invaso e tentato di ordinare, ma si può davvero credere che questo sia<br />

un male, cioè una condizione in qualche modo dipendente da scelte determinate, definite e<br />

moralmente sbagliate? Il passaggio alla violenza è semmai il riaffiorare della natura umana nella<br />

sua più profonda essenza: non ci può essere, sotto questo profilo, condanna morale (gli animali<br />

agiscono per istinto, non certo per decisioni razionali!). Se c’è un vizio dunque esso è, per così<br />

dire, originario: va ricercato cioè nel condominio stesso, nella (altrettanto istintiva e tracotante)<br />

aspirazione, che nemmeno l’architetto Royal, che il condominio l’ha progettato, riesce a<br />

dominare completamente, a sfidare la verticalità, a costruire la nuova torre di Babele, a scalare il<br />

cielo. È come se l’aspetto stesso del condominio ne segni, fin dalle origini, il destino 6.<br />

Peraltro – come a voler sottrarre di nuovo il racconto ad ogni possibile vagheggiamento<br />

nostalgico – Ballard fa capire chiaramente che l’affiorare in superficie di pulsioni represse non<br />

porta a nessun percorso di purificazione, non approda a nessuna salvifica redenzione 7: la scalata<br />

di Richard Wilder verso la cima del grattacielo anzi, metafora della ribellione sociale delle classi<br />

inferiori (ma anche estremo atto di arroganza, di sfida al cielo), è la materializzazione di un<br />

conflitto che il condominio stesso ha contribuito ad alimentare, o addirittura ha creato. Questa<br />

scalata però non è guardata né con simpatia né con ostilità: è, per così dire, una delle<br />

manifestazioni (la più estrema, se si vuole, ma per certi versi forse non la più grave) di una<br />

società umana che ha elevato a sistema la repressione di ogni aspetto di umanità 8. E infatti solo<br />

nei momenti finali verrà usata una pistola, mentre lo scontro era rimasto fino ad allora sul piano<br />

puramente fisico (Wilder nella sua scalata abbandona progressivamente la cinepresa con la<br />

quale intendeva documentare la vita del condominio e mette in mostra sempre di più il corpo,<br />

sul quale si dipinge segni tribali). In altri termini i conflitti sembrano generati più che dai singoli<br />

(o dalle masse d’individui) dal condominio stesso, che è il primo ad abbandonare la tecnologia,<br />

nel momento in cui il black-out blocca gli ascensori e, con questi, ne rivela la fragilità<br />

costitutiva, l’inservibilità. Come dice Ballard fin dall’inizio, “con i suoi quaranta piani, mille<br />

appartamenti, supermercato, piscine, banca e scuola materna, il condominio offriva sufficienti<br />

occasioni per scatenare violenze e accentuare conflitti” 9.<br />

5 A. Caronia, La morbida geometria di James G. Ballard, in J.G. Ballard, La mostra delle atrocità, trad. italiana di A.<br />

Caronia, Milano, Feltrinelli 2001, p. 193, osserva che “la «mitologia del futuro prossimo» che Ballard vuole creare va<br />

esattamente nel senso contrario” a quello tracciato dalla scienza. “Ma non nel modo nostalgico e «reazionario» di un<br />

autore come Bradbury (che Ballard stima ma da cui si sente, a ragione, lontanissimo). Niente vagheggiamento di un<br />

passato preindustriale o di un mondo «pulito». Le utopie classiche gli sono estranee, anche quelle apparentemente più<br />

ragionevoli e fondate”.<br />

6 Cfr. Caronia, Le radici, cit.: “Il simbolo (ma per certi versi anche l’espressione concreta) di questa caratteristica<br />

dell’ambiente artificiale e tecnologizzato in cui vivono gli abitanti, è la verticalità di questi edifici che sembrano voler<br />

«colonizzare il cielo»”.<br />

7 Ancora Caronia, La morbida geometria, cit., p. 193: “È sempre con sofferto amor fati, è tramite l’attraversamento<br />

dell’inferno che i suoi personaggi attingono quel poco si ambigua salvezza a cui possono arrivare”.<br />

8 In questo senso, come osserva anche Caronia, sono notevoli i punti di contatto con un breve romanzo più tardo di<br />

Ballard: Running World, che racconta del massacro di trentadue adulti da parte dei loro figli adolescenti in un esclusivo<br />

complesso residenziale fuori Londra, organizzato secondo parametri di efficienza tecnologica e completamente isolato<br />

dal resto del mondo: insomma un prototipo di società in cui tutto è talmente programmato da rivelarsi instabile e<br />

fallibile (un caso classico, per molti versi, di eterogenesi dei fini).<br />

9 J.G. Ballard, Il condominio, cit.<br />

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