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Cattivo zelo 2 - ANTICA MADRE

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exsequitur obbedisce tuttavia agli ordini divini”; Virgilio ci dà un Enea sinceramente innamorato…ma anche pio e timorato!║ne<br />

quid inexpertum frustra moritura relinquat ”affinchè la moritura non lasciasse nulla di intentato”; Virgilio parla di una Didone<br />

“moritura” che tuttavia fa un estremo tentativo per riavere Enea. In realtà è una messinscena a beneficio della sorella.<br />

Didone ha già deciso. Il suo amore si è trasformato in odio║(*) solam nam perfidus ille te colere, arcanos etiam tibi<br />

credere sensus: sola viri mollis aditus et tempora noras ”quel perfido infatti rispettava te sola, e ti confidava anche i suoi<br />

pensieri segreti, sei l’unica che ne conosce i lati deboli e l’umore”. In questo passo Virgilio lascia trapelare cacozelicamente<br />

l’antica leggenda narrata forse da Timeo e da Nevio: fu Anna l’amante di Enea e non la sorella e regina Didone. Infatti<br />

non si comprende altrimenti perché il duce troiano dovesse rispettare solo Anna, confidarle i suoi più riposti pensieri, aprirle<br />

l’animo…anzichè farlo con Didone!║La regina non pretende più che Enea rinunci al suo pulchro Latio “bel Lazio”. Affermazione<br />

piena di ironia nei confronti di chi sembra preferire una terra ad una donna. Questo sarcasmo fa capire come l’ambasciata<br />

che Didone affida alla sorella è solo un espediente strategico: da un lato per ingannare Anna sulle sue vere intenzioni,<br />

dall’altro per meglio agire magicamente contro Enea║quam mihi cum dederit, cumulatam morte remittam ”Se [Enea] mi fa<br />

questo favore, glielo renderò con gli interessi della morte”. Questa frase che Didone rivolge alla sorella, è troppo esplicita per<br />

potere essere fraintesa: se Enea acconsente a differire la sua partenza, Didone lo contraccambierà con la morte. Con la sua<br />

propria? No davvero, altrimenti rivelerebbe il suo intento suicida alla sorella. Intende invece la morte di Enea, come effetto<br />

del rito-suicidio magico. Eventualità estrema che la sorella troverebbe del tutto comprensibile║Anna reca l’ambasceria ad Enea<br />

e sembra che possa riscuotere un esito positivo, senonchè Fata obstant placidasque viri deus obstruis auris “i Fati si<br />

oppongono e le ben disposte orecchie dell’uomo un Dio le tappa”. Lo dice proprio Virgilio: Enea era ben disposto nei<br />

confronti degli argomenti addotti da Anna e deve intervenire un Dio (Mercurio certamente) per tappargli magicamente le<br />

orecchie! Come si fa a non capire il senso virgiliano? Eppure c’è chi ci mette tutta la sua “buona volontà”, come Rosa<br />

Calzecchi-Onesti, che traduce/tradisce: “gli orecchi gli chiude, placidi, un dio”. Chiunque capirebbe che quel “placidi” si riferisce<br />

all’azione ostruttrice del Dio e non al fatto che le orecchie di Enea sono aperte alle parole di Anna! Mica tutti sanno che<br />

placidus, in latino, significa anche “ben disposto”…║infelix fatis exterrita Dido mortem orat ”l’infelice Didone atterrita dai fati<br />

invoca la morte”; l’azione subdola di Mercurio agisce anche contro Didone, facendole apparire dei terribili prodigi, infausti segni<br />

di rovina (v.450-473). La cosa non è immediatamente evidente ma si evince dalla struttura dei brani.║Didone nasconde alla<br />

sorella il rito del suicidio-omicidio mancato con un rito di magia amorosa che gli dovrebbe far tornare l’amore di Enea o<br />

toglierlo di mezzo: inveni, germana, viam quae mihi reddat eum, vel eo me solvat, amantem “Ho trovato, sorella, il mezzo<br />

che lo farà tornare a me innamorato o che me ne libererà”. Non si deve infatti intendere “che me ne libererà” nel senso<br />

che Didone sarà libera dalla passione per Enea. Già prima ella aveva detto alla sorella che l’avrebbe contraccambiato con la<br />

morte dello stesso Enea. Tuttavia il fatto che Enea voglia partire subito deforma in parte il progetto rituale della regina.<br />

