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vol1 - Pagine Ribelli

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ma camminava sicura e spedita senza tanto guardarsi<br />

attorno. Eppure dentro di sé era un vulcano in<br />

eruzione che vomitava tutto quello aveva tenuto<br />

dentro da troppo tempo. Quel giorno le sembrava<br />

diverso, nuovo e sereno nonostante i nuvoloni<br />

macchiassero il cielo e nascondessero continuamente<br />

il sole. Ad un certo punto guardò l’orologio e fu<br />

scossa dal pensiero di arrivare in ritardo perchè non<br />

voleva farli aspettare. Eccoli! Come sempre<br />

affollavano il bar prima di rientrare e di darsi il<br />

cambio. Si avvicinò ai giovani soldati perché sapeva<br />

che la stavano aspettando e che le avrebbero lanciato<br />

languidi sguardi e complici sorrisi. Lei, come loro,<br />

conosceva l’odore della guerra, il sapore del sangue,<br />

lo sguardo dei nemici da uccidere, la tragedia dei<br />

sopravvissuti, la disperazione di chi ha perso la casa,<br />

la gente del suo sangue, i sogni dell’infanzia… il<br />

proprio futuro.<br />

Il giorno dopo i giornali riportarono la foto di una<br />

giovane ragazza senza trecce e con grandi occhi neri e<br />

docili: indossava una tuta blu con un nastro verde<br />

annodato sulla fronte. Il suo nome era Fatima<br />

Radwan ed era l’autrice dell’attentato che aveva<br />

ucciso sette giovani soldati e ferito altre dodici<br />

persone. L’articolo spiegava che era figlia del<br />

miliziano Khaled Radwan, catturato durante una<br />

missione segreta, e ucciso durante un dubbio<br />

tentativo di fuga dal carcere. Era inoltre vicina di casa<br />

di un’altra martire di Jabalya, morta anni addietro in<br />

un altro attentato.<br />

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