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Cattivo zelo 2 - ANTICA MADRE

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presagendo il pericolo di rimanere in zona dopo la morte della regina. Nel momento in cui, sul far dell’alba, Didone vede le<br />

navi troiane allontanarsi, proferisce in una terribile maledizione contro Enea che estende anche per i secoli futuri, auspicando<br />

eterna inimicizia fra Troiani e Cartaginesi. Infine, salita sulla pira, si trapassa con la spada; Anna, sopraggiunta di lì a poco,<br />

l’accoglie agonizzante fra le braccia e Giunone, vedendo l’agonia della sua diletta, invia Iride a separare l’anima dal corpo.<br />

2<br />

All’inizio di questo quarto libro Virgilio ripropone la sua visione epicurea avversa a quella moralista e devozionale di Augusto<br />

allorchè mette in bocca alla sorella di Didone, Anna, l’affermazione che i morti sono insensibili alle attività dei viventi e che,<br />

quindi, quest’ultimi possono agire senza tenere conto dei legami allacciati nel passato. Naturalmente un simile atteggiamento,<br />

assunto dalle classi subalterne, scardina l’ordinamento sociale auspicato da Augusto, così come da ogni regime autoritario ed<br />

è inconcepibile in un poema prefabbricato come l’Eneide. Virgilio continua anche a menzionare, come farà ancora nel libro<br />

successivo, l’isola di Creta, facendo allusione al mito originario della peregrinazione eneade, che portava l’eroe direttamente in<br />

Africa, saltando le tappe ioniche. Contrariamente all’immagine di una Giunone ferocemente nemica di Enea e dei troiani,<br />

secondo lo schema accreditato dallo stesso Giove in persona nel libro precedente e che la delinea così fin quasi al termine<br />

del dodicesimo libro, Virgilio smentisce lo stesso Padre degli Dei (quale audacia) mostrando una Giunone desiderosa di far<br />

sposare Enea e Didone! La portata di questa mossa è gigantesca poiché propone una concezione metastorica davvero<br />

universalistica e imperiale, molto più nobile delle ristrette visuali del Fato gentilizio dei troiani. Per di più, avrebbe condotto<br />

(almeno idealmente) all’Impero senza le carneficine della storia romana. Naturalmente per fare ciò Virgilio ha dovuto<br />

manipolare l’antica leggenda: in questa, infatti, Enea si era innamorato della sorella Anna non della regina. Diversamente, egli<br />

non avrebbe potuto congeniare adeguatamente i presupposti ideologici dello scontro di civiltà così caro ai Romani. Enea viene<br />

peraltro definito “empio” (non pio) e “nefando” (non seguace del Fato); per quanto ciò sia pronunciato da Didone, la cacozelia<br />

del contesto è evidente.<br />

║Aurora “Aurora” (Eòs in greco) era la personificazione divinizzata delle prime faci del sole. Curiosamente, aveva sposato un<br />

troiano, Titone, che era figlio del re fedifrago Laomedonte. Per intercessione di Aurora, Giove aveva concesso l’immortalità a<br />

Titone ma non l’eterna giovinezza (poiché Aurora si era scordata di chiederla o perché Giove si divertiva a fare certi<br />

scherzi), cosicchè Aurora ad un certo punto, non gradendo di avere un marito ormai decrepito ma immortale, chiese a Giove<br />

di farlo morire. Venne però mutato in cicala. E’ significativo il parallelo che si può fare tra Venere e Anchise; peraltro<br />

Venere intesa come “Lucifero” è visibile proprio all’aurora║Anna ”Anna” sorella di Didone, secondo Terenzio Varrone era in<br />

realtà la vera amante di Enea e Virgilio avrebbe modificato l’originario racconto epico (forse riferito da Timeo e da Nevio)<br />

per non far figurare Enea invaghito di una figura minore, e tenere quindi alto il livello dello “scontro” ideologico. Ma Virgilio,<br />

“secondo la sua tecnica di alludere spesso alle versioni scartate di un mito all’interno di quella da lui accolta” 117 , cioè<br />

facendo affiorare una nascosta rivalsa anti-augustea, fa capire proprio che Anna era la vera amante di Enea, allorchè arriva<br />

ai versi 420-23 di questo libro, come vedremo. Due autori di poco successivi a Virgilio, Ovidio e Silio Italico, raccolgono con<br />

lieve modifica 118 la primitiva redazione epica e narrano di come Anna fosse giunta infine nel Lazio da Enea e di come vi<br />

trovasse la morte, mutata in divinità fluviale.║Sychaei ”Sicheo”, sacerdote fenicio di Ercole, è in Virgilio il marito defunto di<br />

Didone che nella tradizione più antica si chiamava Sicharba. Secondo un’altra fonte, Sicheo sarebbe stato marito ad Anna e<br />

non a Didone║Pudor ”Pudore”, divinizzazione poetica. A Roma esisteva invece la divinità Pudicizia, che personificava la<br />

castità femminile delle donne patrizie. Successivamente anche le plebee ebbero la loro Dea, ma non sembra che il suo culto<br />

ebbe successo tra esse, stando al racconto di Tito Livio (X, 23).║Con Sicheo Didone non aveva avuto natos “figli” e Anna<br />

la invita alle nozze con Enea anche perché la sorella possa conoscere le gioie della maternità. Vedremo più avanti che<br />

Didone forse era sterile. Ciò, anziché essere un connotato negativo, la potrebbe assimilare - nelle antiche versioni leggendarie<br />

della sua figura - ad una Artemide vergine e guerriera.║(*) Id cinerem aut manis credis curare sepultos? ”Tu credi che<br />

gliene importi alla cenere [di tuo marito] o ai mani dei defunti?”. Anna intende dire a Didone che i morti non si curano di<br />

ciò che avviene sulla terra e che, quindi, nulla può offenderne la memoria; Didone convoli pure a nozze con Enea! Ecco<br />

una di quelle affermazioni epicuree (si guardi quella concernente Tifeo e Panto nel II Libro) che stonano con l’impronta<br />

moralizzatrice voluta da Augusto.║posce Deos veniam “cerca il favore degli Dei”, nel significato originario (venia) di chiedere<br />

la benevolenza, il favore e non certo le “scuse”, come nell’italiano attuale. Ciò dimostra che il Virgilio “cacozelico” o “segreto”<br />

non addita Didone quale fautrice di guerra, come sarà costretto a fare più avanti, dipingendo la sua maledizione sugli<br />

Eneadi.║aquosus Orion “il piovoso Orione”, costellazione posta a cavallo dell’Equatore, una delle poche che deriva il suo<br />

simbolismo direttamente da fenomeni astronomici più che da fatti mitologici. Orione è un riferimento stagionale ideale, segnato<br />

da due splendide stelle, Betelgeuse, che appare rossa, sulla spalla destra del Cacciatore, e Rigel, dai riflessi bluastri, sul suo<br />

117 Aa.Vv.: DIZIONARIO DELLA CIVILTÀ CLASSICA, sub voce, Rizzoli, Milano 1993.<br />

118 Nelle loro redazioni infatti la vicenda di Didone viene mantenuta e Anna appare solo come una profuga sfortunata che fugge da Cartagine invasa<br />

dai Numidi. Cfr.: Ovidio, FASTI, III, 545-657.

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