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2.10 La stazione<br />
di Sergio Zanoccoli<br />
Sono quasi sorpreso in questa serata autunnale di<br />
ritrovarmi qui, in Viale dei tigli. Nel mio passeggiare<br />
assorto nei pensieri, chissà come sono capitato qui.<br />
Guardo l'ora, é tardi, manca poco alla mezzanotte, le<br />
strade sono incredibilmente deserte. Ritrovo qui<br />
luoghi carichi di ricordi, c'é un silenzio quasi irreale.<br />
Mi avvicino alla stazione ferroviaria e, che strano, la<br />
porta é aperta, entro e ritrovo quella sala d'attesa in<br />
cui aspettando il treno per la scuola, la sentivi<br />
rimbombare di giovani voci, di progetti, di risate, di<br />
sigarette fumate per sentirsi più grandi. Mi rivedo<br />
seduto e assonnato, tentando di concedermi ancora<br />
qualche minuto di sonno, con le mani in tasca<br />
rattrappite dal freddo, c'é ancora appeso quel<br />
manifesto mezzo stracciato che promette che se ti<br />
arruolerai visiterai il mondo.<br />
Esco, guardo i binari, l'orologio, la luce fioca: sento<br />
l'odore di carbone o forse di petrolio che c'é sempre<br />
in tutte le stazioni ferroviarie. Mi siedo su una delle<br />
panche di legno: “che sera strana”. Una nebbia quasi<br />
rosata scende così, all'improvviso.<br />
Non mi ero accorto che sulla panchina accanto c'era<br />
una persona. La osservo: é un vecchio, gli abiti<br />
consunti dal tempo non sono certo alla moda, lo<br />
sguardo fisso nel vuoto e accanto una valigia: sta<br />
aspettando un treno? Non vorrei fosse qualcuno<br />
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