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“Sì, perché?”<br />
“Quel treno è sempre in ritardo.”<br />
Stavo facendo gli scongiuri quando l’altoparlante<br />
annunciò che il treno era per l’appunto in ritardo di<br />
trentacinque minuti.<br />
“Pensi che se ci fossimo trovati qui, quel giorno,<br />
proprio in questo punto dove siamo ora” allargò le<br />
braccia per indicare lo spazio circostante “ci avrebbe<br />
ridotto in brandelli.”<br />
In quel momento non compresi il significato reale<br />
della frase, pensai solo che ero ben contento di essere<br />
vivo e che le stazioni ferroviarie non mi piacevano<br />
granché.<br />
“Quella mattina ero seduto su una panchina della<br />
Montagnola, quando…” Osvaldo prese a raccontarmi<br />
la sua versione dei fatti, proprio quella che ho cercato<br />
di tradurre in queste pagine, con le inevitabili lacune<br />
che il tempo trascorso, e i molti fiaschi di vino,<br />
avevano prodotto. Quando annunciarono il treno da<br />
Roma, Osvaldo aveva già terminato il racconto e<br />
stava per ripeterlo tutto daccapo. Mi alzai e lo salutai<br />
con una pacca sulla spalla. Nella fretta mi dimenticai<br />
persino di lasciargli qualche moneta. Forse non è<br />
stato un male; da come parlava mi considerava già un<br />
amico ed è imbarazzante ricevere l’elemosina dagli<br />
amici.<br />
* * *<br />
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