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sospiro: ”Ninì, forse è arrivato il momento di<br />
mettermi il coperchio”. Ma che era una pentola? Mah,<br />
non ho mai capito cosa volesse dire. Certo che ogni<br />
tanto il nonno era troppo misterioso.<br />
Una volta mentre passeggiavamo suonò la sirena<br />
dell’allarme. I bombardamenti! Bisognava trovare<br />
presto un “ricovero”. Il nonno mi prese in braccio e,<br />
correndo, mi portò in un sotterraneo buio pieno di<br />
persone che gridavano. Si sentiva il fragore delle<br />
bombe. “Nonno”, gli avevo detto una volta “come si<br />
muore?”.<br />
“Tu devi respirare forte, Ninì. Perché morire significa<br />
non respirare più. Respira, respira” e, mentre le<br />
bombe fioccavano, fra le grida di paura, l’odore acuto<br />
di persone affollate, io respiravo profondamente per<br />
fregare la morte.<br />
Anche il nonno non poteva morire. “Tu non puoi<br />
morire, vero?”, gli dicevo carezzandogli impertinente<br />
il ciuffetto di capelli bianchi e nonno sorrideva.<br />
Eravamo a gennaio del 1943. Faceva tanto freddo. La<br />
mamma disse al nonno che i bambini avevano<br />
bisogno di un po’ di burro, di marmellata; qualcosa<br />
per riscaldarsi. Il nonno mi diede un buffetto e mi<br />
disse con complicità: ”Ninì oggi vado a Ballarò. Cosa<br />
vuoi comprato al mercato nero?”. Cominciai a<br />
snocciolare un elenco di leccornìe. Il nonno prendeva<br />
nota, poi se ne andò. Qualche tempo dopo sentii dei<br />
rumori in lontananza e chiesi alla mamma cosa<br />
fossero. “Niente, sono tuoni. Forse verrà la pioggia”.<br />
Continuai a giocare finché all’imbrunire piombò in<br />
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