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l’indispensabile per la piccola e giovane famiglia.<br />
Raramente si permetteva qualche voglia o un<br />
capriccio, ma se succedeva quei giorni diventavano<br />
più felici e si rimetteva a cantare, Youssef a giocare<br />
con la sorellina e il loro papà a sistemare le cose che<br />
solo un uomo era capace di fare.<br />
Fatima aveva da sempre visto le macerie delle case:<br />
erano state colpite o fatte saltare in aria dalle bombe<br />
dei soldati con la bandiera bianca con una bella stella<br />
a strisce azzurre. Anche il lungo muro di cemento,<br />
alto e grigio, squallido e protetto con il filo spinato,<br />
con le torrette e i soldati agghindati di armi e<br />
strumenti che lei non aveva mai visto, le sembravano<br />
normali; ma le impedivano di andare a trovare i nonni<br />
che vivevano poco lontano da Jabalya. Doveva fare<br />
un lungo giro, passare da varchi controllati da soldati,<br />
sopportare controlli e a volte lunghe verifiche per<br />
poterli abbracciare. Sulla lunga muraglia, anche se<br />
fatta dai grandi, non riusciva a darsi una spiegazione e<br />
condivideva i brontolii e i disappunti del suo papà e<br />
della sua mamma che ne invocavano la demolizione.<br />
“Dividono i paesi, gli amici e le famiglie. Creano<br />
enormi difficoltà e disagi a tutti, sono muri di<br />
annessione…”, affermavano con rabbia. Non capiva<br />
il senso di questa parola ma era d’accordo, e sognava<br />
che i muri fossero abbattuti e le macerie diventassero<br />
delle case tutte nuove e colorate. Che i campetti<br />
incolti, pieni di sassi e di oggetti abbandonati,<br />
divenissero orti e uliveti, spazi brulicanti di bambini<br />
che si rincorrevano vociando.<br />
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