vol1 - Pagine Ribelli

Il giudice, ammirato dall’erudizione dell’imputato, lo
interruppe rispettosamente: “Sig. Rudic lei ci vuol fare
una lezione di storia…Il tempo non ce lo consente”.
“Sig. Giudice – proseguì il nomade – arrivo al dunque.
Possiedo un cavallo. È importante per me e per i miei figli
averlo. Rappresenta il nostro passato. È il simbolo della nostra
condizione. Noi come lui siamo costretti a guardare avanti. I
nostri paraocchi sono gli steccati che delimitano la strada. Non
avevo nulla da fargli mangiare. Non ho preso nulla che non
fosse per l’esclusiva necessità di quella bestia. Non potevo farla
morire! Lo so. Questo per voi è un furto con effrazione… È
la vostra legge… Ma quella legge è stata scritta per quelli che
hanno il vostro orizzonte. Quelli che guardano la linea in cui
la terra incontra il cielo. Quell’orizzonte ci è inibito. Il nostro
orizzonte non è una linea, ma un punto… Il punto in cui la
strada che percorriamo si congiunge con l’azzurro. È in quel
punto che si diparte il sentiero che si inerpica verso le stelle.
Chissà se non abbiano steccati anche quelle… La strada per le
stelle… È quella la meta di chi si sente tollerato solo quando
è in fugace cammino. Ogni nostra digressione da quella
destinazione è per voi oggetto di giudizio… E pregiudizio.
L’uomo abbassò lo sguardo e si ammutolì. Il giudice
sospirò prima di ritirarsi in camera di consiglio per la
decisione.
“Era ora” – sbuffò l’avv. Garbugli mentre usciva
frettolosamente dall’aula insieme al P.M.. Nel
Tribunale rimase l’imputato, tra le sue due guardie.
Dietro un diaframma di cartongesso, il giudice
rifletteva e rimuginava.
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