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N° 6 - Giovanni Ficetola

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Viviamo infatti, secondo Ballard, “in un mondo […] che ubbidisce alla pubblicità e agli pseudoeventi,<br />

alla scienza e alla pornografia”. 3<br />

Sesso e paranoia sono allora “i due grandi leit-motiv gemelli del Ventesimo<br />

secolo”. E il grande male del secolo è “la morte del sentimento.”<br />

Si potrebbe discutere sul perché il XX secolo si sia così pervicacemente<br />

anestetizzato fino a perdere ogni forma del “sentire” (inglese: to feel)<br />

originario. Le due Guerre Mondiali, a parere di chi scrive, hanno una grande<br />

parte in questo processo.<br />

“Questa dipartita della facoltà emotiva” – scrive Ballard – “ha spianato la<br />

strada a tutti i nostri piaceri più concreti e delicati”, dandoci la “libertà<br />

morale di attendere alla nostra psicopatologia come a un gioco.”<br />

Danni irreversibili del relativismo elevato a sistema, ed esteso ad ogni<br />

ambito della vita. Tema krausiano, se vogliamo: una sorta di “fronte che si è<br />

esteso a tutto il Paese, e che vi resterà.” 4<br />

Ma, per stringere sul già citato tema-cardine del proliferare delle possibilità, ecco cosa scrive<br />

Ballard: “Il ‘fatto’ principale del Ventesimo secolo è il concetto di possibilità illimitata. Questo<br />

predicato della scienza e della tecnologia si fonda sul concetto di moratoria al passato (di<br />

irrilevanza, anzi di morte del passato) e sulla illimitatezza di alternative al presente.”<br />

Ecco che si torna a quanto già detto a proposito delle psicopatologie moralmente sdoganate: è<br />

lecito provare tutto, è lecito aspirare a tutto, tutti hanno diritto a tutto, nulla deve essere<br />

precluso. Ancora una volta, Karl Kraus ci era arrivato all’inizio del Novecento, col celebre<br />

“motto” che – a sua detta – fotografava meglio di ogni altro il mondo contemporaneo, e ancor<br />

più avrebbe fotografato il mondo a venire: quell’agghiacciante “tutto compreso” di cui egli<br />

parlò in una famosa lettura pubblica, e che Roberto Calasso cita in un suo bel saggio dedicato<br />

alla figura di Kraus. 5<br />

Qui si tratta, del resto, di avventurarsi sul terreno minato della morale, cosa che soltanto ai<br />

Grandi è concessa. Ad esempio, per il cinema, Stanley Kubrick. Eyes Wide Shut è una grande<br />

riflessione sulla morale al giorno d’oggi, sulla morale di fine XX secolo, e sui suoi limiti. 6<br />

A mio avviso, sono i concetti di lecito e di illecito ad essere venuti meno. Prendiamo come<br />

un’offesa qualunque monito (specie se di provenienza ecclesiastica) a non percorrere<br />

determinate strade, perché viviamo immersi nella liquida convinzione che l’Uomo possa tutto,<br />

che ogni cosa sia lecita per il solo fatto di essere realizzabile. Alla stessa stregua, però, uccidere<br />

dovrebbe essere lecito, visto che è tecnicamente realizzabile, anzi realizzabilissimo. Viviamo<br />

ogni divieto come un attacco alla libertà individuale, tutto ci deve essere consentito in virtù di<br />

quella imperante espressione, “qualità della vita”, che probabilmente Vittorio Sgarbi e Giuliano<br />

Ferrara fanno bene a deplorare, per diverse ragioni.<br />

Torniamo a Ballard: “Abbiamo un moltiplicarsi di alternative attorno a noi”, scrive egli nella già<br />

citata postfazione a Crash. “Viviamo in un mondo quasi infantile nel quale può trovare<br />

istantanea soddisfazione ogni domanda, ogni possibilità, si tratti di stili di vita, di viaggi, o di<br />

ruoli e identità sessuali.”<br />

3<br />

Tutte le citazioni da BALLARD presenti in quest’articolo, salvo diversa indicazione, provengono dalla postfazione di<br />

Crash, Feltrinelli 2004.<br />

4<br />

Cfr. Karl KRAUS Gli ultimi giorni dell’umanità (Adelphi, 1980)<br />

5<br />

Roberto CALASSO, La guerra perpetua (saggio pubblicato in calce a Gli ultimi giorni dell’Umanità, Adelphi, 1980).<br />

6<br />

Non sarà pratica granché elegante, ma qui mi è inevitabile rimandare ad un mio scritto, pubblicato peraltro proprio su<br />

questa rivista: Il problema della morale, in “Lanterna di Born 1-10”. In quel saggio, assai più estesamente di quanto<br />

potrei fare ora, analizzavo il problema della morale in Kubrick e in Robert Musil, azzardando un parallelo, prima ancora<br />

che fra i due grandi Autori, tra alcuni loro personaggi.<br />

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