Probabilmente, ella avrebbe cercato di uccidere Enea e di ucciderglisi accanto. Ora, in mancanza dell’Enea fisico, Didone<br />

dovrà ricorrere a dei “testimoni” della persona. Pertanto l’efficacia del rito è messa in forse. Ciò spiega il perché di tutti i<br />

presagi funesti che assalirono Didone al momento di predisporre i preliminari. La speranza di uccidere Enea è divenuta labile;<br />

la certezza del proprio suicidio invece permane.║Didone si è fatta condurre a palazzo una Massylae sacerdos “sacerdotessa<br />

della gente massila”, esperta in magia tellurica, la quale dirigerà il rito di persona.║Didone incarica la sorella di allestire in<br />

segreto una pira sulla quale dovrà gettare - lo richiede la maga massila - i “testimoni” di Enea, cioè tutto quello che è<br />

stato a contatto con il troiano e di cui si può disporre…in mancanza di Enea stesso in veste di vittima sacrificale! E’<br />

davvero rimarchevole il fatto che Enea venga detto (*) impius “empio”, cioè non-pio, da Didone (e da Virgilio quindi). Un rito<br />

fatto contro un “empio” ha quasi un valore etico e non dev’essere quindi visto come un semplice rito di magia nera (ma lo<br />

è anche). Né è da trascurare il sapore di sberleffo offensivo all’occhio del lettore “augusteo”. La nostra ipotesi si rafforza<br />

allorchè poco più in là si definisce Enea col termine (*) nefandi “nefando”, cioè non-fatale, non seguace del Fato. Sommo<br />

oltraggio alla concezione augustea è poi la menzione che Enea nella sua fuga ha lasciato le proprie armi nella camera di<br />

Didone (v.495), peggio che se le avesse mollate in battaglia 122 ║Quello che qui Virgilio chiama amor “amore” (abbiamo già<br />

detto che il poeta era molto timido, come riferiscono i suoi biografi) non è altro che il famoso ippomane, che si riteneva<br />

essere una escrescenza carnosa presente sul muso dei giovani puledri appena partoriti e subito mangiato dalla madre. Veniva<br />

adoperato per confezionare filtri d’amore║A prescindere dall’azione magica contro Enea, Didone ha deciso comunque di<br />

suicidarsi, valutando il fatto che ormai gli eventi hanno assunto una piega dalla quale non potrebbe uscirne mantendo intatti<br />

l’onore e il prestigio di cui godeva prima. Dice infatti rivolgendosi a se stessa: quin morere, ut merita es, ferroque averte<br />

dolorem “Perché non morire dunque, come ti meriti? Rimuovi col ferro il dolore”║Mercurio appare in sogno ad Enea con i<br />

crinis flavos “capelli biondi”. E’ una reminiscenza omerica, dove gli Dei erano il prototipo della razza nordica achea.║varium<br />

122 “Il fatto è che Enea è stato nella camera da letto di Didone e vi ha dimenticato (fatalmente) le sue epiche armi. Portando il suo eroe nei letti<br />

cartaginesi Virgilio ha frustrato le aspettative augustee espresse così chiaramente da Properzio, in quella che era stata la più famosa locandina per<br />

l’Eneide. Properzio aveva annunciato l’Eneide come poema celebrativo e augusteo, distinguendola dalla poesia bucolica piena di tenere storie d’amore<br />

(…) anche l’Eneide ha ceduto all’elegia, e Augusto non se ne è accorto” (A. Barchiesi: IL POETA E IL PRINCIPE Laterza, Bari 1994). Anche il<br />

Barchiesi dunque ha rimarcato una delle tante cacozelie…

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