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Cattivo zelo 2 - ANTICA MADRE

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amministrava la giustizia: scettro, tiara e mantello di porpora! 156 Solo la incondizionata fiducia che Augusto riponeva in Virgilio<br />

ha potuto permettere che simili cacozelie potessero passare inosservate (Agrippa e soci esclusi); sempre ammesso che Virgilio<br />

non sia stato avvelenato... Con i regali dati a Didone e a Latino si è voluta spogliare la romanità di ogni legittimità, a<br />

dispetto di quanto si è dovuto propagandare apertamente e forzatamente nell’Eneide║At trahere atque moras tantis licet<br />

addere rebus Giunone assiste impotente allo sbarco degli Eneadi, tuttavia non si rassegna e, sapendo che non può andare<br />

contro il Destino, utilizza ciò che la religione del Fato consente a uomini e Dei: cambiare la trama a un ordito ineluttabile e<br />

dilungarne il termine: ma mi è lecito procrastinare gli eventi e aggiungerne di nuovi 157 ║Amata Lo strumento vendicativo di<br />

Giunone è la furia Aletto, regina della discordia e delle lotte intestine, che per prima insidia la moglie di Latino, Amata, la<br />

quale tradisce col suo nome una funzione orgiastica e dionisiaca, per quanto che Amata era il nome rituale delle Vestali al<br />

momento della loro consacrazione (ma la cosa non è in contraddizione se si ritengono queste sacerdotesse delle antiche<br />

prostitute sacre). Secondo Servio (VII 366 158 ), Amata era la sorella di Venilia, la ninfa madre di Turno║Questa infatti, allo<br />

stesso modo di Didone, furit limphata per urbem impazza forsennata 159 per la città e i villaggi latini ed infine si getta come<br />

menade nei boschi assieme alla figlia Lavinia, che consacra a Dioniso, e addirittura a tutte le donne latine che si uniscono<br />

a lei in una sarabanda bacchica║(*) iuris materni qui abbiamo un altro cacozelico capitolo dello scontro fra Oriente<br />

mediterraneo e Occidente romano: Amata rivolgendosi alle donne si appella al diritto materno di contro a quello paterno che<br />

vuole avocare al padre la decisione di maritare le figlie. Il mezzo per instaurare nuovamente questo diritto consiste<br />

nell’abbandonare le consuetudini familiari e gettarsi, discinte, nelle orge silvestri. E così avviene. Si noti anche che il<br />

commentatore classico dell’Eneide, Servio (VII 51), scrisse che Amata aveva dato a Latino due figli ma li uccise avvalendosi<br />

della capacità giuridica di poterlo fare (“factione interemit”). Servio specifica che Virgilio adombrò appena (“per transitum tangit<br />

historiam”) questo racconto con i versi: “figlio costui non ebbe per fato divino, non prole maschile, ché, nata appena, gli fu<br />

strappata sul crescere”. Di questo Diritto Materno null’altro si accenna, comprensibilmente 160 ║(*) Thyrrenas, i, sterne acies<br />

Aletto si reca da Turno, re dei Rutuli 161 e lo invita a muovere guerra ai Troiani ma, assai stranamente, Virgilio gli fa dire:<br />

vai, scompiglia le schiere dei Tirreni (Etruschi). Il fatto che i Troiani vengano assimilati agli Etruschi è del tutto assurdo per<br />

la coerenza del racconto virgiliano ma non se si ritorna alla loro discendenza dall’etrusca Corito. E’ chiaro che siamo di<br />

fronte ad una deformazione retorica della leggenda. Nell’Eneide, come si vedrà, gli Etruschi sono alleati dei Troiani (tranne<br />

Mezenzio che viene però raffigurato dal poeta come un rinnegato) e la cosa viene spiegata da Pierre Grimal in questo<br />

modo: “questo non è un caso, se si pensa alle ascendenze etrusche di Mecenate, i cui antenati avevano regnato sulle città<br />

etrusche, e che era ora uno degli amici più intimi di Augusto” 162 . ║cervum il cervo della latina Silvia (= la donna delle<br />

selve), la cui uccisione determina il primo versamento di sangue fra troiani e latini è un animale sacro della sfera dionisiaca.<br />

