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chiamavano “campi Elisii”. Vi potrà giungere grazie alla “casta Sibilla” e all’effusione di “molto sangue di nero bestiame” e<br />
finalmente lì, Anchise gli svelerà pienamente il suo destino║sedes fundatur Veneri Idaliae “Si fonda il tempio di Venere<br />
Idalia”: in realtà il tempio di Erice era stato edificato già dai Fenici se non addirittura dai Sicani. E’ però interessante che<br />
Virgilio lo riferisca a Venere Idalia, cioè Venere dell’Idalio, il promontorio cipriota su cui sorgeva un tempio dove si esercitava<br />
la prostituzione sacra 132 . Lo stesso Idalio rimanda poi all’Ida, la foresta o montagna cretese e alla religione tellurica<br />
mediterranea║dies…novem “nove giorni”: è il tempo tradizionale delle celebrazioni funebri; il 9 è il numero della gestazione<br />
uterina. Per analogia, doveva essere anche il tempo durante il quale l’anima vegetativa del trapassato aveva bisogno di<br />
venire “sostenuta” prima di poterla “fissare” in un sepolcro o in un bosco sacro, come fu il caso di Anchise ad Erice. A<br />
sua custodia viene posto non un semplice guardiano ma un apposito “sacerdote”; con il che, è evidente l’intenzione di volere<br />
stabilire un culto e un apparato rituale║unum pro multis dabitur caput “Si darà una testa in cambio di molte”: Nettuno, in<br />
cambio della protezione marittima che gli impetra Venere a favore del figlio, si prenderà una vittima sacrificale: Palinuro 133 , il<br />
fido nocchiero di Enea che, caduto in mare, verrà ucciso una volta approdato a terra. Nel libro successivo (VI, 366) Virgilio,<br />
dando la parola a Palinuro nell’Ade, fa capire che il luogo dove il nocchiero trovò la morte è il futuro porto della città di<br />
Elea (Velia), l’attuale Marina di Casal Velino, provincia di Salerno. Il capo Palinuro, è posto poco più a sud║scopulos<br />
Sirenum “gli scogli delle Sirene”: Strabone, geografo greco che visse nel primo secolo d.C. identifica negli scogli “Li Galli” 134 ,<br />
nel tratto di mare antistante Positano, le tre solitarie e rocciose sedi delle sirene. Il luogo era talmente pericoloso in epoca<br />
antica per la navigazione che nella vicina isola di Capri sorgeva un faro posto appositamente di fronte al piccolo arcipelago.<br />
LIBRO SESTO - “DISCESA AGLI INFERI”<br />
(1-901)<br />
1<br />
Attraversato il Golfo di Napoli, gli Eneadi sbarcano a Cuma, dove ha sede l’oracolo apollineo della Sibilla, con la cui guida<br />
Enea dovrà andare agli Inferi per consultare l’ombra del padre Anchise circa i futuri destini. Prima però il duce troiano si<br />
sofferma nell’antro della profetessa, dove riceve la predizione che riuscirà a sbarcare nel Lazio; dovrà però sostenere una<br />
lunga serie di aspre guerre. Chiesto alla sibilla di guidarlo negli Inferi, essa acconsente ma prima lo incarica di celebrare le<br />
esequie del suo scudiero Miseno, ucciso da Tritone lungo la spiaggia, e di munirsi del misterioso “ramo d’oro”, pegno che<br />
dovrà depositare nella sede di Proserpina se vorrà riuscire nel suo intento ultramondano. Enea, guidato portentosamente da<br />
due colombe, riesce a staccare il ramo d’oro e, giunta la notte, celebra assieme alla sibilla i preliminari riti catagogici<br />
sacrificando sette giovenchi e sette pecore. Quindi, assieme alla vecchia sacerdotessa, si inoltra nelle profondità dell’antro, che<br />
è l’ingresso alle regioni infernali, dove per prime scorge le apparizioni dei vari mali che affliggono l’umanità. Giunge quindi<br />
alle sponde del fiume Acheronte, dove scorge vagare le anime dei morti insepolti, tra cui il naufrago Palinuro, che lo<br />
supplica di imbarcarlo sulla scialuppa di Caronte al fine di poter compiere il suo ultimo destino. La sibilla però glielo vieta,<br />
predicendogli che sarà ben presto sepolto dai suoi stessi uccisori pentiti, e quindi con Enea sale sul battello che li traghetta<br />
nel reame infero: la palude stigia. Superata infatti l’ostilità del “Palinuro infernale”, cioè Caronte, e del cane tricipite Cerbero, i<br />
due viventi vi si inoltrano incontrando dapprima le anime dei morti anzitempo, cui è giudice Minosse, e, nei “campi del<br />
pianto”, coloro che perirono per causa d’amore. Tra costoro Enea scorge Didone, appena giunta, che lo sfugge senza<br />
degnarlo di uno sguardo andando a rifugiarsi tra le braccia del marito Sicheo, lasciandolo in lacrime. Indi Enea si approssima<br />
alla zona dove sono i morti per causa di guerra e quivi vede la gran massa degli eroi greci e troiani, fra cui,<br />
orrendamente mutilato, Deifobo, ultimo marito di Elena. Lasciata quest’ultima zona, una sorta di anti-inferno, i due viandanti<br />
scorgono il Tartaro, una specie di orrida prigione dove vengono puniti con vari tormenti tutti coloro che vissero empiamente.<br />
Su questi sovrintende Radamanto. Lasciatasi alle spalle questa regione arrivano alla reggia dei sovrani dell’Inferno, dove Enea<br />
depone come pegno il ramo d’oro. Ciò gli consente di addentrarsi nei “campi elisii”, dove vivono senza affanni e quasi come<br />
se avessero il corpo fisico, in attesa di reincarnarsi, le anime che furono pie. In una verde valle, finalmente, Enea si<br />
incontra con il padre Anchise che era intento a radunarsi con le anime della futura grandezza di Roma. Anchise spiega al<br />
figlio tutta la dottrina pagana della morte e della successiva reincarnazione, dopodichè addita alcuni tra coloro che dovranno<br />
discendere da Enea: il figlio che avrà da Lavinia, i re di Alba Longa, Romolo (curiosamente manca Remo), Augusto, Cesare,<br />
Pompeo, gli Scipioni e molti altri. Terminata la parata delle personalità, Anchise conduce Enea e la Sibilla all’uscita degli<br />
132 In pratica, Virgilio conferma cacozelicamente la matrice fenicia di quel santuario.<br />
133 Virgilio riprende la leggenda magnogreca di un Palinuro innamorato di Kamaraton (lett.: volta celeste) fanciulla bellissima ma dal cuore duro che<br />
non corrispose al suo amore. Il giovane, disperato, affogò seguendo l'immagine di Kamaraton nel mare; lei invece fu trasformata da Venere in rupe,<br />
quella su cui sorge oggi Camerota. E’ curioso il fatto che durante la guerra contro Sesto Pompeo (38-36 a.C.), ad Ottaviano Augusto in persona<br />
accadde che “mentre doppiava il capo Palinuro, una forte tempesta si abbattè sulla flotta: perse molte navi” (Dione Cassio: STORIA ROMANA 49, 1).<br />
Che Virgilio avesse voluto velatamente “legare” Augusto ad una delle disavventure di Enea?<br />
134 il nome di "Li Galli" è una chiara reminiscenza delle Sirene nell’arte greca arcaica, dove erano rappresentate come uccelli dal volto umano. Solo<br />
nel Medioevo le si immaginò come donne con la parte inferiore del corpo pesciforme.