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Cattivo zelo 2 - ANTICA MADRE

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tuoi carmi alle foglie Enea, grazie alla precedente raccomandazione di Eleno, prega la Sibilla di non profetare nella maniera<br />

abituale, che era quella di scrivere versi su foglie che venivano disperse dal vento, cosicchè nessuno era poi in grado di<br />

conoscerne il responso. 139 A nostro modesto parere, tuttavia, la scrittura su foglie sparse dal vento è del tutto simbolica<br />

(sono attestati i responsi su corteccia d’albero) e vuole indicare una serie di presagi predefiniti, scritti su corteccia, estratti a<br />

sorte║(*) via prima salutis…graia pandetur ab urbe l’aiuto più importante ti verrà da una città greca Il dio si riferisce all’aiuto<br />

fornito ad Enea dai greci arcadi di Pallanteo, il borgo che sorgeva sullo stesso sito della futura Roma. Come non vedere in<br />

ciò una cacozelica informazione virgiliana sul fatto che il luogo dove sorge Roma fu in realtà un arcaico fondaco ed emporio<br />

commerciale greco euboico se non pure miceneo?║Pauci pochi Coloro in grado di accedere alle regioni infernali sono<br />

solamente pochi uomini, o figli di dei o che per il valore delle loro imprese si sono guadagnati l’immortalità. La concezione<br />

tradizionale greco-romana del post mortem non garantiva, a differenza del cristianesimo, l’immortalità a tutti indiscriminatamente.<br />

La concezione dell’oltretomba virgiliano deriva da più antiche concezioni etrusche, greche e latine. Geograficamente, questa si<br />

appoggia alla tradizione magnogreca, che pone la sede dei trapassati nella zona vulcanica dei Campi Flegrei presso Napoli. I<br />

Greci ponevano uno degli ingressi dell’Ade in una zona dell’Epiro nota come Necromanteion; i Greci d’Italia, invece, causa la<br />

distanza delle nuove colonie dalla madrepatria, trovarono più consono idealizzare nella zona flegrea questo ingresso. Proprio<br />

nel periodo in cui Virgilio si accingeva a concepire il disegno dell’Eneide, era andato a soggiornare non lontano dalla stessa<br />

zona flegrea, quindi la conosceva molto bene e poteva avere appreso dagli abitanti locali particolari importanti sull’antica<br />

dislocazione dei luoghi. Quasi contemporaneamente il generale romano Vipsanio Agrippa stava “devastando” la zona con<br />

gigantesche opere idrauliche e di ingegneria navale per ingrandire l’allocamento della flotta romana, impegnata nella guerra<br />

contro la marina di Sesto Pompeo. In base a ciò importanti dettagli di geografia sacra andarono perduti. Non a caso, pare.<br />

Giusto Traina, che ha dedicato un saggio di “archeologia geografica” allo studio del mondo palustre nell’antichità, ha scritto<br />

che in tal modo Augusto volle eliminare – facendo anche trasferire a casa propria i Libri della Sibilla – dei “culti misteriosi,<br />

forse pericolosi” per la propria ideologia religiosa e che si deve a Virgilio il demerito di avere dato la prima rappresentazione<br />

negativa, infernale, del sacro mondo palustre 140 . La tradizione magnogreca dell’Ade non si era però estinta se è vero che<br />

anche Annibale volle recarsi sul lago di Averno per celebrarvi dei sacrifici espiatori. La zona flegrea si presta molto bene ad<br />

una descrizione dell’inferno, per la presenza di fenomeni vulcanici affioranti dallo stesso suolo pianeggiante, dalla vicinanza di<br />

più alte bocche eruttive, di laghi ricchi di esalazioni gassose velenose, da acquitrini, paludi e vaste zone disabitate e selvose.<br />

Virgilio parla di una grotta, di pertinenza della sibilla, che dava accesso all’Ade. Proprio tale anfratto pare sia stato distrutto<br />

da Agrippa, trovandosi probabilmente nella parte ovest del lago di Averno, nella collina che separa quest’ultimo da quello di<br />

