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IL CINEMA DI GIUSEPPE DE SANTIS
Prof.<br />
Bruna<br />
CLASSE V° A tst<br />
Anno scolastico 2011-2012<br />
D’EttorrE
LA LETTERATURA NEGLI<br />
ANNI DEL REGIME FASCISTA<br />
• La letteratura e l’organizzazione culturale nel<br />
periodo tra gli anni 20 e la fine della seconda<br />
guerra mondiale risultano condizionate dalle scelte<br />
e dalle imposizioni del regime fascista.<br />
• Tra gli intellettuali che aderiscono al regime ci<br />
sono:
GABRIELE D’ANNUNZIO
LUIGI PIRANDELLO
MASSIMO BONTEMPELLI
GLI INTELLETTUALI DELLA<br />
RIVISTA ‘900’
•Un’aperta militanza anti-fascista è praticata<br />
soprattutto da intellettuali impegnati<br />
politicamente come i fratelli:
CARLO E NELLO ROSSELLI
Tra gli intellettuali del<br />
confino politico si ricorda<br />
Carlo Levi autore del libro<br />
“Cristo si è fermato a<br />
Eboli”.
Tra gli intellettuali marxisti vi è<br />
Antonio Gramsci, che dopo aver<br />
occupato un ruolo importante<br />
nel partito comunista, nel 1926 è<br />
condannato dal regime fascista<br />
italiano. Durante il periodo di<br />
carcerazione scrive “I quaderni<br />
dal carcere” che parlano della<br />
situazione politica e sociale della<br />
letteratura e degli intellettuali.
IL NEOREALISMO (1945-1960)
I Malavoglia<br />
1881<br />
la terra trema<br />
Luchino Visconti<br />
1948
Alberto Moravia<br />
1929<br />
gli indifferenti<br />
1964
CRISTO SI è FERMATO A EBOLI<br />
Carlo Levi (1945)<br />
1979
1949<br />
il bell’antonio<br />
1960
la ciociara<br />
1956 1960
il cinema di pasolini<br />
Una vita violenta<br />
1956<br />
1961
1957<br />
l’isola di arturo<br />
1962
Giuseppe Tomasi<br />
di Lampedusa<br />
1958<br />
il gattopardo<br />
1963
1958-59<br />
la ragazza di bube<br />
1963
il giorno della civetta<br />
1961 1968
1962<br />
la tregua<br />
Sono diventato ebreo in<br />
Auschwitz.<br />
174 517<br />
La coscienza di sentirmi<br />
diverso mi è stata imposta.<br />
1997
il partigiano Johnny<br />
libro postumo 1968; film 2000
Nel periodo che va dalla fine della Seconda<br />
guerra mondiale (1945-1962) si assiste in<br />
ambito letterario a rappresentare la realtà in<br />
modo innovativo mirando ad una scrittura<br />
semplificata e vicina al parlato, e ad una<br />
trama nella quale il ruolo del narratore<br />
onnisciente risulti drasticamente ridotto e la<br />
vicenda si sviluppi attraverso il montaggio di<br />
“Episodi”
Si è usato non a caso il termine<br />
cinematografico perché<br />
l’influenza del cinema si fa<br />
sentire a più livelli in ambito<br />
letterario.
Il cinema (cosiddetto sempre principe di realismo)<br />
acquista un’importanza sempre maggiore<br />
nell’immaginario collettivo tanto da decretare la<br />
nascita di romanzi e racconti a volte trasposti<br />
dagli stessi autori.
Il motivo fondamentale della nuova propensione al realismo è<br />
individuato nell’urgenza di rappresentare le condizioni estreme<br />
raggiunte con il fascismo e la guerra.
Nel dopoguerra l’impegno<br />
degli scrittori per evitare che<br />
si ripetano eventi simili<br />
diventa un’imperativo<br />
comune.
In Italia il momento del neorealismo risulta fondamentale<br />
prima in ambito cinematografico e poi letterario.
