Troiani non avrebbero più perpetuato il nome di Troia ma si sarebbero mescolati al sangue latino: “Troia è caduta; lascia che sia caduto anche il nome”. Il padre degli Dei, dopo avere aggiunto in sovrappiù la promessa che Giunone sarebbe stata venerata al massimo grado tra i Romani, distoglie Giuturna dal tentativo di proteggere il fratello inviando su di lui un chiaro e perentorio presagio di morte. La Dea, a quel punto, si ritira gemendo nel fiume Numicio. Svelta così l’asta, Enea la lancia contro Turno, al quale Giove aveva indebolito le forze, e lo colpisce al femore. Enea gli è addosso pronto a trafiggerlo con la spada ma il re rutulo, invocando la pietà filiale di Enea, scongiurandolo per il vecchio padre Dauno, chiede che il suo cadavere venga almeno restituito alla famiglia. Enea è sul punto di salvargli anche la vita ma la vista del balteo di Pallante, che Turno indossava come trofeo e il ricordo della sua feroce uccisione gli riaccendono in corpo l’ira. Ottemperando così al desiderio di Evandro, Enea trafigge a morte Turno. 2 In questo dodicesimo e ultimo libro si nota un attacco deciso alla religione del Fato. Se nel precedente libro si è evidenziata la fraudolenta interpretatio romana nella pratica di sovvertire i presagi, abbiamo qui una delle massime divinità olimpiche, Giunone, che agisce in dispregio e contro il Fato nella consapevolezza – come è testimoniato dal mito della morte di Admeto, dove le Moire vennero…ubriacate e ingannate da Apollo 193 – che esso non è ineluttabile, bensì modificabile in base all’agire. Il duello fra Turno ed Enea si svolge sul luogo di culto del deus indiges ovvero catachtonios, il più sacro centro cultuale latino. La morte di Turno rende quindi proprio il re rutulo il vero indigete della tradizione dei popoli latini. Virgilio, pur dovendo accennare ad un Enea divinizzato e nume tutelare, tace infatti della falsa leggenda che lo faceva morire affogato nel Numico. E’ la sua ultima, più tagliente cacozelìa. ║Turni sororem la sorella di Turno è la ninfa Giuturna, ma più esattamente Diuturna 194 (“colei che vive a lungo”). Era venerata dai Romani come ninfa delle acque e delle sorgenti del Lazio, ma più anticamente le era sacro il fiume Numicio e le sue paludi. In considerazione di questa etimologia suo fratello Turno rappresenterebbe, originariamente, il paredro maschile, dio di fertilità e aggressività che muore ciclicamente. ║(*) si quis modus Questa cacozelia è importantissima, così com’è posta da Virgilio nell’ultimo Libro, poiché fa da contraltare alla concezione augustea e romulea, alla Religione del Fato, che impernia tutta l’Eneide… ufficialmente. Giunone sobilla Giuturna ad agire a favore di Turno e contro i decreti del Fato, non accontentandosi più di procrastinare gli eventi, bensì di modificarli. Essa le si rivolge dicendo: se c’è qualche modo di evitare le sorti, agisci! E si vedrà che l’azione di Giuturna si spinge nella sua determinazione e certezza, fino a creare nel cielo un falso prodigio, fino a scagliare personalmente una freccia su Enea║solis avi specimen Latino indossa una corona formata da dodici raggi d’oro, emblema del Sole suo avo. Virgilio quindi segue ufficialmente per Latino la leggenda magnogreca, che lo vuole discendente del Sole attraverso la figlia Circe ma - come si è appena visto - l’antico re di Laurento, Dercenno, sta lì a testimoniare di un altro filone interpretativo, meno ufficiale║(*) sacra deosque dabo darò gli Dei e i riti. Enea, in caso di vittoria nel duello con Turno, promette di imporre ai Latini la propria religione troiana ma socer arma Latinus habeto, imperium sollemne socer il suocero Latino abbia le forze armate, il suocero abbia il potere civile. Questa solenne