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“La procedura lo consente… Non possiamo negarlo” -<br />
esclamò il giudice quasi per giustificarsi con l’avv.<br />
Garbugli e il P.M. impazienti di farla finita.<br />
Venceslao: “Io non ho colpe, giudice. È vero sono entrato nel<br />
fienile. Ho forzato la porta per entravi. Ho preso due balle di<br />
fieno per il mio cavallo. Ma, non sono un ladro. Sono solo un<br />
equilibrista”.<br />
Il giudice sghignazzando: “Bella questa. Peccato che i<br />
Carabinieri che l’hanno arrestata non hanno rilevato a verbale<br />
l’esistenza di alcuna corda tesa sul fienile.”<br />
L’avvocato e il P.M. supportarono lo spirito del<br />
magistrato con una risata artificiale ed adulatoria.<br />
Venceslao: “La mia corda - la stessa del mio popolo - è<br />
altra. È su quella che da secoli ormai siamo costretti a fare gli<br />
equilibristi. Un tempo, l’esistenza di terre senza padrone era<br />
un principio di civiltà. Era spazio vitale nella disponibilità di<br />
tutti. Era su quelle distese che la mia gente allevava bestiame.<br />
La gente ci accoglieva cordialmente. I contadini ci aspettavano<br />
per acquistare i nostri cavalli. Il Codice Napoleonico –<br />
archetipo della moderna civiltà giuridica - consentì ai<br />
contadini di recintare i terreni da loro coltivati, ma solo se<br />
avessero rinunciato a far uso della terra comune. La tutela<br />
della terra comune in godimento di chi ne era senza era<br />
fortemente tutelata. Poi, arrivò la vostra modernità e con lei, i<br />
suoi steccati, le sue palizzate, le sue recinzioni di filo<br />
spinato… Ci tolsero la terra da sotto i piedi… Ma, una cosa<br />
non potettero prendersi: la strada… Quella non avrà mai<br />
padrone. Da allora, la strada è la vena nella quale scorrere, la<br />
corda sulla quale restare perennemente in equilibrio...<br />
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