<strong>RISO</strong> <strong>AMARO</strong><br />
1949,<br />
Regia di Giuseppe De Santis
LA TRAMA<br />
Francesca, giovane cameriera d’albergo, istigata dal suo amante, Walter,<br />
criminale senza scrupoli, ruba la collana di un cliente. Fuggono entrambi e<br />
Francesca si mescola alle mondine, che partono in treno. La situazione però è<br />
destinata a precipitare. Nel dormitorio delle mondine, Francesca viene<br />
derubata della collana per mano di una compagna, Silvana. Sul luogo del<br />
lavoro giunge Walter, il quale avendo appreso che Silvana è in possesso della<br />
collana, la coinvolge nei suoi loschi affari. Silvana diviene amante di Walter,<br />
mentre un tenente in licenza fa la corte a Francesca, ormai pentita del male<br />
fatto fino ad allora. Walter, avendo scoperto che la collana derubata è falsa,<br />
decide di rifarsi tentando di rubare il riso accumulato nei magazzini come<br />
premio finale per le mondine. Mentre le ragazze festeggiano la fine della<br />
stagione di lavoro, Walter convince Silvana ad allagare le risaie per distrarre<br />
l’attenzione dei festanti. Ma ha fatto i conti senza Francesca e il tenente, che<br />
essendosi accorti di tutto, colgono i ladri sul fatto. Nella sparatoria che segue<br />
Walter viene ucciso. Silvana, disperata, s’uccide.
Il film neorealista di G. De Santis
GIUSEPPE DE SANTIS<br />
Giuseppe De Santis nasce a<br />
Fondi, in Ciociaria, l'11<br />
febbraio 1917. Le sue prime<br />
ambizioni, emigrato<br />
giovanissimo a Roma, sono<br />
letterarie. Dopo una<br />
fuggevole esperienza di<br />
sceneggiatore (Don<br />
Pasquale, 1940, di Camillo<br />
Mastrocinque), il suo<br />
apprendistato<br />
cinematografico si svolge fra<br />
il 1941 e il 1943.
Battagliero critico del quindicinale Cinema, (vecchia serie), ex aiuto di<br />
Luchino Visconti in Ossessione (1942), frequenta i corsi del Centro<br />
sperimentale. Teoria e pratica hanno dunque agio di verificarsi<br />
reciprocamente nell'attività iniziale di De Santis, che intanto entra in<br />
contatto con l'organizzazione clandestina del partito comunista, nel quale<br />
poi militerà ininterrottamente.<br />
Partecipe della resistenza romana, nell'immediato dopoguerra De Santis<br />
si trova (come sceneggiatore e aiuto-regista) accanto ad Aldo Vergano per<br />
Il sole sorge ancora (1946), film prodotto dall'ANPI, celebrazione non<br />
rituale della recente lotta liberatrice. Nel 1947, l'esordio pieno di regista<br />
con Caccia tragica.
Costruito come un romanzo popolare,<br />
Riso amaro (1949) suscita riserve e<br />
diffidenze anche a sinistra, ma è<br />
confortato da enorme affluenza di<br />
pubblico. Sulla stessa linea di Riso<br />
amaro si colloca il successivo Non c'è<br />
pace tra gli ulivi (1950), che De Santis<br />
gira nelle campagne del basso Lazio: si<br />
tratta, in certa misura, di un ripiego,<br />
avendo il regista coltivato un progetto dì<br />
più ampio respiro, sull'occupazione delle<br />
terre da parte dei contadini poveri (Noi<br />
che facciamo crescere il grano), frustrato<br />
da difficoltà produttive e ostilità dei<br />
governanti del tempo.
De Santis dunque<br />
applica in “Riso<br />
Amaro”, fino ad<br />
estremizzarla, la sua<br />
concezione di<br />
commedia<br />
popolare,modellando<br />
appunto quanto più<br />
possibile il suo<br />
melodramma<br />
neorealista su uno di<br />
quei generi “ bassi”<br />
amanti dal pubblico<br />
femminile di allora: il<br />
Fotoromanzo .
Come ogni favola che si rispetti, anche<br />
riso amaro c’è il conflitto tra il bene e il<br />
male; tra queste due forze che si<br />
compattano si inserisce Silvana attratta<br />
ora da l’uno ora da l’altro
La figura di Silvana appare divisa tra la<br />
fedeltà del suo mondo contadino e la<br />
seduzione delle nuove forme di<br />
comunicazione che gli offrono moduli<br />
espressivi che da a questo film un fascino<br />
particolare moderno e intrigante
Carlo Lizzani nota acutamente “la massa<br />
delle mondine” attraverso una serie di<br />
pulsioni emotive che sfociano nel canto<br />
raggiungendo uno dei momenti di<br />
massima aggregazione e di coscienza<br />
collettiva.
Nel tentativo di proteggere il proprio<br />
elemento più debole e vulnerabile,<br />
Gabriella la ragazza che sta abortendo e<br />
che può essere licenziata.
