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Cattivo zelo 2 - ANTICA MADRE

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Troiani non avrebbero più perpetuato il nome di Troia ma si sarebbero mescolati al sangue latino: “Troia è caduta; lascia<br />

che sia caduto anche il nome”. Il padre degli Dei, dopo avere aggiunto in sovrappiù la promessa che Giunone sarebbe stata<br />

venerata al massimo grado tra i Romani, distoglie Giuturna dal tentativo di proteggere il fratello inviando su di lui un chiaro<br />

e perentorio presagio di morte. La Dea, a quel punto, si ritira gemendo nel fiume Numicio. Svelta così l’asta, Enea la lancia<br />

contro Turno, al quale Giove aveva indebolito le forze, e lo colpisce al femore. Enea gli è addosso pronto a trafiggerlo con<br />

la spada ma il re rutulo, invocando la pietà filiale di Enea, scongiurandolo per il vecchio padre Dauno, chiede che il suo<br />

cadavere venga almeno restituito alla famiglia. Enea è sul punto di salvargli anche la vita ma la vista del balteo di Pallante,<br />

che Turno indossava come trofeo e il ricordo della sua feroce uccisione gli riaccendono in corpo l’ira. Ottemperando così al<br />

desiderio di Evandro, Enea trafigge a morte Turno.<br />

2<br />

In questo dodicesimo e ultimo libro si nota un attacco deciso alla religione del Fato. Se nel precedente libro si è<br />

evidenziata la fraudolenta interpretatio romana nella pratica di sovvertire i presagi, abbiamo qui una delle massime divinità<br />

olimpiche, Giunone, che agisce in dispregio e contro il Fato nella consapevolezza – come è testimoniato dal mito della morte<br />

di Admeto, dove le Moire vennero…ubriacate e ingannate da Apollo 193 – che esso non è ineluttabile, bensì modificabile in<br />

base all’agire. Il duello fra Turno ed Enea si svolge sul luogo di culto del deus indiges ovvero catachtonios, il più sacro<br />

centro cultuale latino. La morte di Turno rende quindi proprio il re rutulo il vero indigete della tradizione dei popoli latini.<br />

Virgilio, pur dovendo accennare ad un Enea divinizzato e nume tutelare, tace infatti della falsa leggenda che lo faceva morire<br />

affogato nel Numico. E’ la sua ultima, più tagliente cacozelìa.<br />

║Turni sororem la sorella di Turno è la ninfa Giuturna, ma più esattamente Diuturna 194 (“colei che vive a lungo”). Era<br />

venerata dai Romani come ninfa delle acque e delle sorgenti del Lazio, ma più anticamente le era sacro il fiume Numicio e<br />

le sue paludi. In considerazione di questa etimologia suo fratello Turno rappresenterebbe, originariamente, il paredro maschile,<br />

dio di fertilità e aggressività che muore ciclicamente. ║(*) si quis modus Questa cacozelia è importantissima, così com’è<br />

posta da Virgilio nell’ultimo Libro, poiché fa da contraltare alla concezione augustea e romulea, alla Religione del Fato, che<br />

impernia tutta l’Eneide… ufficialmente. Giunone sobilla Giuturna ad agire a favore di Turno e contro i decreti del Fato, non<br />

accontentandosi più di procrastinare gli eventi, bensì di modificarli. Essa le si rivolge dicendo: se c’è qualche modo di evitare<br />

le sorti, agisci! E si vedrà che l’azione di Giuturna si spinge nella sua determinazione e certezza, fino a creare nel cielo un<br />

falso prodigio, fino a scagliare personalmente una freccia su Enea║solis avi specimen Latino indossa una corona formata da<br />

dodici raggi d’oro, emblema del Sole suo avo. Virgilio quindi segue ufficialmente per Latino la leggenda magnogreca, che lo<br />

vuole discendente del Sole attraverso la figlia Circe ma - come si è appena visto - l’antico re di Laurento, Dercenno, sta lì<br />

a testimoniare di un altro filone interpretativo, meno ufficiale║(*) sacra deosque dabo darò gli Dei e i riti. Enea, in caso di<br />

vittoria nel duello con Turno, promette di imporre ai Latini la propria religione troiana ma socer arma Latinus habeto,<br />

imperium sollemne socer il suocero Latino abbia le forze armate, il suocero abbia il potere civile. Questa solenne<br />

dichiarazione di Enea, resa in tono minore e a coda bassa, è in stridente contraddizione con tutte le promesse di imperium<br />

che erano state fatte ad Enea dai Superi. Se si accostano queste dichiarazioni con i precedenti gesti di “trasmissione di<br />

autorità” che Enea fece nei confronti di Didone ed ancora di Latino, si vede bene trattarsi di una cacozelia. Enea anticipa<br />

addirittura sua sponte i propositi di mescolamento dei due popoli che soltanto alla fine Giove sancirà, per esplicita richiesta di<br />

Giunone. Col troiano così appassito Virgilio vuol forse far trapelare l’infondatezza della stessa missione di Enea? Certamente,<br />

altrimenti non avrebbe messo in bocca a Giunone la curiosissima supplica: “Troia è caduta; lascia che sia caduto anche il<br />

nome”!║ (*) urbique dabit Lavinia nomen e Lavinia darà nome alla città In precedenza abbiamo visto che Enea fonda città<br />

in più posti del Mediterraneo dandogli nomi gravi e forti; ora egli dimentico del nome di Troia pone termine all’esodo del<br />

suo popolo facendolo svaporare in una città dal banale nome di una seconda moglie!║dictamnum, ambrosiam, panaceam<br />

Venere raccoglie lesta sul monte Ida di Creta la pianta del dittamo e la aggiunge all’acqua di medicazione che Iapige sta<br />

adoperando per curare la ferita alla gamba di Enea. Il dittamo di Creta era rinomato nell’antichità anche per le sue proprietà<br />

cicatrizzanti e antibatteriche. All’epoca di Diocleziano costava 250 denari la libbra (327 gr.) a fronte della paga di un<br />

bracciante agricolo di 25 denari! La panacea è qui una sostanza misteriosa di cui dispongono gli Dei al pari dell’ambrosia,<br />

ma in antico designava alcune specie vegetali ritenute in grado di sanare ogni affezione║(*) sacer Fauno oleaster hic<br />

steterat sacro a Fauno lì sorgeva un olivo selvatico probabilmente Virgilio, nel ricordare come i marinai appendessero ai suoi<br />

rami doni in commemorazione di uno scampato pericolo, intende alludere al luogo di culto del Sol Indiges, che sorgeva nei<br />

pressi dell’antica laguna litoranea ora insabbiata e che solo successivamente venne consacrato al culto di Enea. Poco più<br />

avanti il Poeta precisa che i Troiani avevano tagliato, senza alcuno scrupolo, il sacro albero per far posto allo spiazzo del<br />

duello. E’ una evidente assurdità, tenuto conto della loro pietas. Virgilio vuole significarci che i Romani avevano “tagliato” la<br />

vecchia leggenda di Sol Indiges per far posto al nuovo culto di Enea║(*) optima terra Turno non solo supplica Fauno di<br />

193 Euripide: ALCESTI.<br />

194 P. Grimal: DIZIONARIO DI MITOLOGIA GRECA E ROMANA, sub voce. Paideia, Brescia 1987.

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