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una ninfa, che concesse a Didone il terreno su cui edificare Cartagine. In realtà la leggenda che avesse concesso solo lo<br />
spazio occupabile da una pelle di toro (poi esteso a dismisura da Didone grazie ad un’astuzia) sta a significare che le<br />
popolazioni indigene furono sempre ostili ai Cartaginesi. La storia del preteso matrimonio con la regina è una pura fantasia (i<br />
Fenici non avevano regine vere e proprie) ma riecheggia i matrimoni di vari colonizzatori con le figlie dei re locali libici.<br />
Stando al racconto di Pindaro, Alessidamo di Cirene, per esempio, sposò la figlia del re della vicina città di Irasa. ║Nella<br />
supplica di Iarba a Giove c’è naturalmente il luogo comune latino che voleva Didone (i Cartaginesi) aver pretio posuit<br />
“fondato la città a scopo di mercato”. Inoltre Iarba si lamenta con Giove di avere offerto terra, mezzi e addirittura norme<br />
istituzionali (sic!) 120 ai Cartaginesi per fondare la loro nuova sede. In I, 368 però Venere, sotto spoglie di giovane cacciatrice<br />
punica, aveva raccontato una versione differente, quella appunto della pelle di toro, in base alla quale i Cartaginesi avevano<br />
dovuto fare tutto da sé. Infine Iarba quasi ricatta Giove: che faccia qualcosa, altrimenti lui e il suo popolo lo riterranno un<br />
Dio senza autorità (“io nei tuoi templi t’offro vittime, e nutro una stolida fede”)║Iarba paragona con disprezzo Enea a Paris<br />
“Paride” - e così infatti lo apostrofa -, poiché Paride era noto per avere sedotto Elena║(*) Giove ode la supplica di Iarba e<br />
volge quindi lo sguardo giù a Cartagine, dove vede oblitos famae melioris amantis “gli amanti non curarsi di un più glorioso<br />
destino”. Non si capisce bene il senso di questa espressione plurale (oblitos), poiché il destino glorioso comune a entrambi<br />
sarebbe stato proprio nelle nozze fra Didone ed Enea. Una incongruenza voluta apposta da Virgilio a beneficio del lettore più<br />
accorto?║Giove ordina a Mercurio di intervenire su Enea, il quale non si cura dei fatis “fati”, cioè non rispetta i dettami<br />
della religione augustea e monoteista del Destino e vorrebbe trasgredirla con il suo libero arbitrio.║Giove è perentorio e<br />
lapidario, molto romano: naviget: haec summa est “che navighi: questo è quanto”║Mercurio scorge Enea intento a fundantem<br />
arces ac tecta novantem “fondar la rocca e costruire nuovi edifici”, un atteggiamento che mal si concilia con chi vuole andar<br />
via. Enea dunque, si vedeva già come stabilito definitivamente a Cartagine!║Enea se ne andava in giro adorno di un<br />
“mantello di porpora di Tiro” e di una spada gemmata di “diaspro rosso”, munera “doni” che gli aveva fatto Didone; doni<br />
regali, che equivalevano a quelli altrettanto regali che il troiano gli aveva fatto in precedenza. Enea era dunque il sovrano di<br />
Cartagine, il paredro di Didone (Mercurio lo apostrofa infatti col termine uxorius: proprietà della moglie).║Quando Didone<br />
apprende dalla Fama delle segrete manovre dei troiani, comincia a vagare per tutta la città in preda ad uno stato dell’animo<br />
che Virgilio esprime col verbo bacchatur “baccheggiare”. Non è forse a caso che tutto il brano rievoca i selvaggi rituali<br />
misterici dionisiaci, quasi una prefigurazione del rito auto-sacrificale che la regina compirà di lì a poco║Enea è detto perfide<br />
“perfido” da Didone, cioè mancante al giuramento fattogli. Non si può dubitare delle parole che Virgilio mette in bocca a<br />
Didone: c’era stata da parte del duce troiano una esplicita promessa di matrimonio, sancita dal gesto rituale di avergli porto<br />
la mano destra 121 . Più in là Didone parla apertamente di unione nuziale (hymenaeos).║saltem si qua mihi de te suscepta<br />
fuisset ”se almeno fossi rimasta incinta di te” si rammarica Didone. Dopo numerosi rapporti, Didone non è rimasta incinta.<br />
Del resto la regina non aveva avuto figli dal precedente marito (non sono mai menzionati in alcun racconto), per cui è<br />
giocoforza supporla sterile, o sacralmente sterile, come Artemide║Ille Iovis monitis immota tenebat lumina et obnixus curam<br />
sub corde premebat ”Quello [Enea] aveva il pensiero fisso ai moniti di Giove e soffocava duro la pena che gli stringeva il<br />
cuore”. In pratica, nel cercare delle risposte da dare a Didone, Enea ha il pelo sullo stomaco e trova appena poche,<br />
affettate parole║nec coniugis unquam praetendi taedas ”né mai accesi le fiaccole del fidanzamento”, modo di dire per<br />
significare che Enea non aveva mai parlato apertamente di matrimonio. E’ vero, ma il suo comportamento a Cartagine e con<br />
Didone non poteva dare adito a diversa congettura. Virgilio vuol far intravedere cacozelicamente un Enea sornione, pronto a<br />
gettare via da sé il fardello del Fato (ed è proprio ciò che Giove gli rimprovera) alla prima occasione”║et nos fas extera<br />
quaerere regna ”è fatale anche per noi cercare regno in luogo straniero”. Enea vuol dare ad intendere che anche Didone<br />
dovette seguire il Fato fondando Cartagine. In realtà non è affatto vero, poiché Didone abbandonò Tiro dopo un piano ben<br />
congeniato, anticipando le mosse dei suoi avversari e senza che nessuna divinità ne sovrintendesse l’azione, che fu<br />
prettamente individualistica.║l’ombra spettrale di Anchisae “Anchise” tormenta Enea in sogno ricordandogli i suoi doveri. Come<br />
detto da noi al precedente Libro III, Anchise è il vero capo della spedizione eneade ed è lui che voleva compiere la<br />
missione fatale; pare che questa fu l’impostazione mitica data prima di tutti da Stesicoro di Imera (632-553 a.C.). Enea è<br />
tormentato anche dall’idea di “defraudare” il figlio Ascanio del futuro comando, del futuro imperio. Insomma, Enea sarebbe<br />
rimasto volentieri a Cartagine (Italiam non sponte sequor)!║cum frigida mors anima seduxerit artus ”quando la fredda morte<br />
porterà via all’anima le membra”; esplicita affermazione didonica della sua volontà di suicidarsi, come confermano del resto le<br />
parole immediatamente susseguenti, le quali precisano anche lo scopo del suicidio: quello di nuocere magicamente ad<br />
Enea║Pius Aeneas ”il pio Enea…magno animum labefactus amore con l’animo travagliato dal grande amore…iussa tamen divum<br />
120 “Fra gli stati non greci, l’unico o quasi che possedesse una costituzione ammirata da molti scrittori politici greci era Cartagine. La sua era l’unica<br />
costituzione non greca che fosse stata inclusa in una raccolta di saggi sulle costituzioni fatte sugli ordinamenti di Aristotele” (B. Warmington: LA<br />
STORIA DI CARTAGINE. Einaudi, Torino 1968).<br />
121 La stretta di mano sanciva ritualmente il contratto matrimoniale fra i due sposi nell’ordinamento romano. E’ curioso notare che la stretta di mano è<br />
stata poi sostituita dal bacio.