Non sappiamo se Virgilio abbia volutamente scelto l’episodio con un intento simbolico, tuttavia resta il fatto che nel mondo<br />

mediterraneo c’era l’uso di onorare alcuni cervi semiaddomesticati lasciandoli liberi e adornandoli con diademi e fregi di varia<br />

natura, come ci ricorda anche un episodio delle Metamorfosi di Ovidio (X, 106). Come infatti scrisse il Bachofen, il cervo,<br />

per via dell’aspetto screziato della sua pelle, ricorda la maculazione della Luna e quindi pertiene alla sfera dionisiaca, cioè<br />

alla commistione di terrestre e lunare: “ma la sua connessione con la donna lunare non si fonda solo su questa somiglianza.<br />

Essa traspare anche dalle sue corna ramificate e dalla sua usanza di farle cadere e nasconderle nella terra, che è qui<br />

un’immagine della terra materna, la quale fa crescere dal suo seno gli alberi della foresta” 163 . Il cervo è quindi anche un<br />

animale psicopompo, funerario e rigenerativo. La sua morte determina il profondo sconquasso dei precedenti assetti sociali del<br />

Lazio║Ad nos vix tenuis famae perlabitur aura Se nel libro successivo Virgilio descriverà le schiere al seguito di Enea, qui<br />

abbiamo la descrizione di quelle che seguono Turno ma il poeta mette cacozelicamente le mani avanti circa quel che di<br />

falso dovrà raccontare: solo una fievole voce ci lambisce le orecchie, egli scrive a riguardo delle conoscenze che al suo<br />

tempo si avevano della storia più antica del Lazio║Mezentius appare qui la figura di Mezenzio, già re di Cere, che Virgilio<br />

fa apparire come l’unico etrusco ostile ai Latini e quindi a Enea. Abbiamo già fatto notare come il poeta ribalti i fatti storici<br />

156 Servio specifica che per tiara devesi intendere il pileo, berretto conico, forse simile all’odierno fez turco. Non ci sembra un caso che i doni che in<br />

contraccambio Latino porge ad Enea consistano in simboli guerrieri (cavalli e carro da guerra), con il che si attribuisce ad Enea un ruolo subordinato.<br />

157 “Nelle divisioni del tempo, come nelle regioni dello spazio, si potevano smuovere i limiti. La prorogatio mitigava il fatalismo del sistema. Il massimo<br />

che si può rimandare una profezia è di 10 anni per un individuo, 30 per un popolo. Per un individuo, non si può più rimandare quando ha passato<br />

i 70 anni. C’era dunque una certa flessibilità, sotto la protezione e con il permesso degli Dei: i libri etrusci dicono che questa prorogatio si chiede<br />

prima a Giove, poi ai fata (forse gli Dei Involuti)” (L Bonfante: Il Destino degli Etruschi. Sta in Aa.Vv.: LIBERTÀ O NECESSITÀ? Ananke, Torino<br />

1998).<br />

158 Di questo antico commentatore di Virgilio non esiste ancora una edizione italiana. Qui e altrove ci avvaliamo dell’edizione critica a cura di G.<br />

Ramires, limitata ai Libri VII e IX. Pàtron, Bologna 2003.<br />

159 Lymphata è un termine tecnico per designare una persona vittima della possessione delle ninfe.<br />

160 Con le ovvie riserve, è interessante consultare la poderosa opera di J.J. Bachofen: IL MATRIARCATO Einaudi, Torino 1988 (specie p.317)<br />

161 I Rutuli di Turno erano forse un popolo a forte caratterizzazione sabina. Sia il loro nome che quello di Ardea rimandano al rosso e al fuoco ma<br />

in latino Ardea è il nome dell’airone, che Ovidio nelle Metamorfosi narra essere sorto dalle macerie combuste della città distrutta da Enea. Servio (VII<br />

412) ricorda che la città traeva il nome per essere sorta sull’augurium di un volo di aironi, animali palustri. Il Bachofen (IL SIMBOLISMO FUNERARIO<br />

DEGLI ANTICHI, p.595) ritiene anche che il nome dei Rutuli provenga da airone.<br />

162 P. Grimal: DIZIONARIO DI MITOLOGIA GRECA E ROMANA sub voce. Paideia, Brescia 1987.<br />

163 J.J. Bachofen: IL SIMBOLISMO FUNERARIO DEGLI ANTICHI p.247. Guida, Napoli 1989.

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