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Cattivo zelo 2 - ANTICA MADRE

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inferi: le due Porte del Sonno, quella di Corno e quella d’Avorio. I due escono da quest’ultima. Enea si ricongiunge ai suoi,<br />

salpa le ancore e si dirige a Nord, verso Gaeta, dove approda nuovamente.<br />

2<br />

Ancora molti i riferimenti all’antica madre cretese nel contesto cumano col quale si apre questo sesto libro. Continua anche il<br />

velato richiamo ad una morale religiosa antiaugustea che spicca nella fase finale del libro, quando Enea e la sibilla escono<br />

da una delle due porte dell’Ade, quella d’avorio. Da questa si dice esplicitamente che vengono inviati ai mortali i sogni<br />

fallaci. Come mai Enea ritorna alla luce attraverso la porta che invia falsità anziché attraverso quella cornea per cui passano<br />

le apparizioni veritiere dei defunti? Virgilio non lo spiega né potrebbe: è già fin troppo evidente che facendo uscire Enea da<br />

quella direzione si vuol raccontare che tutta la storia di Enea è una grossa menzogna! Rilevante è poi la concezione pagana<br />

del post mortem che Virgilio tratteggia in maniera simbolica ma non per questo meno illuminante per chi ne conosce le<br />

valenze.<br />

║arces le rocce. Enea sale sulla sommità del colle di Cuma, dov’era un tempio di Apollo. In realtà la zona era sede di<br />

un più antico luogo di culto tellurico-oracolare, necromantico. Questo più antico oracolo tellurico, nekyomanteion o ploutonion,<br />

era gestito da un collegio sacedotale, quello dei Cimbarioni, confusi poi con il favoloso popolo dei Cimmeri, cosicchè Nevio e<br />

Calpurnio Pisone poterono parlare di una “sibilla cimmeria”; a meno che il termine “Cimmeri” non derivi dalla parola osca che<br />

designava appunto Cuma (Kyme in greco). Secondo le convincenti deduzioni di H.W. Parke 135 , invece, l’edificazione dell’oracolo<br />

cumano tradizionale, sibilliaco, fu opera del tiranno Aristodemo avvalendosi delle competenze dei coloni della vicina città di<br />

Pozzuoli, che a loro volta si rifacevano alle tradizioni patrie dell’isola di Samo. Stando ad un importante ritrovamento<br />

archeologico, la sibilla profetava in nome di Giunone non di Apollo. 136 ║antrum immane orribile antro. Virgilio associa nello<br />

stesso luogo il tempio di Apollo e l’antro della sibilla. Nella descrizione virgiliana di tutta la vicenda si assommano<br />

cacozelicamente non soltanto due tradizioni oracolari, culto tellurico e culto sibillino, che in realtà furono distinte temporalmente,<br />

ma anche due modi di profetare, per scrittura e per oralità, anch’esse ben distinte in origine. Anche qui Virgilio vuole<br />

rendere conto della verità. I Romani infatti sin dal tempo di Tarquinio avevano monopolizzato ad uso politico i vaticini della<br />

sibilla cimmeria o cumana, mettendo in secondo piano quelli latini dell’oracolo della Fortuna prenestina. Anche Augusto utilizzò<br />

i carmi sibillini “delle cui indicazioni si servì per organizzare i ludi saeculares del 17 a.C.” 137 . In realtà è documentato da un<br />

riferimento letterario che già al tempo dei Greci non vi era alcun vero oracolo della sibilla e che quest’ultimo culto era<br />

scomparso, probabilmente a causa dell’occupazione sannita del 420 a.C. Ancora Silio Italico (VIII, 531) parla di Cuma come<br />

“quondam fatorum conscia” (“un tempo presaga dei fati”). L’antico oracolo doveva trovarsi, con ogni verosimiglianza,<br />

nell’entroterra, forse nei pressi dell’attuale “solfatara”. Successivamente però, col tempio apollineo, si deve essere insediato un<br />

nuovo oracolo, poiché nel III sec. d.C., stando ad un accenno di Porfirio (Vita Plotini), Apollo – se non è retorica - dette un<br />

responso al filosofo Amelio che lo interrogava circa i destini ultraterreni del maestro Plotino║Triviae lucos i boschi sacri di<br />

Trivia cioè di Proserpina, la divinità lunare infera che Virgilio molto opportunamente ricorda al lettore preesistere ad Apollo║(*)<br />

Daedalus Dedalo La cacozelia virgiliana, cioè la scrittura segreta, emerge già dai primi versi di questo sesto Libro. Viene<br />

infatti fatta risalire la fondazione del tempio apollineo ai cretesi minoici (in realtà greco-micenei, poiché la figura di Dedalo<br />

appartiene alla storia micenea di Creta); l’origine dell’antica madre è dunque ribadita.║(*) in foribus sulle porte [del tempio].<br />

Dedalo istoriò sui battenti dorati il più noto mito cretese: l’assassinio di Androgeo figlio di Minosse ad opera degli Ateniesi e<br />

il conseguente tributo di giovani al Minotauro, nonché la nascita di quest’ultimo dall’amore di Pasifae, il labirinto, l’impresa di<br />

Teseo e la sua fuga col figlio Icaro. Quest’ultima vicenda però incompiuta, perché per il doloroso ricordo Dedalo la lasciò<br />

interminata. Sembra di notare in ciò un curioso parallelismo, tra la fuga di Dedalo da Creta e quella di Enea dalla stessa<br />

isola: entrambi approdano a Cuma. Ci pare in realtà che Virgilio ha voluto palesare quello che non poteva dire apertamente<br />

e cioè la progressiva colonizzazione micenea dell’Italia centro-meridionale, e non troiana! Tale colonizzazione “risalirebbe infatti<br />

ai coloni euboici, che avrebbero fatto coincidere le successive tappe del loro insediamento in Hesperìa con i punti di approdo<br />

di Odisseo” 138 ║Deiphobe Glauci Deifobe figlia di Glauco Questo era il nome della sibilla in Virgilio, ma essa era anche nota<br />

con altri nomi. E’ tuttavia interessante la menzione di Glauco, poiché alcuni riferimenti mitologici che vanno sotto questo nome<br />

- e principalmente Glauco figlio di Minosse - rimandano chiaramente alla civiltà cretese e quindi alla “antica madre”║septem<br />

mactare iuvencos…lectas de more bidentis uccidere sette giovenchi e sette bidenti scelte come da norma. Come ci ricorda<br />

Aulo Gellio (16, 6, 12) le “bidenti” erano generalmente pecore di due anni (bidentis sarebbe corruzione di biennes), con otto<br />

denti di cui due più sviluppati, giunte a maturità e atte al sacrificio.║aditus centum, ostia centum cento anditi, cento porte<br />

L’antro della Sibilla, con le sue innumerevoli aperture è manifestamente identico al labirinto, con il suo intrico di vie. Forse<br />

Virgilio ebbe notizia del carattere oracolare del labirinto di Cnosso║foliis tantum ne carmina manda soltanto, non affidare i<br />

135 H.W. Parke: SIBILLE p.89 ssg. Ecig. Genova 1992<br />

136 cit. supra, p.109<br />

137 P. Poccetti: Scritture e forme oracolari nell’Italia antica. Sta in Aa.Vv.: SIBILLE E LINGUAGGI ORACOLARI. I.E.P.I, Pisa-Roma 1999.<br />

138 G. Vanotti: Riti oracolari a Cuma nella tradizione letteraria di IV e III secolo a.C. Sta in: vedi supra.

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