Lucrino. L’Ade possiede anche due uscite, dette Porte del Sonno, che si ripartiscono in Porta di Corno e Porta di Avorio<br />

ma, a differenza dell’ingresso, da cui può passare chiunque, dalla Porta di Corno sortiscono solo le apparizioni oniriche dei<br />

trapassati mentre da quella d’avorio quei pochi mortali o Eroi che ne ebbero la ventura. Virgilio però è ben consapevole che<br />

tale descrizione, tale catabasi, è puramente formale e in realtà intende mescolare alla concezione popolaresca del post<br />

mortem quella segreta degli iniziati ai Misteri: un’avventura della coscienza attraverso le strutture della psiche umana,<br />

avventura che anticipa e prefigura la stessa esperienza che subirà la coscienza umana al momento della morte. Egli infatti<br />

scrive, appena la sibilla ed Enea si incamminano, con cacozelia iniziatica, che la casa di Dite è “vuota”, trattandosi di un<br />

regno “fatuo”, irreale. ║Iunonis infernae il ramo d’oro è sacro a Giunone Infera In realtà l’equivalenza fra Giunone e<br />

Proserpina non è esatta ma Virgilio denomina Proserpina come una “Giunone infera” in quanto sposa del Giove infero. La<br />

necessità di cogliere un ramo d’oro è simbolica delle qualità interiori che deve possedere colui che vuole superare la soglia<br />

della morte da vivo. L’oro imperituro si contrappone al fogliame verde marcescibile║Misenum Miseno, scudiero di Ettore e poi<br />

suonatore di corno con Enea, percorreva la spiaggia cumana suonando la concha, una grossa conchiglia attributo di divinità<br />

marine maschili, provocando, a causa della sua bravura, l’invidia del dio Tritone che, afferratolo, lo trascinò in mare<br />

affogandolo. In realtà Virgilio trae spunto dalla leggenda magnogreca di un Miseno compagno di Odisseo, che venne ucciso<br />

da un gigante lestrigone, Antifato, ed ivi sepolto. Dal luogo della sua supposta sepoltura prese nome il promontorio di Capo<br />

Miseno. Secondo l’anonimo De Origine Gentis Romanae (testo contenuto nel corpus di Aurelio Vittore) invece, la persona che<br />

Enea avrebbe dovuto seppellire una volta uscito dall’Ade non era Miseno ma una sua parente, Procida║geminae columbae<br />

una coppia di colombe L’animale è sacro a Venere ed è la Dea stessa che le invia al figlio per aiutarlo a trovare l’aureo<br />

ramo. Tuttavia Virgilio, in base alla sua abitudine di alludere spesso alle versioni scartate di un mito all’interno di quella da<br />

lui accolta potrebbe aver voluto accennare alle antiche colonizzazioni greche di Cuma e Napoli. Infatti Velleio Patercolo (Storia<br />

romana 1,4,1) ricorda che l’approdo della flotta dei greci di Eubea sulle spiagge del luogo venne preceduto da un volo di<br />

colombe, mentre Napoli (Stazio, Selve III, 5, 79) sarebbe stata fondata seguendo il volo di una “colomba dionea”.║ad fauces<br />

139 “E’ già stato più volte segnalato il carattere tipicamente non greco delle forme di divinazione che privilegiano le risorse della scrittura come sistema<br />

autonomo [cioè non come trasposizione del parlato] rispetto a quello dell’oralità (…) la caratteristica peculiare della divinazione dell’Italia antica è<br />

costituita dagli oracoli di tipo cleromantico mediante le sortes. Questo tipo di tecnica oracolare, attestata nelle culture latina, etrusca ed italica, trova<br />

come comune denominatore l’utilizzazione della scrittura” (P. Poccetti: Scritture e forme oracolari nell’Italia antica. Sta in: vedi supra. A questo riguardo<br />

si può aggiungere che la stessa Eneide venne utilizzata, già al tempo degli imperatori antonini e poi nel Medioevo, come testo sibillino (sortes<br />

virgilianae). La procedura consisteva nell’aprire a caso una pagina del poema e di trarre da essa indicazioni circa la domanda che era stata posta. I<br />

mestieranti poi ne ricavarono una serie completa di responsi scritti che sono in commercio – mutatis mutandis – ancor’oggi!<br />

140 G. Traina: PALUDI E BONIFICHE NEL MONDO ANTICO, cit. p.123. Sul simbolismo del mondo palustre si vedano gli scritti del Bachofen.

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