Francesca coinvolta nell’emotività<br />
complicità del gruppo. Silvana risolve la<br />
sua angoscia individuale e la sua crisi di<br />
comunicazione con il gruppo in isteria.
Riso amaro, più degli altri film di<br />
De Santis, mette in moto una<br />
macchina narrativa ad incastri<br />
continui, in cui gli elementi si<br />
scontrano e si riproducono<br />
quasi per imprevedibili<br />
reazioni a catena.
In De Santis vediamo il desiderio incessante di<br />
movimentare internamente ogni quadro,<br />
facendo spiccare ogni zona di esso attraverso<br />
un contrappunto sonoro-visivo. E il tutto<br />
nell’intento di trasformare lo schermo in uno<br />
squillante razzo dai toni ora primitivi, ora<br />
modernissimi, grazie all’uso multimediale del<br />
mezzo cinematografico”aperto” a tutte le<br />
possibilità, e maneggiato da De Santis come un<br />
perfetto strumento incantatore.
Riso amaro esce nel 1949 nell’anno in cui si comincia a<br />
parlare di riforma agraria che sfocerà in seguito in<br />
una lotta di retroguardia rispondente ad un piano<br />
politico conservatore teso a rilanciare la produttività<br />
attraverso una serie di ammodernamenti,<br />
accantonando il progetto della distribuzione delle<br />
terre. La riforma invece di migliorare la condizione<br />
dei contadini diventa un’ abile manovra per arginare<br />
la disoccupazione e la tensione sociale, legando i<br />
contadini alla terra ed evitando un afflusso di mano<br />
d’opera (non assorbibile) negli altri settori, ma<br />
conservando il tradizionale esercito di riserva per le<br />
successive fasi dello sviluppo industriale
NON C’E’ PACE<br />
TRA GLI ULIVI
Questo film è una ricerca appassionata degli archetipi<br />
della società contadina, De Santis descrive e<br />
rappresenta la realtà sociale ed umana della Ciociaria<br />
che conosce ed ama per esserci nato e cresciuto.
L’intento di questo film<br />
rappresenta una denuncia<br />
sociale di come il disagio<br />
economico e ambientale facesse<br />
vivere i pastori che abitavano in<br />
vecchie catapecchie di pietra e<br />
per i quali quattro pecore<br />
potevano significare la salvezza<br />
dalla fame. Denuncia lo stato di<br />
semischiavitù in cui la donna era<br />
costretta a vivere, inerme<br />
strumento degli interessi<br />
familiari. La Ciociaria appare<br />
come una terra primitiva,<br />
depositaria di una cultura<br />
vecchia da secoli.
Il paesaggio ciociario è<br />
uno spazio simbolico,<br />
stilizzato e asservito al<br />
contrasto tra le passioni.<br />
I personaggi sono delle<br />
maschere di un dramma<br />
antico e la loro<br />
gestualità teatralizzante<br />
è anch’essa il segno di<br />
una rappresentazione<br />
profana vecchia di<br />
secoli. Questo film è<br />
modellato secondo la<br />
struttura del cinema<br />
americano western ed è<br />
scandito secondo alcuni<br />
momenti tipici di quella<br />
narrazione:
A) Il furto (o meglio la<br />
riappropriazione) del<br />
bestiame da parte del pastore<br />
Francisco;<br />
B) La vendetta del possidente<br />
Bonfiglio che violenta la<br />
ragazza, sorella di Francisco<br />
e poi lo fa arrestare;<br />
C) Il processo e l’omertà dei<br />
pastori;<br />
D) L’evasione di Francisco e la<br />
fuga di Bonfiglio;<br />
E) La caccia all’uomo, il duello<br />
e la morte “del cattivo”.
Cambia la fabula ma resta invariato l’intreccio, riproposto per raccontare<br />
una storia popolare ed esemplare di gente del sud, che per tradizione e<br />
comportamenti ricorda le vicende del vecchio West, in quella specie di<br />
universo meridionalistico che accomuna tutte quelle popolazioni che<br />
vivono sulla terra e della terra, in una condizione di antica conflittualità tra<br />
prepotenti ed oppressi, in cui la legge spesso è assente e la giustizia è<br />
affidata alla canna del fucile.
La colonna sonora è un alternarsi di canzoni e balli, spari e voci di<br />
animali confusi con echi e richiami di uomini, suoni festosi o ossessioni<br />
di campagna. Il film possiede il taglio e i tempi di una ballata selvaggia<br />
riproposta da un narratore che ha raccolto la voce e i drammi dei suoi<br />
antichi conterranei.