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Cattivo zelo 2 - ANTICA MADRE

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del Lazio dal verbo latere, stare nascosto, ricollegandosi alla fuga di Saturno in questa regione dopo essere stato detronizzato<br />

da Giove. In realtà la parola – se non viene da un termine greco – dovrebbe significare “territorio aperto, vasto,<br />

pianeggiante”║Electra, ut Grai perhibent Virgilio mette in bocca al greco Evandro la storia della madre di Dardano, Elettra,<br />

come i Greci tramandano. Ora è cacozelico che Virgilio parli della leggenda “greca” di Elettra quando sono le leggende<br />

“italiane”, come scrive Pierre Grimal, quelle che parlano di una origine italica di Dardano. Pertanto in questa affermazione<br />

devesi scorgere un’altra cacozelia, la quale mira ad inficiare il valore delle leggende italiane. Sembra quasi che Virgilio non<br />

gradisse neanche le imbeccate filo-etrusche di Mecenate e che il cacozelismo del poeta colpisca sia Augusto che<br />

Mecenate!║Gens daunia la stirpe dei Dauni non è altro che il popolo rutulo, dal nome del padre di Turno, Dauno║Urbis<br />

Agyllinae Evandro, re di Pallanteo, propone ad Enea di allearsi con gli Etruschi, recandosi nella vicina città di Agilla e di<br />

porsi a capo della loro coalizione colà radunata, in quanto un presunto oracolo vietava agli Etruschi di farsi guidare da uno<br />

di loro. Agilla o Cere (in etrusco Kisry) è l’odierna Cerveteri.║Meoniae iuventus gioventù meonia è detto l’esercito etrusco da<br />

Meone, re della Lidia, da cui, secondo Virgilio che segue Erodoto, gli Etruschi sarebbero giunti║ire equites Thyrreni ad litora<br />

regis I cavalieri [troiani e arcadi] si recano alla spiaggia del re etrusco [Tarconte]. Questo passo e il seguente sono<br />

importanti perché localizzano esattamente – nella finzione poetica – le località dove si svolgono gli eventi, a dispetto di chi,<br />

come il Palmucci, adducendo una vaga descrizione virgiliana dei luoghi, vuol vedere in Corito/Tarquinia il teatro di svolgimento<br />

dei fatti narrati. La spiaggia è quella di Pyrgi, porto militare di Cere 172 , che era collegato alla città da una vera e propria<br />

strada. Qui si sarebbero imbarcati sulle navi per scendere la costa fino alla foce del Tevere║Est ingens gelidum lucus prope<br />

Caeritis amnem Enea si dirige verso un grande bosco sacro vicino al gelido fiume di Cere Tra il bosco e la spiaggia era<br />

acquartierata la truppa etrusca comandata da Tarconte. Il fiume è probabilmente l’attuale Fosso Vaccina, che all’epoca forse<br />

era anche navigabile con delle barche, così come l’Astura e altri piccoli rivi laziali║Pelasgos Virgilio accenna al fatto che i<br />

Pelasgi, avendo consacrato in tempi remoti questo bosco, erano i primitivi abitanti del territorio. In effetti non solo quanto<br />

scrive Dionisio di Alicarnasso ma pure i ritrovamenti archeologici attesterebbero che la città di Cere venne fondata forse da<br />

siculi e solo in seguito popolata da etruschi.║vires Orientis Sullo scudo di Enea è raffigurato anche Marco Antonio che reca<br />

con sé le potenze dell’Oriente. Qui non si deve intendere solo nel senso di forze armate ma pure demoniche come si vedrà<br />

sotto; Virgilio si ricollega alle tesi già postulate da Licofrone, sancendo l’antitesi geopolitica e morale fatta propria dalla<br />

romanità romulea║aegyptia coniunx Cleopatra è definita amante egiziana, spregiativamente (Annibal Caro la chiama “zingara<br />

moglie”), per ossequio verso Augusto ma, pochi versi dopo Virgilio si prende la rivincita e la definisce per ben due volte<br />

“regina”… Se non è cacozelia questa.║In medio patrio vocat agmina sistro Da notare che Virgilio non menziona direttamente<br />

Iside, somma divinità egiziana dell’epoca, per non urtare la sensibilità dei moltissimi Romani ormai “egizianizzati”, tuttavia la<br />

identifica in Cleopatra che al centro incita le schiere col sistro nazionale (Annibal Caro però è esplicito: “stava qual Isi la<br />

regina in mezzo col patrio sistro”). Il sistro infatti è l’emblema forse più caratteristico della dea Iside. 173 L’uso improprio che<br />

Virgilio ne fa fare a Cleopatra dimostra che il poeta ha voluto nascondere dietro alla regina egiziana la Dea║necdum etiam<br />

geminos a tergo respicit anguis né ancora si avvede dei due serpenti [che incombono] alle sue spalle Raffigurata nello<br />

scudo, Cleopatra ancora non sa che morirà per il morso di due vipere. In realtà il suicidio mediante morso di serpente fu<br />

una congettura non suffragata da prove già al momento stesso della sua morte. E’ più probabile che la regina si fosse<br />

avvelenata su consiglio del medico personale Olimpio, così da gettare su Augusto il sospetto dell’omicidio. Per parare il colpo<br />

i Romani propalarono la storia dei serpenti. ║omnigenumque deum monstra et latrator Anubis Accanto a Cleopatra<br />

combattono metafisicamente apparizioni mostruose, ogni sorta di Dei e il latrante Anubi Di contro solo divinità olimpiche come<br />

Nettuno, Venere e Minerva. Si vuol far vedere che anche dal punto di vista spirituale Augusto si oppone ad un mondo<br />

caotico e demonico impersonato da divinità animalesche e infraumane. Evidentemente ci si era scordati di Giano e del suo<br />

mostruoso aspetto… 174 Che la denigrazione sia di carattere meramente politico e ideologico decisa a tavolino e non una<br />

poetica trovata di Virgilio, lo dimostra il fatto che un altro poeta del circolo di Mecenate, il remio Properzio, scrisse quasi<br />

contemporaneamente alla pubblicazione dell’Eneide che Cleopatra osò ad Azio opporre “al nostro Giove il latrante Anubi” e il<br />

“tintinnante sistro”!║<br />

LIBRO NONO - “TURNO”<br />

(1-818)<br />

172 Cere non aveva un vero e proprio porto e per questo si appoggiava a ben tre diversi scali lungo la costa, gli odierni Santa Marinella (Punicum),<br />

Santa Severa (Pyrgi) e Palo (Alsium) ma solo il secondo era il porto militare.<br />

173 Il sistro è uno strumento musicale idiofono di uso esclusivamente rituale. Su di esso cfr. l’interessante nota di T. Tibiletti contenuta in Aa.Vv.:<br />

ISIDE, p.660 Electa, Milano 1997.<br />

174 Di lì a cent’anni, il poeta Persio tratterà piuttosto male questo Dio in un delle sue satire (I, 58).

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