dichiarazione di Enea, resa in tono minore e a coda bassa, è in stridente contraddizione con tutte le promesse di imperium che erano state fatte ad Enea dai Superi. Se si accostano queste dichiarazioni con i precedenti gesti di “trasmissione di autorità” che Enea fece nei confronti di Didone ed ancora di Latino, si vede bene trattarsi di una cacozelia. Enea anticipa addirittura sua sponte i propositi di mescolamento dei due popoli che soltanto alla fine Giove sancirà, per esplicita richiesta di Giunone. Col troiano così appassito Virgilio vuol forse far trapelare l’infondatezza della stessa missione di Enea? Certamente, altrimenti non avrebbe messo in bocca a Giunone la curiosissima supplica: “Troia è caduta; lascia che sia caduto anche il nome”!║ (*) urbique dabit Lavinia nomen e Lavinia darà nome alla città In precedenza abbiamo visto che Enea fonda città in più posti del Mediterraneo dandogli nomi gravi e forti; ora egli dimentico del nome di Troia pone termine all’esodo del suo popolo facendolo svaporare in una città dal banale nome di una seconda moglie!║dictamnum, ambrosiam, panaceam Venere raccoglie lesta sul monte Ida di Creta la pianta del dittamo e la aggiunge all’acqua di medicazione che Iapige sta adoperando per curare la ferita alla gamba di Enea. Il dittamo di Creta era rinomato nell’antichità anche per le sue proprietà cicatrizzanti e antibatteriche. All’epoca di Diocleziano costava 250 denari la libbra (327 gr.) a fronte della paga di un bracciante agricolo di 25 denari! La panacea è qui una sostanza misteriosa di cui dispongono gli Dei al pari dell’ambrosia, ma in antico designava alcune specie vegetali ritenute in grado di sanare ogni affezione║(*) sacer Fauno oleaster hic steterat sacro a Fauno lì sorgeva un olivo selvatico probabilmente Virgilio, nel ricordare come i marinai appendessero ai suoi rami doni in commemorazione di uno scampato pericolo, intende alludere al luogo di culto del Sol Indiges, che sorgeva nei pressi dell’antica laguna litoranea ora insabbiata e che solo successivamente venne consacrato al culto di Enea. Poco più avanti il Poeta precisa che i Troiani avevano tagliato, senza alcuno scrupolo, il sacro albero per far posto allo spiazzo del duello. E’ una evidente assurdità, tenuto conto della loro pietas. Virgilio vuole significarci che i Romani avevano “tagliato” la vecchia leggenda di Sol Indiges per far posto al nuovo culto di Enea║(*) optima terra Turno non solo supplica Fauno di 193 Euripide: ALCESTI. 194 P. Grimal: DIZIONARIO DI MITOLOGIA GRECA E ROMANA, sub voce. Paideia, Brescia 1987.
ostacolare Enea ma si rivolge anche all’ottima Terra e non sembri questo abbinamento un caso con la qualità di Indiges del Sole. Turno invoca proprio il potere del “Sole infero” o “catactonio”, secondo l’interpretazione che del termine latino dà Dionisio di Alicarnasso║indigetem Aenean quanto detto prima si completa con l’affermazione di Giove, che vuole trasformare l’eroe in Enea nume tutelare (trad. di Mario Ramous). Enea che soppianta Sol, nume tutelare del territorio e avo di re Latino║mortalin decuit violari vulnere divom? Ed era giusto oltraggiare un dio [Enea 195 ] con una ferita umana? Anche se Virgilio non dice chi scagliò la freccia che colpì Enea, queste parole che Giove rimprovera a Giunone, certificano essersi trattato di Giuturna, anche se subito dopo, Giunone nega l’addebito. Dobbiamo credergli?║mentem laetata retorsit è dunque soltanto al verso 841 di questo dodicesimo ed ultimo Libro che Giunone depone l’astio contro i Troiani: contenta la mente volse altrove (tr. di R. Calzecchi-Onesti)║ 195 Avendolo prima definito “indigete”, cioè nume tutelare, Enea è agli occhi di Giove un Dio ancor prima di esserlo con la morte.